Il capitalismo è imperialismo, l'imperialismo è guerra

Il violento quanto arrogante attacco militare degli Usa sotto l'ombrello della Nato, giustificato dalla ipocrita necessità di difendere la minoranza etnica albanese in Kossovo, risponde alle ferree leggi della strategia imperialistica americana. L'obiettivo principale è quello di creare le condizioni politiche dell'allargamento della Nato, e quindi degli Usa, nella zona balcanica e a tutti i paesi dell'Est europeo. In subordine l'operazione militare ha lo scopo di relegare la Russia a un ruolo ancora più comprimario nelle aree geo politiche di sua "antica" competenza e di isolarla dal contenzioso petrolifero del mar Caspio. In terza battuta l'attacco è indirizzato alla Serbia quale ultimo baluardo del cosiddetto socialismo reale, una sorta di pulizia ideologica che il governo americano persegue in ogni occasione dopo il disfacimento della Unione sovietica, suo principale antagonista imperialistico. Non ultimo, c'è l'obiettivo di costringere gli alleati europei di non praticare in termini economici e strategici soluzioni negoziali autonome che siano in contrasto con gli interessi americani.

Le bombe sulle postazioni serbe del Kossovo, sul Montenegro e sulla Serbia, con il loro bagaglio di morte e di sangue hanno l'unico scopo di ribadire a tutti i capitalismi e a tutti gli imperialismi, piccoli o grandi, che la gestione del petrolio, della rendita petrolifera, del controllo dei mercati finanziari e commerciali è una questione americana, prendere o lasciare, altrimenti la mannaia della guerra è in grado di calare in ogni momento e sotto qualsiasi latitudine.

Analizzato il contesto internazionale della crisi del Kossovo, per i comunisti internazionalisti, non c'è nessuno spazio per la difesa della Serbia e del suo "dittatore" Milosevic.

Da sempre il piccolo imperialismo d'area serbo si è comportato nei confronti del suo proletariato come di quello kosovaro come peggio non avrebbe potuto. Nel periodo di maggiore crisi economica Iugoslava il governo di Belgrado ha pensato bene di stringere il laccio al collo a tutti i lavoratori, kosovari compresi, decretando il blocco dei salari con una inflazione al 2000%, ha revocato ogni forma di autonomia politica ed economica, ha represso nel sangue la rabbia di milioni di lavoratori.

Per i comunisti non si pone la scelta tra un imperialismi piccolo con uno più grande e potente, non si sceglie il minore dei mali.

L'unica posizione possibile è quella della denuncia del carattere borghese e imperialistico della guerra, l'unica solidarietà è quella che va direttamente, senza tentennamenti e compromissione tattiche, ai lavoratori kosovari e serbi che subiscono il doppio peso dello sfruttamento interno e delle mire imperialistiche esterne.

I comunisti internazionalisti sono contro il grande imperialismo americano, contro il micro imperialismo serbo, nella speranza che il proletariato dei Balcani inizi a prendere coscienza che l'unica strada percorribile per uscire dalla logica della guerra, non passa attraverso l'appoggio delle piccole borghesia locali, ma dalla ripresa della lotta di classe, in Kossovo come nel resto dell'Europa, negli Usa come in Russia.