Ricordo di Onorato Damen

La maggior parte degli articoli raccolti in questo opuscolo è tratta da Battaglia comunista, l'organo politico del Partito comunista internazionalista. Li ripubblichiamo ritenendo questo l'unico modo di ricordare Onorato, certi della sua assoluta contrarietà verso qualunque forma di commemorazione che rischia il difetto di degenerare in ciò che Onorato stesso definiva "la vuota retorica commemorativa". Poiché quasi tutti questi scritti sono dedicati al problema del partito, della sua strategia e della sua tattica, la nostra intenzione, oltre a rendere un dovuto omaggio ad una delle figure più rilevanti della Sinistra italiana, è di riproporre a quanti vanno orientandosi nel solco di questa esperienza una questione di enorme importanza, resa ancora più viva e attuale dalla travagliata crisi del capitalismo: "non c'è soluzione rivoluzionaria se manca il partito rivoluzionario".

Vent'anni fa, il 14 ottobre 1979, il compagno Onorato Damen ci lasciava all'età di 85 anni, stroncato da collasso cardiaco, dopo una vita interamente dedicata con costante dedizione e preoccupazione alla costituzione del Partito, prima, ed al suo rafforzamento e alla sua continuità, poi. Una fedele e coerente interpretazione materialistica della storia fu sempre alla base del suo operare, e lo contraddistinse in modo particolare nella sua lunga milizia all'interno della Sinistra italiana, del Partito comunista internazionalista e del movimento comunista internazionale. Una milizia durante la quale maturò fino in fondo l'esperienza del marxismo rivoluzionario in tutti i suoi aspetti teorici, politici ed organizzativi.

È nella relazione tra soggettività ed oggettività, tra determinazione e momento determinato, che si evidenzia il centro focale della concezione materialistica della storia. Due sono in questo senso le interpretazioni più comuni e deformanti: quella meccanicistica a cui corrisponde una sottovalutazione della prassi umana; quella opposta e soggettivista che vede nella volontà degli uomini il fattore principale, sfociando in un attivismo sfrenato e inconcludente.

Tra meccanicismo e volontarismo, Onorato Damen ci ha fornito ulteriori strumenti interpretativi nel confronto sempre vivo con la realtà, anche la più buia, ed in perfetta coerenza con le leggi della dialettica materialistica:

le circostanze fanno gli uomini non meno che gli uomini le circostanze.

Marx

Onorato Damen difese sempre, senza esitazioni, la permanenza di una attività umana che non vuol dire soggettivismo, ma pratica, prassi costante, senza di cui in una data situazione non vi potrà mai essere frattura rivoluzionaria. Il capitalismo vive il suo momento di razionalizzazione tecnica e scientifica ma esprime al tempo stesso il suo massimo momento di irrazionalità, trascinando in questa condizione la classe che gli è storicamente antagonista, il proletariato.

Ridurre lo spazio fra razionalità ed irrazionalità, al suo interno di classe, ecco il compito che il proletariato deve assolvere. Consapevoli della necessità di situazioni particolari perché la classe possa andare al cuore dei problemi portandovi la propria soluzione, ciò nondimeno vi è in noi la certezza che il Partito non è un'occasionalità, un accidente della storia, ma è un prodotto della prassi.

Il contributo di Onorato Damen in questa chiarificazione del corretto rapporto tra struttura e sovrastruttura, e in questa messa a punto della dialettica interdipendenza fra uomo e mondo oggettivo, resta di fondamentale valore per la difesa del marxismo contro ogni deformazione, pur presente nella stessa sinistra.

Una lezione di coerenza con la concezione materialistica della storia

Quando si tratta di evidenziare i contenuti dell'opera di un rivoluzionario della statura di Onorato Damen, è facile ritrovarsi nell'apologia e quindi nel luogo comune, entrambi cose che Damen stesso avrebbe respinto non senza un gesto di disgusto.

Se richiamiamo alcuni problemi alla cui messa a punto teorica e politica Onorato ha dato il suo fondamentale contributo, non lo facciamo nell'intento di stilare la pagella "post mortem" dell'uomo "irripetibile", ma per servircene al fine di cogliere il filo conduttore della sua opera, che è a nostro avviso da ricercare nel modo di sentire la dialettica materialistica in intima connessione con gli insegnamenti di Marx e di Lenin. Questo modo si diffonde tanto quanto Damen è impegnato a puntualizzare la natura della Russia stalinista, quanto nella sua difesa della concezione leninista del Partito contro tutti i tentativi di ridurlo ora a pura appendice ai margini della lotta di classe, ora a metafisico organismo compiuto in ogni sua parte fino a poter in qualche modo configurare la società comunista.

