Democrazia proletaria o autocratismo

Nell'ultima versione interpretativa di Bordiga, successiva a quella degli anni Venti, il centralismo organico diventa in realtà la negazione di ogni metodo pratico di organizzazione della vita interna del partito. Il rifiuto è pregiudiziale, soprattutto quando e se vengono chiamati in causa i meccanismi democratici della eleggibilità degli organi centrali ed esecutivi, delle convocazioni congressuali e della accettazione del loro potere sovrano, della amovibilità di dirigenti e funzionari, eccetera.

Pur partendo da una corretta critica alla interpretazione data dai trotzkisti, secondo i quali l'antidoto al liquidazionismo stalinista del programma rivoluzionario comunista era rappresentato da un ritorno a sane norme organizzative e regole democratiche, Bordiga riduceva meccanicamente "il giusto orientamento dello sviluppo del partito" a una semplice "definizione dei fini e dei mezzi della lotta rivoluzionaria".

La successiva "applicazione, senza esitazioni, del catechismo del partito" avrebbe dovuto realizzare una selezione quasi spontanea degli organismi stessi del partito. L'elemento essenziale diventava allora "il rispetto del programma, della tradizione storica e ideologica del movimento comunista". Dietro questa etica astratta, ecco la formula magica del centralismo organico, il cui contenuto pratico era costituito - nelle esternazioni di Bordiga - dalla "dittatura dei principi" realizzata in sostanza dalla "dittatura dei comitati e perfino di individui" (attribuendo invece a noi di Battaglia le smanie di "libertà individuali o collettive"). Infine, se chi incarna "l'autorità del programma" (in qualità di suo unico e indiscusso elaboratore, applicatore e controllore) avrà anche plasmato a propria immagine e somiglianza "la struttura interna del partito", ecco che "la disciplina della base alle decisioni del centro è ottenuta col minimo di attriti"...

Questo era il pensiero bordighiano negli anni Sessanta (Chi siamo e che cosa vogliamo, edito nel 1969 da Programma Comunista, a pag. 26). E poich‚ il centralismo, nel partito, non è più democratico ma organico, altrettanto sarà per lo Stato proletario. Conclusione finale: la dittatura del proletariato è uguale - senza tante distinzioni e giri di parole - alla dittatura del partito. (3)

Le dimostrazioni pratiche della innovativa "condizione sine qua non della persistenza del partito come organismo rivoluzionario", non sono mancate nella lunga serie di messe in dubbio della "esistenza" del cosiddetto partito mondiale. Giusta, questa volta, la conclusione del discorso fatto da Bordiga: "mentre una vera e propria dittatura di individui diviene necessaria allorch‚ la tattica del partito si emancipa dall'autorità del programma, suscitando tensioni e urti di cui si viene a capo solo in virtù di misure disciplinari, come accadde nella Internazionale ancor prima della vittoria di Stalin". E come è accaduto puntualmente in Programma.

Nel bordighismo, dunque, è prevalsa la tendenza a concepire con punte di meccanicismo anche le questioni d'organizzazione; la indispensabile centralizzazione si è risolta nei fatti con il trascurare l'applicazione di una articolazione dialettica e reale nei rapporti tra centro e base del partito. Il centralismo organico diventava così, specie tra gli epigoni, la formula magica per assicurare non tanto il funzionamento pratico del partito quanto piuttosto la preservazione, e la continuità, del pensiero personale di Bordiga. La preoccupazione era cioè solo di carattere teorico-idealistico, non organizzativo n‚ politico. Ciò non di meno, la pretesa organicità investiva la coordinazione e la strutturazione del partito, negando a priori gli aspetti e le necessità organizzative a livello collegiale.

Chiaramente, l'organicità della teoria e del programma è un principio fondamentale, ma non è un meccanismo di funzionalità dell'organizzazione partitica. Può persino degenerare, dietro la proclamazione del principio dell'invarianza, in una interpretazione che il Centro fornisce sia del programma che della tattica, vietando ogni confronto e discussione. Una interpretazione che, comunque, deve essere accettata e applicata secondo le direttive imposte e mettendo a tacere ogni richiesta di chiarimenti.

