Sindacalismo: alcuni e fatti e qualche conclusione

Alla manifestazione del sindacalismo "alternativo"

Il ferocissimo attacco alle pensioni è un fatto.

Il vero e proprio scippo del TFR a vantaggio dei fondi pensione, alcuni dei quali gestiti da sindacati e Confindustria è un altro fatto incontestabile.

La fine delle speranze di un posto di lavoro più o meno fisso è stata sancita dal Presidente del Consiglio, ed è dunque un fatto ufficiale.

Altri "fatterelli" fanno da contorno: privatizzazione della scuola pubblica; sistematico smantellamento dei servizi sanitari; privatizzazione del sistema trasporti (con l'aumento della insicurezza degli stessi, l'aumento dei prezzi e il peggioramento delle condizioni di viaggio di chi lavora) e altro.

E non va dimenticato che gli stessi fenomeni si presentano, in combinazioni diverse quanto a intensità, ma con risultato complessivo uguale, in tutti i paesi avanzati (dalla GB agli Usa, dal Giappone alla Francia).

Ovunque, e specialmente in Italia, esistono i sindacati e ovunque i sindacati si comportano come in Italia.

Una prima conclusione: non è - evidentemente - per la cattiveria o perversità personale di questi o quei sindacalisti che siamo arrivati a tanto. Cioè, se il sindacato ha finito, OVUNQUE, di difendere gli interessi dei lavoratori, ciò è dovuto ad altro che non alla cattiva politica dei sindacalisti.

La realtà è, e ce ne avevano avvertito già Engels e Marx 150 anni fa, che il sindacato è portato a difendere innanzitutto se stesso e la sua ragione d'essere, che è la contrattazione. Ed oggi il capitalismo non ha più spazi per contrattare con il lavoro, lo può solo attaccare.

Negli ultimi vent'anni il salario reale è diminuito e 30 milioni di posti di lavoro sono andati perduti in area Ocse; le forme precarie di lavoro sono aumentate e tendono ad essere dominanti; i servizi sono stati smantellati. E ancora non basta. Nonostante i profitti assoluti in crescita, il capitalismo mostra la corda e l'accumulazione è bloccata. Il capitalismo on torna certo a contrattare solo perché si cambia sindacato.

La difesa degli interessi operai non passa allora dalla via sindacale.

La storia anche recente ha dimostrato che le poche volte in cui i lavoratori sono riusciti a difendersi o solo accennare una intransigente difesa dei propri interessi, si sono organizzati fuori e contro i sindacati ufficiali, in organismi di lotta di tipo assembleare, coordinati attraverso delegati eletti e revocabili. (Polonia 80, minatori inglesi 86, minatori rumeni 1999).

È allora verso gli organismi di base, assembleari che bisogna puntare per la difesa, inizialmente punto per punto, dei lavoratori sui posti di lavoro.

Non saranno mai leggi e codici a fermare o "invalidare" le assemblee dei lavoratori e i loro organismi diretti quando organizzano le lotte di difesa da licenziamenti, precarizzazioni, taglio dei salari, aumenti degli orari.

Ne' basteranno le leggi dello stato borghese a fermare il coordinamento locale, regionale nazionale, di questi organismi e delle loro lotte.

Due sono dunque i compiti delle vere avanguardie di lotta del proletariato:

  • spingere sul posto di lavoro contro tutti i sindacati verso l'organizzazione di base dei lavoratori;
  • avviare sul terreno politico il coordinamento degli organismi stessi, organizzandosi nell'unico organismo che può fornire una direzione politica genuinamente classista, e dunque rivoluzionaria, alla difesa dei lavoratori, trasformandola in attacco capitalista, per la rivoluzione proletaria per l'internazionalismo comunista.

È questo il terreno sul quale si muovono gli internazionalisti.

PCInt