Quest'ultima questione, come è noto, si pose praticamente fin dalla nascita della Frazione all'estero, e più precisamente con il maturare del dissenso nei confronti della degenerazione stalinista che dalla Russia, tramite l'Internazionale, si estendeva a tutti i partiti ad essa aderenti. Frazione o Partito, e fino a che punto ha senso la prima? Non si esce dal dilemma senza la capacità di porsi concretamente sul terreno della lotta di classe per separare dialetticamente gli interessi dei due contendenti storici. La Frazione presuppone un partito che, al di là di sempre possibili sbandamenti tattici, è portatore di una piattaforma la quale rappresenta la sintesi degli interessi storici del proletariato; un Partito comunque ad essa recuperabile anche attraverso l'attività della Frazione stessa. Si tratta quindi di capire il confine che esiste fra deviazione e collocazione del vecchio Partito dall'altra parte della barricata. Non giudizio morale, ma esame critico del modo di porsi nella prassi, oltre che nella enunciazione teorica, del Partito nell'ambito del conflitto di classe.

Il Partito Comunista Internazionalista non nasce come il frutto di un vezzo intellettualistico, ma nel pieno del Secondo Conflitto mondiale, che per la sua natura imperialistica non concedeva spazio ad alcuna posizione che prevedesse l'inserimento del proletariato nelle sorti del conflitto stesso, per l'uno o l'altro dei fronti impegnati nella guerra. Il Partito Comunista Internazionalista nasce e legittima la sua esistenza in quanto, raccogliendo l'eredità della critica marxista della guerra imperialista, si pone concretamente sul terreno del disfattismo rivoluzionario il cui scopo non è di favorire il fronte più o meno "progressista", ma quello di trasformare la guerra imperialista in guerra civile, poiché l'unico "progresso" possibile del proletariato nell'epoca del dominio imperialistico è la rivoluzione socialista. Ma poter giungere alla definizione della Seconda Guerra Mondiale quale guerra imperialista, implicava l'aver portato a compimento l'analisi sulla natura della Russia. Paese pervenuto al capitalismo? Ibrido storico in corso di definizione? O Paese degenerato nella sovrastruttura, ma a base socialista? Tralasciamo l'ipotesi ultima formulata da Trotsky, perché in qualche modo inficiata dallo stesso metodo annebbiante che sta alla base della prima ipotesi, e su cui riteniamo opportuno centrare la nostra attenzione. In modo particolare è Bordiga che di fronte alla esperienza della "rivoluzione che si rincartoccia" si mostra più propenso a ritenere che, come gli faceva notare Damen:

l'economia sovietica nella sua marcia all'indietro verso il capitalismo non abbia ancora portato a compimento questa sua curva d'involuzione: in parole povere non è tornata tutta al capitalismo.

O. Damen: Bordiga, valori e limiti di una esperienza - Edizioni Prometeo reprint - pag. 80

E ciò non tanto per l'incapacità a cogliere l'esistenza di rapporti di produzione capitalistici nella realtà economica sovietica, quanto nella difficoltà di individuare la classe dominante in una struttura economica ove la stragrande proprietà dei mezzi di produzione è passata allo Stato. Bordiga, impigliato nel dilemma, trovò dapprima risposta nella nota formula "Industrialismo di Stato", per giungere soltanto negli anni Sessanta all'accettazione completa del "capitalismo di Stato". Diversa è la via seguita da Damen e tutta nel solco della interpretazione marxista:

Stato gestore? Stato imprenditore? Stato soggetto alla economia? Non si tratta di questo, ma di considerare certi fenomeni propri di questa fase dell'economia, quali il ruolo del capitale finanziario, una delle leve di comando prevalentemente manovrata dallo Stato, la politica della sua esportazione come strumento di dominio mondiale, la organizzazione a carattere di permanenza di una parte della economia nella fase di economia di guerra col mantenimento di due eserciti permanenti, quello dei funzionari e l'altro dei militari. Tutti fenomeni che vanno a confluire nello Stato, la sola organizzazione unitaria e potentemente accentrata, che possa e sappia risolvere le contraddizioni economiche e i contrasti sociali, in tal modo acuiti, sul piano della forza, della violenza e della guerra. C'è abbastanza, mi sembra, per vedere nello Stato imperialista qualcosa di più della sua funzione di Comitato di delega degli interessi capitalistici.
E, come per ogni fenomeno del capitalismo, anche per questo la linea della interpretazione marxista va dalla economia allo Stato e non inversamente.
[...] E siamo alla classe dirigente in Russia; [...] per mio conto mi limitavo alla constatazione reale e storicamente inconfutabile che la strapotenza dello Stato sovietico non può non aver risolto in concreto il problema d'una sua classe omogenea e forte per la coscienza che ha del proprio essere di classe e della funzione storica che è chiamata a compiere.