Per giustificare la pretesa coerenza del Centro - identificato nella persona del Capo - con il programma e le posizioni politiche del partito, oltre che con la teoria, e quindi per sostenere la incontestabilità delle sue direttive, si confonde la indispensabile invarianza della teoria e del metodo critico con l'antistorica invarianza del programma politico.

Fra gli epigoni non si escludeva, tuttavia, la "eventuale modificazione tattica delle attività di intervento". Con l'aggiunta di una punta di ipocrisia politica, laddove si riconosce che "tesi e posizioni politiche generali non sono perfetti". Si tratterebbe di "semilavorati, materiale in continua elaborazione, da migliorare e completare nella forma ". Tant'è che il partito mondiale, previa visione e approvazione del Capo, Bordiga, non respingeva "l'apporto di contributi ammirevoli anche da elementi giovanissimi"...

L'infallibilità dello spirito organico...

Naturalmente, nessuna centralizzazione, organicità, democrazia interna o quanto altro, possono garantire dai pericoli di deviazione. Così come non esistono soluzioni certe e inoppugnabili alla questione della direzione, della assegnazione di incarichi, funzioni e responsabilità. Ciò che resta fondamentale è la coerente difesa e riproposizione della piattaforma del partito, approvata nelle assise congressuali. Ma fissati il programma, la strategia e la tattica, rimarrà sempre aperta la questione, formale, del metodo d'organizzazione, poich‚ il centralismo organico si limita - in questo campo - a giustificare l'imposizione di un consenso e di una disciplina fini a se stessi. E in tale logica, chi non si trova d'accordo in tutto e per tutto col Centro, non può che esser mosso da "questioni personali", sostenere "fesserie" e quindi dovrà andarsene col proprio "disagio politico". Ovvero: "dialetticamente si auto-espelle" in ossequio alla selezione naturale biologica...

Ai capi, si dice, non viene data nessuna delega permanente. A loro viene però riconosciuto il diritto in esclusiva di elaborare e deliberare, riducendo il partito a un passivo esecutore di ordini. È sufficiente la dichiarazione della loro infallibilità teorico-politica, per esentarli da ogni obbligo di confronto e discussione. Contraddittoriamente, si ammette poi come un fatto normale l'emergere di dissensi all'interno del partito. Ma quando il dissenso si trasforma in "divergenza argomentata", i bordighisti mostrano i muscoli. La lotta politica interna, a questo punto ammessa come inevitabile, "va portata avanti con metodi e mezzi politici coerenti". Per chi vorrebbe un minimo di chiarezza in più, la risposta è: "difesa (leggi: disputa a spintoni e cazzotti) del patrimonio e dei mezzi materiali di attività del partito stesso" (Il Comunista). Ovvero, la via organica dello... scontro fisico.

Il centralismo organizzativo del partito può funzionare in due modi: burocraticamente, quando il centralismo è solo di facciata, e democraticamente, intendendosi con ciò non "la libertà d'opinione e d'espressione" come antidoto alle cadute degenerative del partito stesso. L'applicazione democratica del centralismo non ha poteri taumaturgici; non è la garanzia contro errori e deviazioni, e neppure pretende di assicurare l'Autorità del movimento politico. È però l'unica formula organizzativa di cui disponiamo, lo strumento, l'accidente tecnico che meglio può nella pratica della vita del partito tenere legati e regolare i vari passaggi fra principi, teoria, tattica e organizzazione dei militanti.

E in proposito si può constatare come il "rafforzamento" delle varie organizzazioni bordighiste in questo mezzo secolo (fra sbandamenti, lacerazioni e crisi costanti) sia stato inversamente proporzionale al massimo sfoggio di posizioni e tesi risolutive, alle compiaciute affermazioni di chiarezza e omogeneità, di compattezza e potenza degli studi teorici. O le debolezze nascono da inadeguatezze teoriche?

