Il dopo Kosovo

Gli Usa sottraggono alla Russia l'oleodotto del Caucaso e le impongono il disarmo in Cecenia

Avevamo detto che l'intervento americano in Kosovo di umanitario aveva solo l'arrogante giustificazione ma che in realtà nella piccola regione balcanica si stava giocando una partita la cui posta era rappresentata dal controllo e dalla gestione del petrolio caucasico. Avevamo aggiunto che nella strategia Usa, per raggiungere l'obiettivo occorreva:

  1. spianare politicamente il campo nella regione a sud est della Yugoslavia per favorire l'eventuale passaggio di uno degli oleodotti del Caucaso;
  2. tagliare completamente fuori la Russia e l'Iran da qualsiasi ingerenza nella gestione geografica ed economica del petrolio caspico;
  3. Costringere l'Europa ad accettare il progetto americano senza interferire sulle linee strategiche e finanziarie legate al petrolio e alla sua rendita;
  4. distruggere, con la violenza delle armi, le resistenza della Yugoslavia quale possibile alleato della Russia nella solita questione petrolifera;
  5. mostrare a nemici e alleati che l'unico imperialismo in grado di decidere i percorsi negoziali di pace, così come e quando intervenire militarmente, è quello americano;
  6. estensione della Nato, ovvero dell'ombrello militare americano a tutti i paesi dell'est europeo sino ai confini della Russia.

La conferma viene dal recente vertice d'Istanbul dell'Osce nel quale si sono realizzati alcuni obiettivi geo-politici che la guerra del Kosovo aveva sollevato. Innanzitutto va rilevato come gli Usa non solo abbiano imposto la loro ingombrante presenza in un vertice europeo sulla sicurezza in Europa e - come ha dichiarato lo stesso Clinton, non proporranno al Congresso la ratifica della Carta sulla Sicurezza europea (che peraltro gli Usa hanno firmato a Istanbul) se la Russia non accetterà di ridurre il suo potenziale bellico del 10% e non opererà per una soluzione pacifica della crisi cecena. È come affermare che la sicurezza europea può passare solo attraverso il patrocinio americano, e che la questione caucasica, con i relativi attriti con Mosca, è di pertinenza americana e non di altri, se non in maniera subalterna.

Il che introduce la questione di fondo: il petrolio caspico, i vari corridoi di trasporto in direzione est ovest, le relative bretelle nord sud, le vie di commercializzazione e la rendita che ne deriva. Non per niente, mentre si discuteva in una sala dell'ex palazzo del Pascià i termini del trattato per il disarmo e le funzioni militari dell'Osce, in una sala attigua si sono decise le sorti del passaggio dell'oleodotto del mar Caspio. Clinton è riuscito a far firmare al presidente Aljev dell'Azerbaijan e a Shevarnadze della Georgia un accordo - contratto con il turco Demirel per il transito del petrolio caspico da Baku a Ceyhan in Turchia con l'approvazione del Kazakhistan e del Turkmenistan. Delle quattro dorsali che dovrebbero portare il petrolio da Tengiz, capitale petrolifera del Kazakhistan in Cina, in Albania - Kosovo attraverso il Mar Nero e nell'oceano indiano via Turkmenistan - Afghanistan questa sarebbe la prima concordata attraverso un trattato internazionale e coperta da uno stanziamento di circa 3 miliardi di dollari da parte del Fmi. Il progetto comporta la totale esclusione del territorio russo dalle linee di percorrenza dell'oleodotto. Le richieste di Mosca prevedevano invece che si utilizzasse il vecchio oleodotto Baku - Novorossik sul Mar Nero, oppure la costruzione di uno nuovo, dal Kazakhistan al Mar Nero passando dal Daghestan e dalla Cecenia, attraverso il territorio russo sino a Novorossik.

La manovra è chiara e perentoria. Dopo la guerra del Kosovo, che è stata la prova di forza con cui si dovevano creare tutte le condizioni per la gestione del petrolio caucasico, gli accordi Osce di Istanbul devono politicamente e operativamente metterne in atto le premesse. Il petrolio può arrivare in Europa via Turchia per soddisfare le necessità energetiche dei paesi europei e israeliane a condizione che la sua gestione sia appannaggio dell'imperia-lismo americano, senza interferenze e rivendicazioni di sorta da parte di altri paesi, tantomeno quelli dell'area interessata. La Russia, sia nell'immediato che in proiezione futura, non deve entrare nella questione per nessun motivo, nemmeno per quello geografico di transito dell'oleodotto. Il suo isolamento deve compiersi sia alla fonte dell'estrazione del petrolio caspico, area caucasica, che nei terminali mediterranei (Turchia e penisola balcanica) rendendo vano lo sforzo militare in Cecenia per mantenere sotto controllo un'area dalla quale ormai non passerà più una sola goccia di petrolio. Intanto sta producendo i suoi frutti avvelenati l'altro accordo con Arabia Saudita, Kuwait e Messico per aumentare il prezzo del greggio di produzione Opec. Dai nove dollari di maggio 99 si è arrivati agli attuali 24 - 25 con tutte le conseguenze economiche del caso. Aumento dei costi di produzione per le economie europee e giapponese, inflazione che rialza la testa, e soprattutto ulteriore aumento della rendita petrolifera che si esprime in dollari. Queste sono le leggi della globalizzazione che, per il momento, sono scritte e interpretate dall'unico imperialismo rimasto sulla scena internazionale dopo la fine della guerra fredda e che paga il proletariato internazionale stretto nella ferrea morsa rappresentata dagli obiettivi imperialistici e dalle opportunistiche manovre dei vari nazionalismi.

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Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.