Contro tutte le gabbie del capitale! Immigrati e operai "nazionali": stessa classe, stessa lotta!

Proseguendo nell'ipocrita campagna terroristica, la borghesia si prepara ad aprire altri campi di concentramento per gli immigrati. E non è finita. Coerente col suo ruolo di imperialista straccione, benedetto dalla Chiesa (che vede la possibilità di allargare influenze e giro d'affari) il capitale italiano, per mezzo delle sue bande parlamentari, sta disponendo l'esportazione dei campi oltre mare; per adesso in Albania. Ancora una volta, la borghesia, così generosa nel distribuire bombe "umanitarie", sparge a piene mani sofferenza e morte - di casa nei centri di "permanenza" - per rendere più precarie e ricattabili le condizioni del proletariato migrante e, per questa via, anche di quello "nazionale". E quest'ultimo, finora, tace. Ma la cosa non stupisce. Infatti, quando il proletariato è in difficoltà e soprattutto quando, privo di riferimenti politici anticapitalisti è per forza di cose schiacciato dall'ideologia borghese, o si chiude nell'indifferenza o dirige la sua rabbia sull'obiettivo sbagliato, cioè sui settori meno "garantiti" della sua stessa classe.

E dire che la consistenza dei flussi migratori di oggi è ben lontana da quella dell'inizio del secolo o degli anni '50-'60, perchè il contesto economico è profondamente diverso. Allora, il movimento migratorio avveniva in una fase di espansione del ciclo di accumulazione capitalistico e gli emigrati finivano in gran parte nelle grandi fabbriche, dove, potenzialmente, esistevano più favorevoli condizioni di lotta. Oggi, invece, sono le convulsioni di un capitalismo in crisi profonda a spingere masse di disperati verso una "America" che non c'è più. Le crisi finanziarie devastanti sempre più frequenti, le guerre locali scatenate dalle opposte bande di borghesie locali manovrate dalle grandi potenze, sbattono alle porte delle metropoli capitalistiche esseri umani privi di tutto; ma le grandi fabbriche sono state ridimensionate e milioni sono i disoccupati. Il quadro è completato da un costante peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro di tutti i lavoratori salariati, "nazionali" e immigrati: precarietà, flessibilità, aumento dei ritmi e degli infortuni, abbassamento del salario.

È ancora vero che gli immigrati vanno a svolgere i lavori meno qualificati e spesso di tipo schiavistico, ma in un contesto che vede, appunto, un progressivo degrado per tutta la classe operaia (intesa in senso lato). Sintetizzando, si potrebbe dire che i lavoratori italiani (ma anche inglesi, francesi ecc.) tendenzialmente stanno diventando a loro volta degli "immigrati". Infatti, l'obiettivo del capitale internazionale di spingere i salari al di sotto del loro valore, per alimentare sia il profitto industriale che la quota crescente della rendita finanziaria, fa sì che ci sia un progressivo livellamento verso il basso della classe operaia planetaria, poichè oggi il punto di riferimento del padrone è il salario degli strati più poveri e sfruttati del proletariato mondiale.

Così, però, forse per la prima volta, il capitalismo tende a unificare veramente, sul piano delle condizioni materiali di vita, la classe operaia del mondo intero; quindi, se mai come oggi la lotta degli operai italiani è la stessa di quelli americani, rumeni, ecc., a maggior ragione è assurda la separazione tra immigrati e proletariato "nazionale". Allora, la strada che bisogna prendere per rompere le gabbie del capitale non è quella dei demagogici richiami a impossibili "redditi di cittadinanza" o ad altrettanto inutili (oltre che ridicoli), appelli alle istituzioni borghesi, ma quella dell'unità di lotta contro tutti i padroni e i loro servi sindacali, contro tutti i governi, contro tutte le nazioni, per il superamento rivoluzionario di questa società!

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