cosa è un partito?

vedo gruppi che fanno congressi e hanno una direzione centrale eppure dicono di non essere un partito, del resto anche bc lo dice. ma allora cosa ha di più un partito rispetto a queste cose?

Forum: 

ciao raes, si, sono tutti partitini, compreso il nostro: hanno tesi, piattaforma, tattica, strategia, struttura organizzata. sono piccoli partiti.

la differenza con il Partito di domani è che questo, ipotizziamo e speriamo, sarà così radicato nella classe da essere in grado di muoverla e dirigerla verso la rivoluzione, funzione che nessuno dei partiti di oggi sarebbe in grado di assolvere.

Caro Raes,

il significato di essere "partito" è il legame organico ed organizzato con la classe. Giustamente nella sua risposta Lotusflower dice che il senso in cui una organizzazione può dirsi 'partito' (cioé parte di qualcosa, parte della classe) e innanzitutto il suo radicamento.

Secondo me, lo dico con moltissima modestia, le dimensioni di questi 'partitini' dipendono dal fatto che non possono radicarsi in una entità che non comprendono, cioé il moderno proletariato, che è cosa diverso da quello descritto dalla sociologia marxista. Dell'antico proletariato è rimasta la contraddizione fondamentale tra lavoro salariato e capitale, ma è cambiata totalmente la morfologia sociale, anche perché nella condizione proletaria sono precipitate e vanno precipitando le classi che erano frapposte tra proletari e borghesia. La stessa borghesia è cambiata e si riduce e si concentra sempre più nel capitalismo finanziario.

Senza porre e chiarire questa questione non è possibile capire che tipo di partito serve oggi, fare una verica ed un adeguamento della teoria, studiare e scegliere una strategia ed una tattica conseguenti.

Inoltre i tempi dei processi politici sono oggi enormemente accelerati, in funzione del precipitare della crisi terminale del capitalismo. Il malessere produce movimenti di milioni di persone che poi svaniscono o vengo deviati verso l'insuccesso.Ma questo fatto ci fa capire che è possibile costruire un partito e non in tempi epocali. Ma se si rimane prigionieri di teorie oramai non più attuali e di letture della realtà deformate da vecchi postulati, allora non si può realizzare nulla. Il fatto che il più potente movimento della storia, il comunismo, sia ridotto a qualche testimone del passato di una sociologia metastorica è l'immagine di ciò che oggi é.

Cos'è un Partito? Dal momento in cui si ha una visione politica, un programma, si è di fatto un Partito.

Coloro che hanno una visione politica ed un programma e dichiarano di non essere un partito sono incongruenti con la realtà di ciò che esprimono.

Per quanto riguarda il Proletariato e il suo partito, la situazione è più complessa, il partito del proletariato si è definito ed espresso attraverso il Manifesto dei Comunisti nel 1848, che ne traccia la storia, la visione politica, il programma. Unica alternativa al partito comunista, per il futuro della classe proletaria, è il Movimento Libertario o anarchico.

Entrambi hanno la presunzione di rappresentare gli interessi storici del proletariato e quindi della sua emancipazione.

Questa diatriba, nell'amibto della classe proletaria, non è ancora stata risolta e certamente solo la storia darà la ragione ad una posizione piuttosto che all'altra.

Il Partito proletario, nella visone comunista, è l'espressione della classe, che nell'interesse comune di risolvere i propri problemi materiali, si organizza, si dota di un programma e si attiva per la sua realizzazione.

Attualmente si devono fare i conti con un processo controrivoluzionario che ha devastato il movimento comunista dopo più di un secolo dalla sua nascita.

E' normale che nella situazione attuale, come nel recente passato, i comunisti si trovino dispersi e frammentati, ciascuno raccolto nella propria capanna politica, diffidenti e settari, essi non potranno risolvere le problematiche che attualmente li dividono, alla stessa stregua dei proletari che sono, succubi delle proprie aziende, in concorrenza gli uni con gli altri.

Questa è una situazione oggettivamente statica, la soluzione non sarà data dall'accorpamento dei vari organismi in un unico gruppo, piuttosto che la prevbalenza di uno di questi sugli altri (teoria di: compagni ciascino per la sua strada, senza litigare tra noi e che vinca il migliore)

Saranno gli interessi materiali della classe proletaria che faranno sì, quando la stessa si metterà in moto, che tutti i "militanti" dei vari gruppi, gruppuscoli, partiti e partitoni, confluiranno spontaneamente nel movimento rivoluzionario, che li spingerà a prenderne la testa e guidarla verso la realizzazione della rivoluzione comunista, solo allora il partito formale avrà finalmente preso la forma e si sarà identificatio nel partito storico.

