Il capitale insanguina il Primo Maggio: guerra al capitale e alla sua guerra

Primo Maggio 1999

La crisi strutturale del capitalismo che morde da quasi trent'anni, dopo aver sprofondato due terzi dell'umanità nella barbarie e nella miseria più nere, ha portato nel cortile di casa dei centri capitalistici dominanti ciò che molti (in buona e malafede) credevano riservato solo al disgraziatissimo proletariato, alle martoriate masse diseredate del cosiddetto terzo mondo: deportazioni, massacri, bombardamenti, in una parola, la guerra.

Infatti, la guerra non è un colpo di testa del "perfido pazzo" di turno, ma è la strada obbligata che il capitalismo, insieme all'intensificazione dello sfruttamento della forza-lavoro, imbocca quando è in crisi.

Guerra e sfruttamento senza limiti, sono strettamente legati. La guerra che non è mai "umanitaria", è necessaria per conquistare nuovi mercati, per il possesso o il controllo delle materie prime (in primis, del petrolio); per mantenere e rafforzare il dominio della propria moneta e della propria finanza, schiacciando i concorrenti, o costringendoli ad assumere il ruolo di alleati recalcitranti (come è oggi per l'Europa dell'Euro nel conflitto balcanico). L'intensificazione dello sfruttamento occorre, invece, per garantire e intensificare la rapina della ricchezza prodotta dalla classe operaia, per rinsanguare i saggi di profitto industriale sempre più anemici e alimentare l'appropriazione parassitaria di cui si alimenta la crescente speculazione finanziaria.

La guerra fra stati, dunque, è guerra imperialista e come tale è il logico prolungamento della guerra permanente che la borghesia fa al proletariato dentro e fuori il posto di lavoro: flessibilità, precarietà e disoccupazione dilaganti, aumento dei ritmi e dei carichi di lavoro, salari e stipendi fermi o in calo, smantellamento del cosidetto stato sociale.

Questa è, in tutto il pianeta, la situazione del proletariato - "garantito", precario o disoccupato - perché unico è il capitalismo; anzi, la cosiddetta globalizzazione fa sì che il capitale spinga le condizioni dei salariati a livellarsi verso il basso ossia verso quelle degli operai più sfruttati e oppressi.

Come difendersi da tutto ciò? I partiti della sinistra parlamentare e i sindacati ufficiali, sono determinanti nel far passare la guerra e ogni attacco padronale, giungendo persino a revocare gli scioperi per non turbare il macello nei Balcani. Il riformismo più o meno "antagonista" e "di base" fa a sua volta solo della demagogia, illudendo e illudendosi che esistano ancora spazi per ottenere migliori condizioni di vita per mezzo della trattative e nel rispetto dei codici anti-sciopero.

Né ciò deve meravigliare perché si tratta di forze che ormai da tempo immemorabile sono passate al servizio del capitale; ieri erano asserviti al capitalismo di Stato sovietico e della sua ideologia così come oggi lo sono a quello di tipo occidentale e alla sua ideologia in versione neo-liberista o neo-keynesiana. Affidandosi a costoro non passerà tempo che Milano sarà come Tirana e New York come Shangai e ben presto non solo i proletari serbi e kosvari, ma quelli di tutto il mondo si ritroveranno a scannarsi fra di loro a favore di questo o quel fronte dell'imperialismo.

Il proletariato può e deve difendersi da solo rilanciando la lotta anticapitalista aperta, decisa, senza limiti; riscoprire l'internazionalismo proletario, cioè la solidarietà tra tutti gli sfruttati, oltre i confini nazionali delle proprie borghesie; ricongiungersi, rafforzandolo, col suo partito rivoluzionario, l'unico che può guidarlo all'assalto di questa disumana società.

La lotta allo sfruttamento e alla guerra sono una cosa sola:

Disfattismo rivoluzionario contro le guerre dei padroni, contro tutti i fronti dell'Imperialismo

Proletari di tutti i paesi, uniti!

PCInt