Roma 18 ottobre - Niente di nuovo nel radical-riformismo, sotto il sole

La manifestazione nazionale contro il governo Prodi e “l’Europa di Maastricht”, svoltasi a Roma il 18 ottobre, non ha detto niente di nuovo - ovviamente - sulle forze che l’hanno promossa, ossia tutta, ma proprio tutta, la galassia del cosiddetto sindacalismo di base o “antagonista”. Le parole d’ordine erano quelle del radicalriformismo di sempre, improntate dunque sul più schietto volontarismo, che vuol dire scambiare la realtà con le proprie illusioni. Su questa strada allora si può fare tutto, pur rimanendo dentro i limiti del capitale, senza cioè, mettere totalmente in discussione i meccanismi economici e politici che reggono da sempre la società borghese. I sindacati di base ritengono tranquillamente possibile opporsi ai tagli dello stato sociale e del salario, alla disoccupazione, seguendo una normale via di lotta sindacale, per quanto decisa, quando invece le loro parole d’ordine si scontrano immediatamente e radicalmente con le compatibilità dell’economia capitalistica e, quindi, hanno bisogno di ben altre strade, di ben altri strumenti perché possano diventare un percorso praticabile, a maggior ragione oggi, che margini di riformismo non ci sono più. In altre parole, “la piena occupazione, la drastica riduzione d’orario a parità di salario, il lavoro/reddito garantito per tutti”, sono rivendicazioni che possono essere soddisfatte solo dal proletariato in armi, che, cioè, ha conquistato il potere e si è messo all’opera per smantellare la società borghese nel suo insieme. Infatti, la piena occupazione, il reddito garantito per tutti minano alla radice il meccanismo di accumulazione capitalistica e le impediscono semplicemente di vivere. Dunque, agitare quelle parole d’ordine, che toccano giustamente il cuore e la mente di chi è disoccupato, distrutto dalla fatica e dallo stress, dalla lotta quotidiana con le bollette e i conti della spesa, senza accompagnarle con un’attività critico-pratica che le disincagli dal pantano sindacalista e le faccia trascrescere sul terreno politico-rivoluzionario, agitarle così, dicevamo, significa semplicemente illudere, confondere e preparare a nuove e più profonde demoralizzazioni quei lavoratori che ne hanno ormai piene le tasche dei “governi amici” e dei sindacati confederali. Di lavoratori così a Roma ce n’erano, sommersi però, questa è l’impressione, dal vecchio ceto politico della fu sinistra extraparlamentare.

Se ci si limitasse ad una valutazione superficiale basata sul numero delle organizzazioni presenti, si potrebbe dire che la classe è in ripresa, in realtà quasi tutte erano la continuazione delle tendenze gruppettare anni ‘70, a cominciare, ovviamente, dai sindacati di base. È ovvio, allora, che nonostante la grande varietà di sigle (ne abbiamo contate quasi una trentina) il contenuto dei volantini fosse sostanzialmente omogeneo, con qualche eccezione. Si sono viste, infatti, posizioni interessanti (tra l’altro semianonime: valli a pescare), ma è ancora troppo poco per dire che qualcosa, che vada al di là di singoli compagni/e o poco più (ed è comunque positivo), si sta muovendo.

Ci ha poi “colpito” il fatto che in manifestazione, nonostante il suo contenuto antigovernativo, si siano sentiti, tutto sommato, pochi slogans contro Rifondazione, e questo la dice lunga sul rapporto ambiguo (o cristallino come acqua di fonte...) tra il sindacalismo “alternativo” e Bertinotti & Co.

Ultima considerazione prima di chiudere. Raccontare balle, in genere, non va bene; se poi lo fa un’organizzazione che si pretende proletaria e antagonista è ancora peggio, perché chi aspira a cambiare il mondo deve guardare in faccia la realtà, per quanto sgradevole possa essere, senza rifugiarsi in meschini surrogati autoconsolatori: insomma, i manifestanti erano, al massimo, 20 mila (che è già un successo per loro) e non 70 mila, come è stato “sparato” trionfalisticamente dal palco degli oratori. Sarà una pignoleria, ma anche questo la dice lunga sui nostri “antagonisti”.

Per quanto ci riguarda, abbiamo distribuito Lotta di classe internazionalista e il giornale, le pochissime - se non uniche poco ci manca - voci dissonanti nella gran fanfara radicalriformista.

I compagni presenti

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.