Le questioni che oggi dividono i vari raggruppamenti omunisti (che hanno come riferimento il Manifesto del '48), sono di ragione tattica, non strategica e le quetioni tattiche potranno essere risolte solo dietro la spinta di un forte movimento di classe.

Un programma deve essre condiviso dai comunisti: abbattimento dello stato borghese nelle nazioni/stati dove questo è praticabile, instaurazione della dittatura proletaria e promozione della rivoluzione comunista ovunque, quindi abolizione del lavoro slariato, abolizione delle classi.

I dettagli di come realizzare queste tappe vedranno sempre i compagni in lotta tra loro, ciascuno proiettato a fare il meglio, ben venga questa lotta, ma che non sia mai con le armi o avremo perso un'altra volta l'appuntamento con la rivoluzione.

Essendo il partito lo strumento politico della lota di classe, sintesi di volontà e coscienza, esso ha sempre ragione di esistere dal momento in cui continua a sussistere la divisione in classi della società e quindi la lotta di classe.

La difficilissima situazione che vive oggi la nostra classe, sicuramente la più difficile di sempre, ha fatto si che il seme della dispersione, della frammentazione, dell'isolamento e dell'"autismo politico" germogliassero a più non posso.

il punto però è dare forza e gambe al lavoro di raggruppamento, definizione e rafforzamento della compagnine rivoluzionaria, per questo l'attendismo del dire "la storia giudicherà" nasconde, dietro ad una affermazione innegabile, un atteggiamento di ritiro, di contemplazione, di attesa messianica.

secondo noi bisogna impegnarsi qui ed ora per costruire le coordinate politico-organizzative di base affinchè un partito possa concretamente sorgere, e cioè organizzarsi intorno ad una piattaforma e ad un metodo di lavoro chiaro e coerente. tante parrocchie hanno miseramente naufragato semplicemente perchè non sono stati in grado di far fronte alle difficoltà politiche poste dalla crisi, la TCI è qui ed invita i compagni ad organizzarsi con essa, al fine di non sciupare la prossima svolta della storia.

"bisogna impegnarsi qui ed ora per costruire le coordinate

politico-organizzative di base affinchè un partito possa concretamente

sorgere, e cioè organizzarsi intorno ad una piattaforma e ad un metodo di

lavoro chiaro e coerente."

Concordo, quindi buttiamo al macero tutto ciò che ha a che fare con la democrazia, meno parole e più fatti.

Ancora, ho capito che il termine democrazia non ti piace, va bene, ma è un termine. noi diciamo che la democrazia borghese è uno strumento per il dominio di classe, ma vogliamo la più larga democrazia, ossia partecipazione vitalità negli organismi del potere proletario.

da quanto hai detto il punto non è terminologico, ma di sostanza: mi sembra di capire che per te il proletariato prima durante e dopo la rivoluzione non ha diritto di parola nè di partecipazione perchè è composto da una massa di coglioni, che sarà il partito, piano piano a decidere se, come e quanto si potranno esprimere, se è questa la tua posizione, allora sono totalmente contrario, il problema allora non è il termine democrazia, ma il ruolo della classe nel processo rivoluzionario, se per te la classe non ha alcun ruolo, ma è il partito il soggetto e l'agente del tutto, allora siamo in disaccordo, cerca però di delineare la sostanza dei problemi e lascia stare i problemi di forma...

mi sembra di capire che per te il proletariato prima durante e dopo la rivoluzione non ha diritto di parola nè di partecipazione perchè è composto da una massa di coglioni, che sarà il partito, piano piano a decidere se, come e quanto si potranno esprimere,.

Non è assolutamente questa la mia posizione, appena ho un attimo cercherò di esprimermi meglio.

Per non aprire post eccessivamente lunghi vi è la possibilità di allegare un documento?potrei fare dei link a dei siti, ma non voglio far pennsare che condividendo una parte condivida tutto dei siti che di volta in volta andrei a citare.

Ora il punto è perchè organizzarsi nella TCI piuttosto che in un'altra corrente? Questo è da considerare, perchè non confluire in un nuovo organismo?

