Inflazione: la rendita finanziaria all'origine della crescita del livello dei prezzi

Con grande sorpresa degli economisti borghesi, le cui analisi consideravano definitivamente sconfitto il fenomeno inflattivo, nelle ultime rilevazioni di aprile l'inflazione è tornata "misteriosamente" a salire. Nel mese di marzo il tasso d'inflazione in Italia si è attestato intorno all'1,5%, con una crescita rispetto alle rilevazioni del mese precedente di quasi mezzo punto percentuale. Andando a leggere nei dettagli i dati forniti dall'ISTAT, emerge che la crescita dell'inflazione non è stata uniforme sul territorio nazionale, ma in particolare sono state le regioni del centro-sud a registrare una crescita più accentuata. Una differenza minima ma significativa di un fenomeno che lascia sbalorditi e senza parole quegli stessi intellettuali che fino a qualche giorno prima esultavano per i risultati raggiunti dall'azienda Italia in tema d'inflazione. Tra i paesi che sono entrati a far parte della moneta unica, l'Italia è stato quello che più d'ogni altro ha dovuto affrontare politiche economiche volte al contenimento del tasso d'inflazione, scaricando sulle spalle dei lavoratori i costi sociali di tale politica. La notizia della ripresa dell'inflazione è passata quasi inosservata non suscitando alcun interesse anche in quei gruppi che si richiamano genericamente al marxismo. Non che il fenomeno sia di per sé nuovo, ma merita un'analisi più attenta proprio perché s'inserisce in un quadro economico di profonda crisi che secondo gli schemi tradizionali della scienza economica borghese dovrebbe portare ad un ulteriore calo dell'inflazione stessa. La barbarie che si sta consumando a poche centinaia di chilometri dall'Italia ha inevitabilmente attirato i riflettori dei mass-media borghesi (purtroppo anche in questa guerra è passata indisturbata la linea ideologica della borghesia mentre il proletariato è stato finora incapace di elaborare e praticare una propria critica alla guerra stessa); i massacri perpetrati in questi giorni dall'aviazione della NATO e dalle truppe di Milosevic nei confronti del proletariato serbo e kosovaro lasciano in secondo piano tutto il resto. La crescita di qualche decimo di punto del tasso d'inflazione, come dicevamo, ha colto di sorpresa gli economisti borghesi; infatti le loro previsioni, in virtù di una congiuntura economica negativa, davano per scontato un ulteriore calo del livello dei prezzi. Ma come spesso accade la realtà contraddittoria del capitale sconfessa i paradigmi interpretativi mettendo in crisi l'intera scienza borghese. La crescita dell'inflazione in realtà costituisce solo un piccolo segnale di un fenomeno di straordinaria importanza come quello della rendita finanziaria, quella stessa rendita che ha contribuito non poco ad accendere i massacri nei Balcani. Se dovessimo accettare gli schemi della scienza economica borghese, in questa fase noi dovremmo assistere ad un calo verticale dell'inflazione. Infatti, schematizzando il pensiero economico borghese, il fenomeno dell'inflazione si dovrebbe manifestare in presenza di almeno uno di questi due elementi: aumento della domanda globale con conseguente crescita del prodotto interno lordo; aumenti del costo del lavoro più alti di quelli della produttività. Se il fenomeno trae origine dalla prima causa si assisterebbe alla cosiddetta inflazione da domanda, (aumento della domanda superiore all'offerta, con conseguenza spinta all'insù dei prezzi), mentre nella seconda ipotesi si avrebbe la cosiddetta inflazione da costi. Ora in Italia, come nel resto del continente europeo, tutti gli indicatori segnalano una caduta verticale nel livello della domanda globale. A testimonianza di tale quadro di crisi, negli ultimi anni in Italia la crescita del Pil è stata sempre abbondantemente al disotto della soglia del 1,8%, livello minimo al disotto del quale l'economia è considerata dagli stessi economisti borghesi in fase di stagnazione. Le previsione per l'anno in corso vengono di giorno in giorno spostate verso il