idem, pag. 58-59

La Storia ha mostrato a sufficienza come siano stati proprio questi i tratti caratterizzati della esperienza russa come potenza imperialista, immersa tutta nell'esperienza del capitalismo. Avendo colta già prima della guerra questa fondamentale lezione, Damen non avrà esitazioni né tentennamenti a intraprendere la strada per la costruzione del nuovo partito, poiché nulla c'era da attendersi dal vecchio che, per quanto caratterizzato da forti legami con la classe operaia, faceva della difesa di un centro dell'imperialismo la ragione propria della sua esistenza. Prassi e teoria si fondono nella azione politica, non sotto la spinta di fattori occasionali o tanto meno per appagare eventuali ansie "attivistiche", ma come sintesi dell'analisi della realtà nel suo continuo muoversi e modificarsi secondo le leggi del materialismo dialettico. L'aderenza non formale, ma frutto di una lucida appropriazione della concezione materialistica della storia, emerge più in Damen quando sotto il rullo compressore della controrivoluzione trionfante, negli anni immediatamente successivi alla guerra, dovette opporsi a coloro, anche all'interno dello stesso Partito Comunista Internazionalista, che ritenevano fosse giunto il momento di "tirare i remi in barca", di liquidare il Partito la cui esistenza era da ritenersi inutile se non dannosa quando infuria la controrivoluzione. Tesi questa che si giustifica alla luce di una visione meccanicistica del corso storico della lotta di classe, e che fa discendere il partito, la necessità della sua esistenza "meccanicamente legata alla contemporanea ricostruzione del proletariato in classe". In parole più semplici: condizione per l'esistenza del partito sarebbe la rivoluzione montante. In realtà, un modo come un altro per nascondere la testa nei momenti più difficili e rifugiarsi in una attesa che, intanto, consente di svincolarsi dal sacrificio della milizia attiva. Il problema non è quello della permanenza o meno del partito, poiché, come insegna l'esperienza della Rivoluzione d'Ottobre, soltanto nella sua continuità il partito assolve al suo compito.

Il problema fondamentale e il più difficile da risolvere per una minoranza rivoluzionaria è quello della sua presenza e di operare su una piattaforma politica per tutto un arco storico, quello del capitalismo, quali che siano le condizioni obbiettive, non escluse quelle della guerra e della controrivoluzione ancora in atto, per aiutare la classe operaia a elevarsi da una coscienza degli interessi immediati e contingenti ad una coscienza del proprio essere di classe storica, antagonista al capitalismo.

O. Damen

A meno che - aggiungiamo noi - non si voglia ammettere, per il proletariato, il regno della autocoscienza. Bordiga, invece, si rifugiò nel sottile distinguo fra "partito storico" e "partito formale", volendo con ciò indicare due modi di esistere del partito in stretta relazione con le alterne vicende della lotta di classe; dove, nel primo, si individua lo strumento della continuità teorica e dottrinale, e nel secondo, lo strumento dell'azione rivoluzionaria, operando una scissione tra il momento della elaborazione e quello della prassi. E venendo meno, così, al compito del momento da un lato e, dall'altro, aprendo la porta ad ogni sorta di "innovazione". Rileva Damen:

Sotto questo profilo non è meno falsa la distinzione bordighista tra partito storico e partito formale, perché non si è mai dato il caso di un partito portatore di un corpo di tesi e di dottrina, di un programma e di una capacità di elaborazione della teoria rivoluzionaria, che viva nella stratosfera e non attinga giorno per giorno, nel cuore della lotta operaia, i motivi di tale elaborazione teorica e la conferma costante della sua validità.

Queste differenti, per non dire opposte, conclusioni scaturiscono essenzialmente da una diversa concezione della dialettica marxista. Vi è da un lato, in Bordiga, la tendenza a vedere "il mondo e la vita su un piano di sviluppo razionale"; dall'altro, in Damen, la lucida coscienza che la realtà, nel suo sviluppo contraddittorio, non può essere rinchiusa nel mondo circoscritto del dato matematico, in quanto con ciò si riduce la dialettica materialista - "che è movimento e contraddizione" - a dialettica formale, ovvero il marxismo a idealismo. Non stupisce quindi il fatto che troveremo poi Bordiga sognatore di un partito al di fuori di ogni riscontro con il processo storico reale:

il partito che noi siamo sicuri di veder risorgere in un luminoso avvenire sarà costituito da una vigorosa minoranza di proletari e di rivoluzionari anonimi che potranno avere differenti funzioni come gli organi di uno stesso essere vivente, ma tutti saranno legati, al centro o alla base, alla norma a tutti sovrastante e inflessibile di rispetto alla teoria...

