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Il documento che segue è tratto dal volume "200 comunisti italiani tra le vittime dello stalinismo" di Guelfo Zaccaria (Edizioni Azione Comune - Milano) ed è stato elaborato su dichiarazioni rilasciate dal compagno Onorato Damen, già deputato del P.C.d'Italia nel 1924 e tra i fondatori del Partito Comunista Internazionalista nel 1943
Se il dispositivo che eliminò Acquaviva e Atti fece cilecca nei confronti di Onorato Damen, nonostante la precisa direttiva di colpire il "traditore" apparsa sul bollettino della Federazione comunista milanese diretto da Giovanni Nicola, ciò fu dovuto a ragioni che solo in parte si conoscono. Sappiamo soltanto che quando Damen, nella sua qualità di ex-deputato e di esponente del Partito Comunista Internazionalista, si rivolse all'allora Prefetto di Milano Riccardo Lombardi per ottenere una sede al suo movimento, fu proprio lo stesso Lombardi a dissuaderlo dal proposito perché nessuno avrebbe potuto difenderlo dall'inevitabile rappresaglia delle squadre punitive del partito di Togliatti. Alla insistenza di Damen, che affermava che gli internazionalisti avrebbero difeso la loro sede con lo stesso metodo e con le stesse armi adoperate dagli stalinisti, Lombardi ricordò all'ex-deputato comunista la richiesta fatta in sede di CLN dagli esponenti del Pci di avere le mani libere per la "liquidazione" di Damen e dei suoi seguaci, richiesta che i partiti del CLN non si sentirono di accettare.
Alla mancata eliminazione fisica, poco dopo faceva seguito il linciaggio politico-morale, occasione - questa - fornita dalla nomina a consultore spettante di diritto a tutti gli ex-deputati a suo tempo dichiarati decaduti dal fascismo. Togliatti e compagni si avvalsero della loro presenza al Governo per impedire a Damen di essere eletto consultore, sulla base dell'accusa che il Partito Comunista Internazionalista non rappresentava le forze della democrazia antifascista ed insinuando - senza peraltro poterlo provare - che a Damen facevano capo gruppi di provocatori e che "Prometeo" (organo teorico del Partito Comunista Internazionalista) era stato finanziato e diffuso nelle fabbriche dalla Gestapo. La questione, finita in sede di Consiglio dei Ministri, ebbe la conclusione che stava tanto a cuore ai togliattiani "perché - si giustificava un Ministro socialista di fronte alle proteste di Damen - non volevi mica che per il tuo caso si provocasse una crisi di governo?!". E da tener presente che in quella circostanza l'unico che difese il buon diritto di Damen fu l'allora Ministro liberale, Manlio Brosio.
Noi rottami dell'opportunismo
Da Battaglia comunista, n. 31 - 3-10 agosto 1949
Cara Battaglia,
un amico, lettore di "Vie Nuove", il giornale che assai argutamente e obiettivamente definisti in un tuo corsivo polemico il "Corrierino dei Piccoli" del Pci, al quale la redazione di Longo non ha ritenuto prudente rispondere, mi ha passato il n. 30 del 24 luglio, per farmi leggere una specie di biografia del compagno Damen, rabberciata secondo i dati dell'Ufficio segnaletico della segreteria generale di quel partito.
Bisogna però riconoscere obiettivamente che nella serie non breve di quelle fin qui pubblicate o fatte circolare ad arte, questa biografia di "Vie Nuove" non è la più assassina anche se chi l'ha redatta deve aver conosciuto il compagno Damen soltanto per sentito dire.
Dunque, questo nostro compagno mantenne in carcere i suoi atteggiamenti di oppositore irriducibile alla politica del Pci, di quello bolscevico e dell'Unione Sovietica, gli stessi atteggiamenti che ha poi continuato a mantenere in tutta la sua vita politica?
Ma è proprio quello che volevamo leggere sulle colonne di un giornale staliniano, e l'aperto riconoscimento ci riempie l'animo di soddisfazione. Bravo compagno Damen, bravo compagno Acquaviva, bravo compagno Zanasi, bravo compagno Venegoni, bravo compagno La Camera, bravi tutti voi compagni che nelle carceri fasciste, nelle isole e nei campi di deportazione avete osato completare allora la vostra dura battaglia antiborghese, non soltanto antifascista, dissociandovi politicamente dallo stalinismo che era allora alle prime armi nel tentativo - e come riuscito, poi! - di avvelenare, corrompere e piegare il magnifico sacrificio di tanti militanti comunisti.
