Stangate ai proletari, miliardi alle imprese

Avanza lo stato del malessere: ancora balzelli, tagli e prelievi forzosi

A ritmo trimestrale si succedono le stangate finanziarie. Si raschia il barile degli strattagemmi contabili e si strappano altre penne al pollo proletario prima di passare alle successive fasi di strangolamento.

Gli ultimi 15 mila 500 miliardi (in nove mesi il bottino statale ha raggiunto i 100 mila miliardi) sono racimolati fra anticipi di imposta sulle liquidazioni, slittamento di sei mesi delle stesse per i dipendenti pubblici che vanno in pensione di anzianità, tagli agli appalti pubblici, aumenti postali, anticipi delle esattorie e varie. I prelievi si proietteranno anche nel prossimo anno, per un totale di altri 12.000 miliardi di “risparmi” statali.

Con un proletariato in ginocchio, gli strilli più alti vengono dalla Confindustria che considera gli anticipi una tassa sul costo del lavoro. Con buona dose di ipocrisia...economica, va dichiarando che il denaro accantonato per le liquidazioni non è disponibile perché viene usato dalle imprese “per dare lavoro”! In altri termini, gli operai partecipano con una parte del loro salario agli investimenti aziendali, ma non agli utili e neppure a nuovi posti di lavoro. Anzi, salari e occupazione sono da anni in costante discesa.

Tutta la borghesia è d’accordo nell’invocare misure strutturali “per affrontare la concorrenza mondiale”, ovvero colpi di mazza sul sistema pensionistico, dichiarato dagli economisti e accademici di destra e sinistra un sistema di “regalie pubbliche”.

Le grandi manovre per i funerali dello Stato sociale sono in pieno svolgimento. La tattica sindacale copre l’inevitabile operazione capitalistica respingendo - a parole - riduzioni di spesa, ma ammettendo - nei fatti - la necessità di “rimodellamenti”.

Il ridurre, conservare o aumentare la spesa sociale, viene dichiarata una questione politica. Già, ma i rapporti economici dominanti - da nessuno messi in discussione - impongono che il governo degli affari dello Stato borghese abbia quale suo unico fine la conservazione del sistema capitalistico. Quindi, di fronte ai fabbisogni finanziari dello Stato (e alla crisi che scuote le stesse fondamenta economiche della società) non c’è altro da fare per il capitale che rapinare ai lavoratori e pensionati quote sempre maggiori di quello stesso salario che in forma differita veniva ritirato dallo stato per renderlo sotto forma di servizi. Si ruba al salario per trasferirlo alle imprese: per la conservazione del capitalismo, per le superiori esigenze non tanto di un loro sviluppo quanto della loro stessa sopravvivenza.

A riprova di quanto affermiamo, basti un solo dato, ufficialmente emerso dal Servizio Studi e Bilanci del Senato: nel solo 1994 lo Stato ha sovvenzionato le imprese con ben 94 mila miliardi di lire. Tutti nascosti o mascherati in 558 capitoli di spesa.

È quanto avviene da sempre, e spiega chiaramente il colossale debito accumulato dallo Stato borghese, pari al 124 per cento del Prodotto interno lordo.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.