Bordiga, in Programma comunista n. 22 - 1958

Quasi che i "vigorosi proletari" possano essere uomini di un altro pianeta e non essi stessi "prodotto" e componente dialettica del mondo borghese; portatori, sì, del nuovo ma profondamente segnati dal vecchio mondo. E sono costoro che costituiscono il partito reale che, come ricorda Damen, era...

fatto sì da eroi ma anche da opportunisti, intriso di sacrifici, di galera, di sangue ma anche di corruttela.

O. Damen

Ci pare vi sia in questo rifiuto a cedere anche un centimetro "al mondo" della metafisica, il senso più compiuto della lezione che ci lascia Damen. Non damenismo, uno dei tanti "ismi" che si aggiunge al mare di quelli già esistenti e in cui egli vedeva uno dei segni di un "processo di decadenza quando non di degenerazione", ma la coerenza non solo formale a quella concezione della storia...

che si fonda su questi punti: spiegare il processo reale della produzione e precisamente muovendo dalla produzione materiale della vita immediata, assumere come fondamento di tutta la storia la forma di relazioni che è connessa con quel modo di produzione e che da esso è generata. [...] Essa non deve cercare in ogni periodo una categoria sul terreno storico reale, non spiega la prassi partendo dall'idea, ma spiega la formazione di idee partendo dalla prassi materiale.

Marx, L'ideologia tedesca

L'opera del compagno Damen nel movimento comunista

Testo della relazione tenuta in occasione della manifestazione pubblica del 16 ottobre 1979, immediatamente dopo la morte del compagno Damen

Compagni,

abbiamo convocato questa riunione con un manifesto in cui comunicavamo la perdita del compagno Onorato Damen da parte del Partito Comunista Internazionalista e da parte del movimento della Sinistra comunista internazionale.

Non è retorica, perché la figura di Onorato davvero si inserisce nella storia delle lotte politiche del movimento comunista internazionale. Le attestazioni giunte dall'estero e la presenza qui di altri gruppi e correnti, testimonia di questo valore della figura e dell'opera del compagno Damen.

Ed è in riferimento del movimento operaio e del movimento comunista internazionale che, fedeli all'insegnamento e all'esempio di Onorato, tratteggeremo il profilo di questa grande figura.

Il nostro discorso prende il via dalla fine vergognosa della Seconda Internazionale a fronte della prima guerra imperialista.

Dopo che le illusioni sulla possibilità di una indefinita crescita riformista del capitale avevano ingrossato le file dell'opportunismo e del revisionismo all'interno del movimento operaio e dei partiti socialisti di allora, l'opportunismo stesso aveva corroso l'ossatura medesima di quei partiti, fino a farli capitolare di fronte alla guerra imperialista, svuotando la Seconda Internazionale di ogni contenuto di classe e rivoluzionario.

La battaglia di Lenin in Russia e nella Seconda Internazionale era giunta a porre in essere un partito, quello bolscevico, il solo capace, come la storia mostrò in seguito, di raggiungere vittoriosamente la prima, solo la prima, tappa del processo rivoluzionario della classe operaia: una rivoluzione proletaria vittoriosa, la distruzione dello Stato borghese e la instaurazione di un primo Stato operaio fondato sui Consigli, detentori esclusivi del potere di classe.

Ma se in altri partiti, in altre esperienze europee ed internazionali, stentavano ad enuclearsi le forze che pur dovevano esistere per una opposizione rivoluzionaria alla guerra, in modo che la conseguente capitolazione dei partiti poté essere totale, il PSI invece adottò la tattica mistificatoria ed opportunista del "non aderire né sabotare". Perché? Non perché il socialista Lazzari fosse un genio delle alchimie, ma perché all'interno del PSI si muovevano forze, agivano correnti fedeli alle indicazioni fondamentali che provenivano da una corretta applicazione del metodo e dei principi marxisti e rivoluzionari: il proletariato non partecipa mai alle guerre della propria borghesia, ma lotta contro di essa per rovesciare il potere e il sistema della borghesia stessa.