Mi spiego meglio, sappiamo l'atto grandioso che fece Lenin nel costituire la Internazionale Comunista, ma sappiamo anche che al di là delle sue intenzioni, la stessa era ed è stata influenzata dalla corrente bolscevica che era presente in misura preponderante e ha commesso errori considerevoli,

Penso sia inevitabile che se vi è una corernte guida, il partito non abbia la possibilità di svilupparsi in modo dialettico per le condizioni dei singoli paesi, con questo non voglio parlare di federalismo, tutt'altro, ma di maggior dialettica tra i vari grippi guidata da unità di intenti di fondo, l'argomento richiede tempo per essere sviluppato adeguatamente.

Possiamo fare delle ipotesi su questo:

  1. la situazione dei vari gruppi rimane la stessa, ciascuno fa la propria strada e sarà il proletariato a decidere chi sarà la sua guida
  2. sotto la spinta di eventi materiali si genera un nuovo organismo dove confluiscono spontaneamente gli elementi più preparati delle varie correnti esistenti
  3. le varie correnti, da oggi, si adoprano a superare ciascuna i propri confini, sulla base delle problematiche che di volta in volta emergono dall'evolversi degli eventi,.partendo da un apiattaforma di base condivisa sugli elementi di fondo.

Ok, ma dai tuoi primi interventi:

"quando il proletariato prenderà il potere non sarà ancora una classe omogenea ... essendo la massa proletaria ancora labile dal punto della coscienza di classe e influenzabile dalle ideologie borghesi, permanendo la famiglia, il lavoro salariato e altre strutture che per essere demolite richiederanno un certo tempo, come la pianificazione economica e produttiva ... la costruzione dei nuovi canali di comunicazione e attività politica, i consigli territoriali, avranno bisogno di tempo per essere costruiti e al loro interno la presenza del partito dovrà essere preponderante per evitare localismi e campanilismi."

sembrava che ti muovessi nel paradosso di un proletariato incapace di indipendenza politica, ma capace di fare una rivoluzione. sarà interessante comprendere meglio questo punto allora.

non ti preoccupare della lunghezza: copincolla tra virgolette doppie i pessi di documenti che ritieni, ma ricordati che qua stiamo discutendo di eventuali critiche alla piattaforma della tci, che noi riteniamo come valida.Per noi è opportuno aderire alla tci perchè questa è portatrice di piattaforma, teoria, metodo, tattica, strategia assolutamente adeguati, almeno nelle direttive principali, ai problemi del tempo.

perchè la piattaforma è la base costitutiva di un organismo politico.perchè non vediamo sulla piazza piattaforme alternative alla nostra che rivestano un minimo di spessore (ma forse ci sbagliamo), perchè noi siamo un polo di aggregazione verso il partito rivoluzionario del futuro, chi ha le carte in regola le metta sul tavolo ed apriamo, subito, una seria fase di confronto, non attendiamo altro.

Attenzione, rischi di scivolare ancora nell'idealismo: gli errori della terza non sono dovuti a presunti scivolamenti teorico-politici di lenin e dei bolscevichi (che hanno invece rappresentato il punto di svilupppo e realizzazione più alto raggiunto dal comunismo nel '900), ma ad una situazione di oggettiva e materiale difficoltà del processo rivoluzionario che si è riflessa nell'ambito della sovrastruttura sotto forma di lento e progressivo scivolamento verso l'opportunismo che rappresentava l'unico fattore politico che potesse corrispondere alle esigenze materiali di un processo rivoluzionario ormai accartocciato su se stesso.

Il punto non è, ancora, una corrente (idea?) guida, ma l'aderenza alle problematiche poste dalle determinazioni materiali.

gli ultimi tre punti mi sembrano viziati da un certo astrattismo, dal tentativo di far aderire la realtà ad una visione ideale, mentre ciò che stiamo affrontando oggi è esattamente l'inverso: il progressivo ed inesorabile frammentarsi e disperdersi dei gruppi come riflesso sovrastrutturale di una condizione materiale di estrema sconfitta e abbrutimento nella quale versa la nostra classe... quindi l'invito è, da materialisti, partire dalla riflessione sul riflesso materiale, individuarne le contraddizioni, svilupparle, invece che, come proponi tu - e molti altri, senza approdare a nulla - partire dall'idea che "sarebbe bello e utile avere un partito".

attendo tue!

poco alla volta

sembrava che ti muovessi nel paradosso di un proletariato incapace di indipendenza politica, ma capace di fare una rivoluzione. sarà interessante comprendere meglio questo punto allora.

Bisogna intendersi meglio sui termini se no non ci si comprende.

Il proletariato non farà la rivoluzione, perchè sappiamo che la rivoluzione è un evento storico, rallentato ed impedito nel suo sviluppo dalla reazione della classe dominante che non è in grado di aprire le porte alla rivoluzione.