basso; anche la crescita dell'1,3% prevista dal governo è destinata a rilevarsi una semplice chimera. Secondo alcune proiezioni l'attuale guerra nei Balcani dovrebbe incidere negativamente sul prodotto interno lordo italiano per lo 0,2%, alimentando la spirale recessiva nella quale si trova l'economia italiana. Se la domanda interna è ferma, l'export italiano vive una stagione difficile anche in virtù della crisi delle tigri asiatiche e dei paesi latino americani; le esportazioni nel mese di gennaio sono calate, rispetto allo stesso mese dell'anno precedente del 7,8%. Tale caduta ha avuto conseguenze negative sia sugli ordinativi alle imprese, calate nel mese di dicembre del 7,3%, che sulla stessa produzione industriale che ha subito un calo del 3% nel mese di febbraio. Se non è l'aumento della domanda ha determinare la ripresa dell'inflazione, forse sarà stato l'aumento del costo del lavoro o delle materie prime? Sgombriamo subito il campo dalle menzogne che quotidianamente ci propina la borghesia. Mai come in questi ultimi anni il proletariato ha dovuto subire un attacco così violento alle proprie condizioni di vita, con pesanti tagli allo stato sociale e riduzione di salari e stipendi. Proprio in concomitanza con la realizzazione della moneta unica, intorno alla quale la borghesia europea si sta giocando le proprie chance imperialistiche, il proletariato italiano e mondiale in genere ha subito uno degli attacchi più violenti della recente storia del capitalismo. In quasi tutti i settori produttivi i tagli ai salari, agli stipendi ed alle pensioni supera abbondantemente il 35%, tagli si ripercuotono negativamente sulla dinamiche della domanda globale. Come in una reazione a catena la contrazione del costo del lavoro alimenta la spirale recessiva in atto. La caduta dei livelli produttivi su scala mondiale ha contribuito ad abbassare il livello dei prezzi di tutte le materie prime impiegate nella produzione, in particolare di quello del petrolio. Seguendo fino in fondo l'analisi dell'economia borghese tutti gli elementi analizzati porterebbero a considerare impossibile una ripresa dell'inflazione. Alcuni economisti borghesi considerano la ripresa dell'inflazione come la conseguenza della debolezza dell'euro rispetto al dollaro, debolezza che rende le importazioni di materie prime più care, e dell'introduzione della carbon tax. Entrambi i due elementi non possono però giustificare fino in fondo una ripresa dell'inflazione in una fase di piena recessione economica e di caduta verticale del costo del lavoro e delle materie prime. Nell'analisi borghese, ma anche in quella di tanti sedicenti gruppi che si richiamano al marxismo, sfugge un dato fondamentale del modo di manifestarsi del moderno capitalismo, quello relativo alla rendita finanziaria. Proprio l'appropriazione parassitaria di quote crescenti di plusvalore, da parte dei possessori di capitale finanziario, spingono in alto il livello dei prezzi anche in una fase di recessione economica come quella attuale. Capitali sempre più grandi e sempre più voraci, pur non contribuendo in alcun modo alla produzione di plusvalore, pretendono al pari dei capitali impiegati nel mondo della produzione una propria remunerazione. Tale meccanismo, reso sempre più grande dalla globalizzazione dei mercati finanziari, ha pesanti ripercussioni sul livello generale dei prezzi delle merci. La crescita del fenomeno delle attività parassitarie e della rendita finanziaria, determina che il mondo della produzione sia gravato da una vera e propria tangente legalizzata, che altera il modo stesso in cui si determina il livello dei prezzi sui mercati internazionali. Proprio la rendita finanziaria quindi è all'origine di questa nuova ripresa dell'inflazione, una ripresa che va ulteriormente a penalizzare le condizioni di vita del proletariato (percettore di reddito fisso) ed a scaricare sui più deboli i costi sociali della crisi economica del capitale.

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Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.