Ebbene compagni, in queste correnti, immerso con tutta la sua passione giovanile, troviamo il compagno Onorato Damen, aderente alla Frazione di Sinistra del PSI, quella astensionista, sebbene già da allora non condividesse certe forme di astensionismo aprioristico. Ed è proprio per la sua attività come militante rivoluzionario, per la diffusione di volantini contro la guerra e incitanti alla insubordinazione, che Damen finisce in galera. Siamo al 1917, all'ingresso dell'Italia nel conflitto. E Damen resterà in galera fino al 1919.

Scoppia la Rivoluzione in Russia. Gli animi del proletariato mondiale ne sono infiammati, ma la classe stenta ancora a trovare le forze per la costituzione e l'attrezzatura di Partiti in grado di guidarla per seguire vittoriosamente l'esempio russo.

Nel 1919 si costituisce la Terza Internazionale, quasi per un atto di forza del compagno Lenin. E sarà la sua costituzione a fornire l'impulso decisivo alla rottura definitiva dei rivoluzionari con la socialdemocrazia. Ma in Italia, diversamente che altrove, va detto, questa spinta trova un terreno favorevole ad esercitarsi. E perché va detto? Perché sarà questa mancata autonomia e maturazione interna delle forze comuniste negli altri paesi a facilitare, quanto meno, la loro resa incondizionata alla controrivoluzione in Russia e la loro incomprensione del suo avvio già negli anni Venti.

Le forze di Sinistra del PSI, dunque, sono già da tempo al lavoro per la propria demarcazione ideologica e politica dall'opportunismo socialdemocratico. Nel 1919, al Congresso di Bologna del PSI, la rottura la si respira nell'aria.

E sarà lo stesso Damen, attivamente presente, a ricordarlo in uno scritto che è per noi fonte preziosa di insegnamento rivoluzionario: Al Congresso di Bologna ebbero paura di dire no alla politica possibilistica dell'Internazionale.

Si discute in questo articolo se non sia stato un errore il non rompere già a Bologna, sulla base della constatazione che questa dilazione ebbe indubbiamente dei risultati negativi sulla possibilità di azione del PCd'Italia. Fu un vero errore? Il dibattito sullo specifico storico può essere ancora aperto, ma resta la necessità e il dovere per i rivoluzionari di trarre comunque delle lezioni, per il futuro. Damen questa lezione l'ha tratta e ce l'ha data. Leggiamo il passo finale dell'articolo, alla riflessione sul quale chiamiamo i rivoluzionari:

Bisognava rompere con il Partito socialista, intelligentemente svuotato delle sue forze politicamente serie, e mettere tempestivamente l'Internazionale di fronte al fatto compiuto, in modo da costringerla a scegliere fra la Frazione, eretta a funzione di Partito, come unica garanzia della lotta rivoluzionaria nel paese, e il Partito socialista perduto definitivamente a questo compito storico. E quando non si opera su questo piano con la dovuta risolutezza e tempestività, non si perviene alla costruzione del Partito nel momento storico in cui esso è necessario, oppure quando verrà realizzato sarà troppo tardi e dovrà mettersi alla guida di un proletariato non di assalto del potere, ma in piena ritirata.

O. Damen

Dopo Bologna, la Frazione si riunisce a Imola (28 novembre 1920). Lì si prepara la scissione che avverrà a Livorno (21 gennaio 1921). A Livorno confluiscono nel Partito la Frazione alla quale Damen aveva aderito e la formazione dell'Ordine Nuovo. Il giovane Partito Comunista sotto la direzione di Sinistra, di Bordiga, conduce le proprie migliori battaglie, quelle stesse che gli omuncoli di apparato e di potere, i Togliatti prima e i Berlinguer poi, rinnegheranno. Damen, in quel periodo deputato del PCd'Italia, è membro del Comitato Centrale Sindacale. Egli è alla testa delle lotte operaie di resistenza al fascismo in Toscana, dove partecipa a scontri a fuoco a Pistoia.

Ma, l'abbiamo sentito dai suoi scritti, il proletariato era in piena ritirata. La Rivoluzione Russa, il cui successo definitivo Lenin aveva collegato alla vittoria del proletariato in Europa, si trovava invece isolata, mentre sul giovane Stato operaio pesava con tutta la forza di un ricatto il dramma della fame e delle devastazioni della guerra civile.

Dietro quel ricatto si hanno i primi cedimenti, non sul piano dei principi, non ancora. Ma i compagni russi sono indotti a quegli arretramenti nell'organizzazione economica che saranno di supporto all'ingrandire delle spinte opportunistiche, sempre presenti anche nel più puro partito rivoluzionario.

