Anche in Centro America la classe rivoluzionaria è il proletariato

Più di 30 milioni di messicani - pari alla metà dell'intera popolazione italiana - vivono sotto il livello minimo di sussistenza. Potrebbe bastare questo arido dato per capire la drammatica situazione in cui si trova la moltitudine di lavoratori e disoccupati centro - americani. Negli ultimi 9 anni il potere d'acquisto dei salari è sceso del 50% e il costo del lavoro operaio è 8 volte inferiore a quello statunitense, mentre nelle campagne il 36% dei lavoratori agricoli sono bambini dai 7 ai 14 anni. Il quadro è infine completato da una feroce criminalità urbana e dalle stragi che le guardie bianche dei latifondisti e i militari compiono impuniti.

Il Chiapas, con i suoi indios, messicani, guatemaltechi e meticci, fa dunque parte del terribile scenario brevemente descritto: basti pensare che circa il 70% dei bambini soffre di malnutrizione per comprendere quale indigenza domini in questa regione divenuta famosa per la lotta zapatista che appunto nel Chiapas le sue radici. Ma proprio perché questa realtà sociale è la causa diretta di un sistema economico basato sulle leggi di mercato, la divisione in classi e lo sfruttamento, cioè il capitalismo, noi non possiamo che criticare il programma che l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale porta vanti. L'EZLN infatti individua in una sfumata "società civile" - oltre che nelle comunità indie - il proprio referente politico, quando è evidente che in Messico come in ogni altro paese capitalista, cioè su tutto il pianeta, la classe sacrificata sull'altare del profitto borghese è il proletariato, sia esso di fabbrica, bracciantile o altro, ed è quindi essa l'unica classe che ha gli interessi oggettivi e la forza necessaria per rovesciare questo sistema sociale. L'EZLN poi non ha mai messo in discussione il capitalismo, ma il neoliberismo, cioè la forma particolare che il capitalismo oggi ha assunto, come se fosse possibile un modo di produzione capitalistico "dal volto umano". Ciò è confermato dal fatto che il socialismo, cioè la produzione pianificata e gestita dai lavoratori, non rientra negli obiettivi della lotta zapatista, quando invece sarebbe l'unico modo per superare l'infernale stato di cose che regna in Chiapas come in tutto il Messico. L'EZLN ritiene al contrario che sia possibile una direzione più democratica dello stato borghese messicano, tanto che una delle istanze principali avanzate consiste nella richiesta di nuove elezioni e nella restituzione ai contadini delle terre comunitarie, privatizzate dal governo su imposizione del FMI e della Banca Mondiale a causa dell'astronomico debito estero (circa 1,8 milioni di miliardi di lire).

Il problema non è "teorico", ma reale: come si pensa di neutralizzare i danni che il capitalismo inevitabilmente crea senza abbattere il capitalismo stesso e senza quindi tentare di unire il debolissimo fronte agricolo indio a quello dell'intero proletariato messicano prima e mondiale poi?

Cos'è più utopico? Lottare per la dignità umana in uno stato capitalistico o la rivoluzione?

Solidarietà con tutti i proletari messicani che lottano contro la repressione borghese!

GLP

PCInt