Il proletariato potrà insorgere e lo farà solo quando sarà veramente senza riserve e la sua sarà una ribellione ancora economica, starà al partito indicare la direzione politica e la necessistà di agire di conseguenza e non sarà per nulla facile, la rivoluzione è unevento storico l'insurrezione e la presa del potere sono arte, in quanto troppe sono le componenti in gioco enon basrterà la teoria, ma conterà l'ontuito e la passione rivoluzionaria.

La vera coscienza di classe e quindi rivoluzionaria, che non sarà ne ribellismo velleitario e spontaneista, ne pura teoria, sarà quando la parte più cosciente della classe, il partito, si salderà con il corpo della classe, questa saldatura non potrà essere graduale e progressiva, anche se questo non è motivo per il quale il partito debba astenersi nel vivere con la classe tutte le problematiche che il sistema borghese porrà strada facendo. In Russia la partita si giocò nell'arco di una settimana e fu vittoriosa grazie all'intuizione di Lenin, In Germania la sinistra rivoluzionaria esitò troppo a mettersi alla testa delle masse in rivolta ed un mese dopo era già troppo tardi, in Italia, nonostante gli sforzi fatti dalla sinistra, il PCd'I nacque con due anni di ritardo.

Riassumendo: il proletariato potrà insorgere e prendere il potere, ma non avrà ancora piena coscienza di classe, e neanche il partito, il partito avrà questa coscienza se riuscirà a guidare le masse alla presa del potere e quindi alla demolizione dello stato borghese e di tutti i suoi modelli, la coscienza di classe, quando si aprono le porte alla rivoluzione, non vede i propri figli più importanti di quelli degli altri, ci vorrà tempo, molto tempo e si dovranno fare molti compromessi. La dittatura non sarà rivolta solo verso la classe borghese, ma anche verso il proletariato nella misura in cui questi sarà ancora succube delle ideologie borghesi. I sabati comunisti di Lenin furono un atto autoritario imposto soprattutto ai militanti di partito, quindi la dittatura , bene o male, la dovranno subire un po' tutti, la coscienza di classe crescerà strada facendo, il partito conosce solo la strada teorica di come si ptrà evolvere la rivoluzione, quella prtaica dovrà viverla a stertto contatto con la ptropria classe in tutte le sue diramazioni, da quella dei senza riserve (anche più facile a vendersi), che a quella aristocratica che avrà più da perdere.

Egoismo, qualunquismo, campanilismo, paura, non sono facile da superare dopo più di un secolo di dominio borghese e qualche migliaio di anni di diritto petriarcale....

Non sarà per niente facile.

Il proletariato a livello di massa, in quanto ancora figura economica e quindi in funzione del capitale e non per se stessa, non inzierà a muoversi significativamente quando non potrà più soddisfare i bisogni che il sistema in un qulche modo gli impone, ma quando inizierà ad essere impossibilitato a mantenere lo schema di vita di base, avere una casa, (riuscendo a pagare il mutuo piuttosto che l'affitto) mandare i figli a scuola ecc., allora sarà disposto a mettere in gioco parte di ciò che sta andando perduto, si avvicinerà ad essere senza riserve, ma non lo sarà ancora, la sua sarà comunque ancora un azione di carattere rivendicativo economico e non politico.Questa è la fase più pericolosa che ha alimentato i nazionalsocialismi, e sulla quale Reich si chiedeva come era possibile che le masse proletarie si fossero spostate a destra, anzichè a sinistra.

Qui sta il compito difficile per il partito e qui il partito deve fare i conti con la realtà oggettiva delle masse per sapere spostare la loro ira nella giusta direzione, purtroppo la borghesia, con la primavera araba, ha già iniziato a preparare il terreno controrivoluzionario alla grande e il partito non è ancora pronto.

W.Reich faceva l'ipotesi che non si fosse data importanza all'aspetto sessuale ed esoterico (cosa che invece agì il sistema) ma questa anche se poteva essere un motivo non era certo problkema da potersi risolvere sotto dominio borghese.

Il punto è comunque ciò che è indicato nel manifesto:

La famiglia, fino a quando il proletariato potrà vivere questo modello avrà troppo da perdere per agire una ribellione politica.