Sia nell'Internazionale e sia nel Partito italiano, si annunciano i segni di pericolo di un processo controrivoluzionario che solo una rivoluzione vittoriosa in Europa o all'Est avrebbe potuto troncare; cosa che, come sappiamo, non successe.

Ma lasciamo parlare ancora Onorato:

Siamo al biennio 1924-25, così pieno di avvenimenti da assumere particolare importanza nello sviluppo ulteriore del movimento operaio. Con la rimozione, imposta dall'alto, della Sinistra italiana dalla responsabilità di guida del movimento comunista italiano, nuove forze direttive più flessibili, più disposte al compromesso, si fanno avanti, i cui esponenti (Gramsci, Togliatti, Terracini, Scoccimarro) erano pure stati con la Sinistra nella fase formativa del Partito Comunista d'Italia.
E parlando di nuova direzione non facciamo che precisare posizioni e responsabilità che si riferiscono soprattutto all'opera e al pensiero del compagno Gramsci: intendiamoci, non un Gramsci mitizzato, non un Gramsci teorizzato, ma un Gramsci uomo, uomo come noi, che ha vissuto le nostre stesse esperienze, anche se osservate da un angolo visuale del tutto personale; il che non salva Gramsci dalle precise accuse di aver aggiogato il Partito alle esigenze non di una autentica Internazionale rivoluzionaria, ma a quelle di una politica contingente dello Stato russo, anche se operaio.

O. Damen

Ma quali erano i problemi? È ancora Damen a parlare:

Per la nuova direzione del Partito, e quindi per l'Esecutivo dell'Internazionale, il problema del momento era quello di guadagnare spazio a destra; di potenziare la politica del Partito allargando innanzitutto la propria sfera di influenza in quella nebulosa politica della frazione terzinternazionalista e che dal seno del Partito Socialista mirava a tracciare un ponte ideale verso l'Internazionale Comunista e, per conseguenza, verso il nostro Partito. Si stava per realizzare così l'obiettivo gramsciano di rimediare al taglio troppo a sinistra voluto dalla corrente di Sinistra allora dominante nel Partito.

A questi obiettivi corrispondeva una precisa politica del Centro gramsciano di fronte alla quale la Sinistra non poteva tacere. C'era stata nel 1924 la Conferenza di Como e la Sinistra era risultata ancora maggioritaria nel Partito. Il corpo del Partito era sano, anche se il suo nuovo Centro, imposto dalla Internazionale, deviava sia dalle linee costitutive del Partito e sia dalle necessità di una politica rivoluzionaria in quel momento. L'apparato, costruito con la sottile intelligenza di un Gramsci, dominava. Ed ecco un giudizio di Onorato sull'apparato:

L'apparato assume così l'apparenza di un mito che non ha nome; di una organizzazione economico-politica sfuggente, occultata quasi sempre dietro la cortina fumogena del privilegio di casta; di una corporazione di manovalanza politica che non si precisa mai in una fisionomia, e si propaga e allunga i tentacoli come una piovra, fino ad assumere un proprio costume di vita che viene a caratterizzarla e distinguerla dal resto della stessa organizzazione di Partito.

Il Fronte Unico e la conseguente politica suicida e fondamentalmente opportunista dell'Aventino, alla quale si finse di rimediare tardivamente e male, erano segnali sufficienti perché i compagni più avvertiti e responsabili si muovessero. È di quell'epoca la polemica diretta fra Damen e Gramsci dalle colonne dell'Unità a proposito dell'Aventino, e della occasione perduta dal Partito al tempo del delitto Matteotti e della "questione morale" gramsciana.

Con Repossi e Fortichiari, Damen fonda il Comitato d'Intesa...

col preciso compito di salvare quanto ancora era salvabile.

È l'atto di nascita della Sinistra Italiana come forza di opposizione alla stessa Internazionale e come centro di elaborazione e di lotta politica a fronte dei nuovi problemi di un nuovo ciclo storico: quello della controrivoluzione in Russia e nel mondo, quello della sconfitta più dura e dai più tragici risultati per la classe operaia.

Bordiga aderirà al Comitato d'Intesa già costituito, dando alcuni fra i suoi migliori e ultimi contributi alla lotta all'interno del PCd'I.

Ecco ciò che Onorato chiarì nel 1966 contro le deformazioni e le diffamazioni di uno scritto del PCI:

La costituzione del Comitato d'Intesa è avvenuta a Milano per iniziativa di un piccolo gruppo di compagni della Sinistra, all'infuori e all'insaputa di Bordiga, anche se a questo compagno si dovrà poi la stesura della maggior parte di documenti pubblicati e diffusi in nome del Comitato d'Intesa.