Per questo l'espulsione? Già, per aver difeso e continuato a difendere i principi di Marx, Lenin e della Rivoluzione d'Ottobre contro i funzionaretti che hanno preferito continuare a percepire uno stipendio servendo ora Trotsky, ora Bucharin, ora Zinoviev e da ultimo, il vittorioso su tutti, Stalin.
Storiella quella dell'espulsione dal partito nel 1933 decisa, nientemeno, dalla cellula del carcere. Damen è stato espulso - per la verità Damen assai prima di tale data si era "autoespulso" - insieme a Repossi e Fortichiari dal C.C. del partito con decisione resa nota nel n. 14 del 27 ottobre 1934 di "Voce Operaia" di Parigi...
per aver continuato a sostenere ideologie in opposizione a quella del partito e per essere rimasto sordo agli appelli del partito che lo invitava a cessare il lavoro frazionistico e di disgregazione.
E voi, compagni, credete che l'interessato possa avere avuto comunicazione dell'espulsione per via interna di partito? Ma neanche per sogno; ha dovuto apprenderla dall'organo massimo del regime, il "Popolo d'Italia" del 3 novembre 1934.
Non fatevene meraviglia. Espellere per attività frazionistica compiuta a Milano nell'anno 1934, e pubblicare i nomi di chi di questa supposta attività si era reso responsabile, voleva dire allora denunciare i... traditori agli uffici competenti dell'Ovra. Scherzi mancini di marca staliniana rimasti vivi, ormai, solo nella memoria dell'archivista di partito, al quale una simile messa a punto premeva innanzi tutto.
Ma ciò che mi ha spinto a scriverti, cara Battaglia, è quell'accenno che non riguarda tanto il compagno Damen, quanto il nostro Partito che viene definito:
centro di raccolta di tutti i rottami espulsi dal Pci per opportunismo.
Sicuro, sono infatti rottami imputriditi nell'opportunismo i compagni operai della Falk, della Breda e della Marelli di Sesto, della Fiat di Torino, degli altiforni di Portoferraio, dell'Ilva di Torre Annunziata, delle Reggiane di Reggio Emilia, e dei Cantieri di Taranto; sono rottami imputriditi nell'opportunismo i compagni artigiani di Asti, di Casale e di Parma; i compagni artigiani e i braccianti dell'Emilia, della Calabria e delle Puglie. Tutti questi compagni, infatti, si permettono il lusso di uno stipendio da deputati, o da senatori, o da dirigente di Camere del Lavoro, di Federazioni, ecc.; di possedere l'automobile e la segretaria; e con l'automobile e la segretaria un po' più di felicità.
È così nevvero? Ma un'ultima considerazione si impone. È risaputo che il Pci non ha mai prodotto da sé tanti rottami come da un anno a questa parte, checché ne dicano le cifre di Secchia. Dove sono andati a finire? Confesso che non mi è stato possibile "archiviarli" perché sono finiti dappertutto meno che nelle file del nostro Partito.
E ciò significa che nel suo quarto d'ora di declino il partitone di Togliatti è condannato a perdere tutte quelle masse oceaniche che era riuscito a racimolare in una situazione favorevole con una politica di demagogia e di tradimento.
Noi, pochi, duriamo; e in questo nostro durare sta la migliore prova della vitalità del marxismo rivoluzionario e dei suoi quadri, pur se modesti nel numero; di preparazione ideologica, di organizzazione politica e di combattimento.
Lo scontro degli internazionalisti con lo stalinismo, e le sue vittime
Le persecuzioni e gli omicidi politici subiti dai comunisti internazionalisti: dall’assassinio di M. Acquaviva e F. Atti ai fatti di Schio e al processo di San Polo, le forze controrivoluzionarie del capitale e le armi dei sicari di Stalin contro i comunisti rivoluzionari.
Ricordando le figure di Mario Acquaviva e di Fausto Atti, additiamo il loro sacrificio eroico ai giovani proletari perché traggano da un così fulgido esempio ammonimenti e sprone per le dure battaglie che li attendono.
L'archivista di partitoAllegato | Dimensione |
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1995-03-01-stalinismo-vittime.pdf | 168.47 KB |
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