La complessa questione della vita organizzativa del partito, del suo funzionamento pratico, viene risolta dal bordighismo degli anni '50/'60 con la proclamazione della "dittatura del programma sia sulla base che sui vertici del partito". Inutile chiedersi: chi elabora il programma, la piattaforma politica, la "traiettoria" del partito? Tutto era già stato scritto, da Bordiga, il quale dichiarava - per esempio - che gli unici lavori validi di impostazione teorico-politica, prodotti dal partito nel periodo 1945/'51, erano i suoi Fili del Tempo, pubblicati su Battaglia comunista, e gli altri suoi testi (le "solide basi dottrinali") pubblicate nello stesso periodo su Prometeo.

Il partito - così sostiene il bordighismo - non deve funzionare nè in modo democratico nè in modo burocratico, (anche se però qualche nascosta simpatia per la "ferrea" centralizzazione burocratica aleggia qua e là). È sufficiente, dunque, dichiararsi fedeli allo spirito organico del centralismo, "unica possibilità per mantenere ferma la rotta vittoriosa". Ovvero, "la conquista collettiva degli aderenti all'organizzazione del partito del proprio programma rivoluzionario".

È facile obiettare, a questo punto, come quell'artificioso consenso si trasformi, anzich‚ in un punto di forza, in un vero e proprio suicidio politico. Ed è altrettanto facile dimostrare come invece, nel concreto operare del partito, il centralismo democratico presenti proprio le caratteristiche migliori per rendere possibile (non certo per garantire, lo ripetiamo) un lavoro comune tra il centro direttivo e la base del partito; un collettivo dibattito sui problemi, interni ed esterni, capace di evitare il sedimentarsi di incomprensioni e discordanze, e di ricondurre la direzione del partito a una effettiva centralizzazione.

Non si tratta cioè di dar credito in assoluto alle maggioranze nel partito perch‚ queste non potrebbero mai sbagliare, ma di verificare che alla maggioranza del partito siano ben chiari i principi, le linee politiche e tattiche, non attraverso rapporti puramente gerarchici bensì di profonda convinzione. È di grande importanza conoscere le opinioni dei compagni sulle indicazioni che il partito dà e sulla sua stessa conduzione. L'attività politica non può fondarsi sulla pretesa di una cieca fiducia nei capi e capetti di un centro che non si confronta mai con la periferia. Non sarebbe neppure sufficiente il correttivo di rendere, almeno, di "pubblico dominio" la strategia e i piani tattici elaborati in alto. Occorre che dal basso possano arrivare - attraverso il meccanismo democratico, poich‚ altri non ne conosciamo n‚ ci vengono indicati - le conferme sulla giustezza delle piattaforme e delle linee politiche. Se un dubbio o un dissenso c'è, è necessario che esso venga alla luce e sia conosciuto da tutti i membri del partito.

Simpatie idealistiche e scelte autocratiche

Ma che cosa c'era in realtà dietro l'ostentazione di un viscerale odio contro alcuni strumenti e meccanismi democratici, quando sono usati dal proletariato nella sua lotta rivoluzionaria per la dittatura di classe? I comunisti combattono il sistema democratico imposto dalla borghesia come forma di governo interclassista, come valore di consenso e pace sociale sotto il dominio capitalistico. Lottano contro l'illusione della libera scelta politica, della libera espressione, della uguaglianza politica, eccetera. Perchè, allora, insistere in questa confusione; perchè ignorare che la democrazia borghese, in quanto forma politica e ideologica di uno storico dominio di classe, non ha niente a che fare con la pratica di una democrazia proletaria, limitatamente applicata entro i confini della classe e rivolta a colpire gli interessi della classe avversa?