Al di là delle vicende personali degli uomini che la sostennero, l'esperienza del Comitato d'Intesa è di importanza molto maggiore alla conoscenza che se ne ha. Onorato contava di dare un contributo per colmare questa lacuna in un'opera generale sul gramscismo che uscirà postuma. Ma da quella esperienza viene un monito:

Il monito che viene oggi dal Comitato d'Intesa rimane in tutta la sua validità di prospettiva che individuava, nella bolscevizzazione e nella politica dell'Internazionale, l'inizio di quel processo di degenerazione strutturale, ideologica e politica del Partito Comunista d'Italia, ormai asservito allo stalinismo e ai mutevoli orientamenti dello Stato sovietico entrato nel fronte dell'imperialismo.

Che di questo si trattasse è dimostrato dalla fine di quella esperienza. Il tentativo di rilanciare il dibattito nel Partito e nella Internazionale sui nodi centrali del momento, veniva stroncato dal ricatto ipocrita della Internazionale. Scese in Italia l'inviato di Mosca, Umbert Droz e, come egli stesso racconta, intimò lo scioglimento del Comitato in cambio della assicurazione che gli stessi temi e problemi sarebbero stati rilanciati a cura della Internazionale in tutti i Partiti e fra i Partiti.

Ai compagni, legati al Partito da anni di milizia e fiduciosi nella capacità di ripresa del partito di classe, questo bastò. Penserà poi Stalin, rispondendo a Bordiga nell'Esecutivo Allargato del 1926, a sciogliere ogni dubbio.

Di fatto la politica del Comintern, ormai legato a Nosca in un rapporto di dipendenza, si riduceva alla difesa dello Stato russo, nella tattica detta della "stabilizzazione", anche se nelle dichiarazioni verbali e astratte ancora si parla di rivoluzione internazionale. Mentre a Londra viene varato il famigerato comitato anglo-russo, in Italia passano le leggi eccezionali. Il fascismo ha vinto definitivamente, i comunisti vanno in galera e con loro Damen, condannato a 12 anni. E intanto la bolscevizzazione va avanti nel PCd'Italia e con essa l'emarginazione della Sinistra. Il Congresso di Lione è una truffa che neppure gli storici picisti come Spriano riescono a nascondere del tutto. Abbiamo già sentito il giudizio di Onorato sull'apparato, ed è questo apparato che sostituisce il corpo del Partito a Lione. Sentiamo ancora come fu possibile portare tutti i funzionari dalla parte del Centro:

Pochi sanno che subito dopo Gramsci convocò i funzionari del Partito che avevano partecipato al Convegno di Napoli (del Comitato d'Intesa nel 1925) e pose loro il solito dilemma amministrativo: o voi eseguite e difendete la politica del Partito che vi paga, o verrete licenziati. È sulla base di questo "puttano" ma pur sempre efficace dilemma, si ebbe la conseguente vergognosa capitolazione di tutti, diciamo tutti, come se la milizia di un rivoluzionario nel suo partito di classe fosse diventata ad un tratto merce di contrattazione.

Con la vittoria di Lione, la relativamente lenta opera dei nuovi socialdemocratici contro la Sinistra riceve nuovo impulso e inesorabilità. Il compagno Damen esce di galera nel 1933, ma è ancora in carcere, proprio nel 1933, che apprende leggendo i giornali fascisti di essere stato espulso dal PCd'I. Ormai è fuori da ogni possibilità, anche teorica, l'obiettivo di operare per il raddrizzamento del Partito. Non tutti i compagni che pochi anni prima erano nella Sinistra avranno la forza di resistere sulle proprie scomode posizioni.

Onorato Damen ed altri, però, resistevano. Si trattava di star saldi in aderenza al marxismo e da quel perfetto punto di osservazione esaminare gli accadimenti della storia, tutti ormai sfavorevoli al proletariato.

C'era già stato l'episodio cinese; nel 1936 la guerra di Spagna come banco di prova delle forze che si sarebbero impegnate nella guerra mondiale; l'involuzione complessiva ed accelerata della situazione russa con le purghe staliniane contro tutta la vecchia guardia bolscevica. Un cumulo di tragiche esperienze, insomma, di fronte al quale stava la necessità di una analisi condotta a stretto filo di classe.

Cosa era accaduto e stava accadendo in Russia? Lì era la domanda chiave alla quale erano collegate tutte le altre. Si trattava cioè di riprendere l'analisi dell'imperialismo e soprattutto la definizione delle sue forze, perché se in Russia si ricostruiva su basi capitalistiche, allora non poteva trattarsi che della elevazione di un nuovo polo imperialista, sia per l'estensione e ricchezza del territorio e sia per la contrapposizione agli altri fronti ereditata dalla guerra civile del 1918-22.

