La Bicamerale ennesima occasione di maneggi partitici

All’osservatore con un minimo di spirito critico apparirà oggettivamente enorme il contrasto che separa il mondo politico dall’opinione pubblica per quanto riguarda l’attenzione prestata ai lavori della Commissione bicamerale, lavori attraverso i quali il parlamento dovrà portare alla parziale modifica della Costituzione italiana.

Da una parte viene dato grande risalto da tutte le forze borghesi amplificato dalla gran cassa dei mezzi di comunicazione, dall’altra c’è l’indifferenza più assoluta nella società civile gravata da ben altri problemi a cui pensare. Da tempo è in atto una feroce lotta di potere tra i vari contendenti in campo che mirano a cambiare le regole del gioco, non per una presunta maggiore funzionalità della democrazia, ma più volgarmente per creare in prospettiva le condizioni più favorevoli ad ogni fazione, ognuna a suo modo e per le capacità elettoralistiche che le compete, per accomodarsi nei gangli dello stato e coltivare il proprio orticello fatto come sempre di corruzione e di intrallazzi.

In sostanza dopo il crollo della vecchia partitocrazia alla testa della quale c’erano la Dc e il Psi, siamo ancora in una fase di assestamento e ricomposizione-riciclaggio del panorama partitico, il rimescolamento delle carte tra uno scossone e l’altro, tra ribaltoni e compromessi, dovrà stabilire chi è il candidato più idoneo a rivestire la funzione di nuovo partito-stato, nella più nauseante tradizione del politicantume borghese italiano, attualmente il Pds sembra il soggetto più avvantaggiato e adeguato a rappresentare tale continuità.

Il primo punto sul quale Polo e Ulivo sono d’accordo, al di là delle distinzioni di facciata, è che la stagione di mani pulite deve volgere al termine, è una specie di pastetta dove Forza Italia e Pds per diversi motivi concordano. I berlusconiani per le ovvie ragioni giudiziarie che pendono sulla squallidissima figura del loro capo, i pidiessini perché si sentono più forti e hanno raggiunto lo scopo di ridimensionare le pretese dell’unto dal Signore, con il quale, anzi, sono venuti ad accordi di sottobanco per rabbonirne l’opposizione, creando non a caso malumori e contrasti nel centro-destra sino a metterne in discussione la leadership. Il partito di D’Alema, risparmiato dalle inchieste e aiutato nella scalata al potere dai poteri forti della borghesia, non ha nessun interesse che in un ipotetico futuro le stesse armi si rivolgano contro di esso.

In questa direzione vanno gli articoli 122 e 126 sulla giustizia passati nella Bicamerale, il primo divide il Csm in due sezioni, una per i pubblici ministeri e l’altra per i giudici, modificandone inoltre la composizione a favore della parte di nomina politica; il secondo riguarda la distinzione delle funzioni che in seguito potrà trasformarsi effettivamente in separazione delle carriere.

Sebbene il Pds ha votato contro questi articoli e D’Alema ha pure fatto finta di arrabbiarsi, cosa significa tutto ciò? Non vi è dubbio che nel gioco delle parti tra destra e sinistra, in linea con le rispettive vocazioni culturali che sono la maschera dei consigli per l’acquisto del prodotto, chi in modo più arrogante e sbrigativo chi con il velo da garantista, lo scopo è uno solo: ridimensionare il potere della magistratura nei confronti degli apparati partitici e gradualmente aumentare l’influenza dell’esecuti-vo su di essa.

Il secondo punto significativo prodotto dalla bicamerale, anche questo frutto di compromessi e dosaggi politici, è il presiden-zialismo. Cioè l’elezione diretta del Presidente della Repubblica da parte dei cittadini e maggiori poteri per lo stesso Presidente. Questo è il parto di mesi di travaglio, dell’auspicato bipolarismo, della nuova era della democrazia italiana.

I censori di questo giochetto che non si scostano di un millimetro nella loro critica dal terreno borghese sono gli pseudo comunisti alla Rifondazione o de il manifesto. Essi vedono in questo caso, ma l’elenco potrebbe essere lungo, un cedimento a destra del Pds e l’involuzione della democrazia, dove il cittadino lavoratore conta sempre di meno sia sul piano delle istituzioni rappresentative sia per quanto riguarda i diritti che gli vengono sottratti.

Siamo di fronte al classico piagnisteo dei riformisti. Quando mai il proletariato ha contato qualcosa nella società capitalistica? Il proletariato conta per la borghesia solamente quando è capitale variabile, forza lavoro da sfruttare produttrice di profitto. Quando si spezza questo rapporto oppure non è mai esistito esso può anche morire di fame, vedi i lavoratori che hanno perso il posto di lavoro o i disoccupati che mai sono entrati nei meccanismi produttivi.

Per il riformismo la sovrastruttura è tutto, mentre i rapporti di produzione contano a parole ma in pratica vengono relegati ad accessorio, pretendendo di evitare i danni devastanti della crisi capitalistica sul proletariato aumentando la dose di democraticismo che il sistema capitalista dovrebbe assumere per vincere la malattia. Così si finisce per prendere lucciole per lanterne, difendendo per esempio la magistratura, quintessenza della conservazione del diritto e della proprietà borghese. Il ladro di polli veniva perseguito e punito sia ieri, prima di mani pulite, che oggi dagli organi giudiziari. Mentre i ricchi e i potenti l’hanno sempre fatta franca andando a braccetto con la magistratura.

Mani pulite è stata un’eccezione, non riuscendo l’imbalsamato sistema politico ad autoristrutturarsi si è fatto in modo che una parte della magistratura supplisse a tale necessità. Ma il conflitto è stato tutto interno ai potentati economici e politici della borghesia. Il nuovo corso per il proletariato ha significato solamente maggiore libertà d’azione dei vari governi nell’imporre costantemente stan-gate e sacrifici. Ai lavoratori non interessano le beghe partitiche della bicamerale o di quant’altro, perché la morsa del capitale si fa sempre più soffocante. Il vero problema è uscire dalla passività e lottare con-tro il capitalismo e le sue istituzioni.

cg

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.