La rivoluzione è l'atto più autoritario che esista e tutti lo subiscono, il partito sa perchè lo deve subire, tutti gli gli altri no, capiranno solo quando vedranno i vantaggi materiali del nuovo corso...

approfondisco il profilo del dissenso:

"Il proletariato non farà la rivoluzione, perchè sappiamo che la rivoluzione è un evento storico, rallentato ed impedito nel suo sviluppo dalla reazione della classe dominante che non è in grado di aprire le porte alla rivoluzione."

se non è il proletariato il sogetto agente la rivoluzione, allora chi è? la storia... ma "la storia" è il riflesso nella mente umana di una serie di eventi materiali, dei quali sono stati protagonisti uomini e donne, masse, classi sociali, ecco che quindi la rivoluzione non la fa un soggetto astratto e sovraumano (la sotria) ma gli uomini e le donne in carne ed ossa, per quanto ci riguarda, l'ultima delle classi, il proletariato. In generale il rapporto classe-partito-rivoluzione è determinato come segue: la crisi del capitalismo pone le premesse necessarie ma non sufficienti per la ripresa di un conflitto da parte proletaria, il partito (i proletari più coscienti) è lo strumento necessario a far fare il salto di qualità a questa lotta dal piano economico a quello politico.

Affermare che la rivoluzione la fa il proletariato è assolutamente corretto, in quanto il partito è parte del proletariato, la sua parte più cosciente. Ogni altra concezione ci conduce ai territori della metafisica o del meccanicismo

La saldatura del partito alla classe non avviene all'orax, ma in seguito a tutto un arco storico in cui il partito è stato con la sua militanza politica nella classe. é un qualcosa da costruire fin da subito, non da attendere.

Il fatto che si ritenga che questa saldatura non possa essere "fraduale e progressiva" mi pare - forse mi sbaglio, condurre alla teoria del "non c'è nulla da fare al di fuori delle fasi rivoluzionarie, se non restaurare, restaurare..." questa è una visione che si allontana da una sana impostazione storico-materialistica.

In russia la partita si giocò nell'arco di almeno 15 anni, ossia da quando i comunisti iniziarono il processo di separazione dagli opportuniti.

... il partito che esercita la sua dittatura sulla classe è un nonsenso..., la dittatura è di classe, della parte più avanzata della classe, che potrà anche non essere militante di partito, ma semplicemente seguirne le indicazioni, il partito è una parte della classe, al di fuori di un costante rapporto di andata e ritorno tra partito e classe vi è solo confusione e l'idealismo che pretende il "partito infallibile per definizione".

Infatti, come già in passato, dei due politi della contraddizione: repressione-partecipazione, invece che cercarne il superamento dialettico, ti aggrappi ad uno dei due, e cerchi di cancellare l'altro, finendo per ricadere in un metodo materialista-borghese, secondo il quale è l'ambiente che fa gli uomini - necessità della repressione - ma non, a loro volta, gliuomini con le loro realzioni e azioni a modificare l'ambiente - necessità della partecipazione - ... almeno questa è l'impressione.

In mezzo a questa contraddizione il problema sessuo-economico è rilevante ma non dirimente, il punto lo sfiori alla fine: lavorare per la costruzione del partito, quello che stiamo facendo, e fino ad ora non sono emersi problemi sostanziali con la nostra piattaforma...l'unico che hai sollevato è quello della democrazia, ma poi credo ti sia reso conto che attribuivi a noi posizioni di difesa della democrazia borghese che mai ci sono appartenute...

altre critiche degne di rilievo non ne ho trovate.

la borghesia puo' creare partiti comunisti farlocchi per disperdere le forze della classe da un autentico soggetto rivoluzionario? o e' un idea complottista?

diciamo che un partito che viene usato dalla borghesia nonostante si chiami comunista o altro, è un partito borghese, quindi si, settori della piccola e media borghesia possono (consapevolmente o meno) fondare dei partiti. L'antidoto al complottismo sta semplicemente nel considerare due aspetti 1) il 99,9% della merda del capitalismo avviene chiaramente, alla luce del sole, senza nessun complotto. non c'è bisogno di complotti per garantire il profitto di cui la borghesia si sfama, tutto è abbastanza, miserevolmente, alla luce del sole 2) la borghesia non è un tutto unico e omogeneo, al suo interno è anzi estremamente frammentata, detentori di capitali immensi o piu piccoli, settori produttivi differenti, nazioni differenti, la borghesia è estremamente eterogenea al suo interno, e costantemente in conflitto tra un settore e l'altro, salvo naturalmente unirsi e superare la concorrenza che naturalmente la anima, e i propri particolari interessi, quando il proletariato dovesse sollevarsi per metterla in discussione.