Attorno a questi problemi si avvia la elaborazione del Centro Interno della Sinistra italiana, che consentirà ad esso di dichiarare definitivamente e nettamente, già di fronte alla guerra di Spagna, che le forze...

centriste si sono ormai rese schiave di una nuova forza imperialista retta a capitalismo di Stato: la Russia ex-sovietica.

Ancora in quegli anni Damen è in galera: durante la guerra di Spagna e poi ancora allo scoppio della Seconda guerra mondiale (prima galera e poi confino). Ed è dalla galera che gli avvenimenti che pesano sulla classe vengono esaminati, criticati per trarne le lezioni per la riconquista della piattaforma rivoluzionaria; è dalla galera che si tengono i contatti clandestini con i compagni fuori, per ricucire una rete organizzata. Se ciò fu possibile, e lo fu per il compagno Damen, ciò testimonia di quanto possa la aderenza al metodo e ai principi comunisti.

Anche la lettura dei giornali, anche il filtraggio dalla stampa borghese e fascista consente ai marxisti di stare al passo con gli avvenimenti e trarne le lezioni sul da farsi. E allo scoppio della Seconda guerra mondiale non potevano più esserci dubbi: bisognava passare ad operare da partito. Come nel 1915, il problema di fondo è quello di una opposizione coerente e fattiva alla guerra, per la trasformazione della guerra in Rivoluzione Proletaria con lo scontro politico frontale con tutte le forze nemiche o traditrici.

Nel 1943 si accendono superbi fuochi di classe al Nord e il Partito non ha ancora avuto il tempo di operare e radicarsi nella classe. Ma se possiamo oggi, con Onorato, criticare il ritardo del 1921, se possiamo discutere sulla responsabilità politica delle forze agenti allora (cosa alla quale mai Damen si sottrasse dando anzi il migliore contributo), non possiamo fare altrettanto per il 1943. Il Partito fu costruito dalle e nelle galere. Damen è al confino quando appaiono i primi volantini del Partito Comunista Internazionalista, e tutti sono nella più stretta clandestinità. Ed è ancora in queste condizioni che viene pubblicata la prima serie di Prometeo, giornale del Partito Comunista Internazionalista.

Dal numero del 1 dicembre 1943, leggiamo il capo b) dell'articolo La Russia che amiamo e difendiamo, uno dei documenti più significativi della caratterizzazione unica, classista, rivoluzionaria del nostro Partito contro la guerra per la Rivoluzione. Eravamo Partito e agivamo da Partito contro il fronte borghese di tutti gli altri. Per questo, nel 1945, Togliatti e il PCI chiesero al CLN la condanna a morte, come sabotatori e con la calunniosa etichetta di agenti della Gestapo, dei dirigenti del Partito Comunista Internazionalista, primo fra tutti Onorato Damen.

Ma nessuno, tanto meno Damen, si sottrasse al proprio dovere di rivoluzionario: la lotta alla guerra si prolungò nella lotta alla ricostruzione borghese, e il nostro Partito resistette.

Dalla fondazione del Partito ad oggi, altre lotte, ed anche altre amarezze hanno impegnato Damen: la rottura del 1952 per tutte. Ma non è mai venuto meno il suo contributo alla lotta per ripristinare l'organizzazione politica atta alle battaglie rivoluzionarie del proletariato.

Ed è proprio in questi momenti che più grandi si fanno le figure come quella di Onorato.

La nuova crisi di accumulazione del capitale ha messo in crisi un certo marxismo, quello degli intellettuali allo sbando, degli stalinisti e dei socialdemocratici. Ma non il marxismo dei rivoluzionari, che questa crisi aveva previsto e da tempo esaminato. È esattamente il marxismo che resiste oggi nel Partito e nell'insegnamento di Onorato. Lo sbando della ideologia borghese, camuffata da sinistrismo, è lo sbando di chi ne è stato per tanto tempo inconscia vittima, e nel quale l'unico punto di riferimento dovrà essere la Sinistra comunista, il Partito internazionale del proletariato.

Onorato ha contribuito enormemente a creare i quadri atti a resistere e a gettare sin da oggi le fondamenta politiche e organizzative della ripresa e del futuro Partito internazionale del proletariato.

Come militanti creati dalle battaglie di compagni come Onorato Damen, giuriamo di raccogliere il suo insegnamento.