Il senso della rivoluzione cinese

Vent'anni dopo - Da "Pouvoir Ouvrier", luglio-agosto 1969

Nel movimento studentesco che bene o male sopravvive alle speranze ed anche alle illusioni del maggio 1968, il maoismo imperversa sotto molteplici aspetti e si accorda, spesso in maniera del tutto imprevista, con tutte le possibili varietà di ideologie: anarchismo, spontaneismo, tendenze marcusiane, ed altre ancora.

Il confusionismo eclettico è sempre il sintomo evidente delle fasi di immaturità del movimento rivoluzionario. Le idee si chiariranno quando il taglio della lotta di classe si affilerà. Bisogna essere comunque particolarmente miopi o possedere una buona dose di ignoranza per andare attualmente a cercare in Cina il modello di un’azione rivoluzionaria effettivamente liberatrice poiché in primo luogo non è affatto vero che la rivoluzione maoista sia stata una rivoluzione socialista. Questo appare evidente se si dà un colpo d’occhio alla situazione nella quale si trovava la società cinese nell’epoca in cui si costituiva il maoismo.

Vi era certamente, verso l’anno 1925, un proletariato cinese, 3 o 4 milioni di persone. Ma questo proletariato, dal 1928, era stato politicamente frantumato dai terribili colpi che l’ingegnosa politica staliniana aveva permesso al Kuo Ming Tang di infliggergli. Dal 1928 ai 1949 il proletariato cinese ha vissuto sotto un terrore bianco incessante e feroce, assai ben organizzato dalla polizia del Kuo Ming Tang, rinforzata inoltre dall'immensa malavita di Canton e di Shangai e, a partire dal 1937, dalla ghestapo giapponese.

Tutte le organizzazioni clendestine del proletariato furono, durante questo periodo, distrutte una dopo l'altra e la maggior parte degli operai furono costretti, per conservare il loro lavoro, ad aderire ai "sindacati bleu" organizzati dal Kuo Ming Tang e che erano indipendenti pressapoco come il Fronte del Lavoro nella Germania nazista.

Per di più, negli anni trenta, una gravissima crisi economica investì la Cina e la guerra l’aggravò al punto che verso il 1945-47 la produzione era diminuita nella misura del 70-80 %.

Allorché nel 1948-49, le armate di Mao cominciarono a penetrare nelle città non vi era più, ivi compreso in Manciuria, dove i Russi avevano portato via gli impianti industriali, che una folla di disoccupati impegnati di giorno in giorno a non morire di miseria. Il proletariato non giocò alcun ruolo in una Rivoluzione che si ridusse nei fatti ad una conquista della Cina da parte di un apparato politico-militare sempre più potente e organizzato.

Questo apparato era inizialmente organizzato da qualche gruppetto di comunisti che, per evitare le città abbandonate al terrore bianco, si erano rifugiati nelle regioni montagnose. Appoggiandosi alle rivolte endemiche del contadiname costituirono bande armate abili nelle azioni di guerriglia, ma incapaci di tener testa alle forze regolari: la caduta delle "Repubbliche sovietiche del Sud" e la "lunga marcia" verso Yenan lo mostrarono.

È l’invasione giapponese e l’aggravarsi dello crisi cinese che fornirono al maoismo l’occasione e finirono di modellarne la fisionomia. Mentre in effetti l’occupazione giapponese, le requisizioni, l’inflazione ecc. spingevano i contadini alla disperazione e davano una nuova dimensione alla loro lotta, le classi medie erano, nella Cina del Kuo Ming Tang, come nelle regioni occupate, schiacciate dalla concentrazione del capitale, effettuata a favore dei monopoli del Kuo Ming Tang o dei trusts giapponesi. Rovinati, terrorizzati, lacerati nei loro sentimenti patriottici dalla negligenza e dalla corruzione del governo di Tchang Kai Shek, i piccoli borghesi presero la strada dei "maquis" rossi che si moltiplicavano a favore della lotta nazionale contro i giapponesi.

Sono loro che, favoriti dalla superiorità culturale, fornirono in sostanza i quadri che presero in mano l’amministrazione delle regioni liberate e al tempo stesso, uniti ai militanti contadini più agguerriti, presero la testa delle formazioni combattenti,

La fine della guerra antigiapponese, che fu seguita da un enorme balzo in avanti della concentrazione del capitale (le quattro grandi famiglie che dominavano il Kuo Ming Tang si erano appropriate verso il 1948 del 70 % del capitale industriale e bancario), dette una nuova spinta a questo processo d’integrazione della piccola borghesia all’apparato maoista. Infine, allorché l’inflazione divenuta galoppante svalorizzò di giorno in giorno paghe e denaro furono i funzionari del Kuo Ming Tang e gli ufficiali stessi a passare con armi e truppe nelle file maoiste.

Sin dal 1948, le truppe di Mao erano diventate vere e proprie armate la cui marcia in avanti apriva la via alla instaurazione di uno Stato burocratico solidamente cementato dalla ideologia staliniana, totalmente differenziato dalla popolazione. Nell’ultima fase della lotta anche il contadiname rimase passivo. Infatti, se all’inizio della guerra civile la rivolta contadina contro i proprietari fondiari e gli usurai aveva fornito una larga base sociale al maoismo, l’apparato del Partito riprese molto velocemente il controllo delle lotte disordinate della massa. A partire dal 1948, le riforme agrarie - in tutta la Cina e particolarmente al sud dello Yang Tsè - furono realizzate nell’ordine, nel rispetto della legge, tramite misure amministrative.

D’altronde è vero anche che il nuovo regime, estirpando radicalmente il feudalesimo dalle campagne e scacciando gli imperialisti fuori dalla Cina, aveva realizzato tutti i compiti di una rivoluzione democratico-nazionale. Ma al tempo stesso una nuova classe dominante aveva eretto il suo potere al di sopra delle masse operaie e contadine: statizzando i capitali dei monopoli e impadronendosi dei circuiti commerciali, la burocrazia del Partito e dello Stato si erano immediatamente date le basi economiche necessarie al proprio consolidamento. La borghesia era in agonia dal 1949, ma alla sua dominazione anarchica ed incoerente si sostituiva quella del capitalismo burocratico di Stato: il pluslavoro degli operai e dei contadini cambiava solamente di destinatario.

Prometeo

Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.