È bene ricordare che il bordighismo (nelle sue simpatie verso un certo autoritarismo burocratico) giunse fino a preferire la formula politica apertamente dittatoriale del fascismo-nazismo, affermando fra l'altro che sarebbe stato "un grande merito storico e un indirizzo utile alla nostra grande causa" quello perseguito dal programma stalinista col fine di "hitlerizzare" anche l'Inghilterra dopo aver sconfitto la Germania (Programma Comunista, n. 17 - 1961).

Le forme totalitarie borghesi di gestione economica e politica, spinte ai loro estremi, sono per il bordighismo preferibili, e applicabili, in quanto rappresenterebbero un utile passo avanti della storia verso la rivoluzione. Forse perch‚ il capitalismo russo doveva essere considerato - questo era il dettato di Bordiga - in uno stadio economico (impresa senza proprietà) ovvero in una "nuova forma sociale" superiore a quella dominante nell'area occidentale?

È vero invece che la democrazia e il fascismo sono due ideologie e due modi politici di essere della dominazione borghese. La lotta fra la democrazia e il fascismo è una manifestazione esteriore delle contraddizioni interne del capitalismo giunto alla fase imperialistica del suo sviluppo economico. All'interno di questo suo stadio ultimo, il capitalismo monopolistico coesiste dialetticamente con le sopravvivenze economiche, ideologiche e sociali del vecchio capitalismo della libera concorrenza. Non bastano quindi le semplici enunciazioni teoriche contro la democrazia e contro il fascismo, o peggio ancora le "simpatie" idealistiche verso l'una o l'altro. Occorre tradurre in posizioni politiche e indirizzi tattici un atteggiamento altrimenti destinato a produrre soltanto un compiaciuto indifferentismo.

Tornando alla questione del centralismo organico nella interpretazione del tardo bordighismo, è evidente come essa faccia capo al problema di fondo sulla natura e la struttura del partito di classe; un problema che - di fronte alle macerie della Terza Internazionale e del P.C.d'Italia dopo Lione (1926) - ci viene riproposto con una soluzione non più dialettica nè storica.

Un meccanismo come, per esempio, quello elettivo non può essere aprioristicamente inteso e respinto come una infezione democraticistica, quando invece si tratta di un suo uso nel partito e nella classe operaia affinch‚ il partito stesso possa funzionare come guida tra le masse proletarie, e da queste ricevere in cambio il necessario appoggio. In questi rapporti vicendevolmente dialettici tra la base e il vertice, tra la classe e il partito, l'attributo democratico che accompagna il centralismo non è - ripetiamolo - che l'accidente tecnico in grado di consentire la realizzazione della sintesi essenziale; in grado di concentrare nel partito le spinte dinamiche provenienti dal movimento della forza sociale, la classe operaia rappresentata dal partito. L'obiettivo è di trasformare quella potenziale forza in attiva forza politica rivoluzionaria, programmata e organizzata verso il conseguimento dei propri fini storici.

Ben altra cosa - e su ciò nessuno di noi ha mai avuto la minima intenzione di transigere...democraticamente - è la dittatura che deve essere applicata nei confronti della borghesia sconfitta. Così come fondamentale rimane la costante denuncia dei caratteri e del contenuto di classe della attuale democrazia.

La conquista di influenza del partito sul proletariato e il riconoscimento da parte del proletariato del suo partito, al di là delle declamazioni retoriche e astratte, non trova altre possibili soluzioni concrete. L'unica strada percorribile è quella di rapporti e metodi fondati sulla partecipazione e il consenso politico del proletariato, e quindi la maturazione teorica e la presa di coscienza di sempre più ampi strati della classe. La scelta, fondamentalmente idealistica, di regole autocratiche e ordini dogmatici ("Qui è la verità, qui inginocchiati") vorrebbe significare la trasformazione del partito di classe in un superiore "partito dell'intera specie umana". Questo dopo che, per alcuni epigoni del bordighismo (Il Comunista), il concetto leninista del partito quale avanguardia cosciente del proletariato risulterebbe "un concetto equivalente a una riduzione". Mentre il passaggio a una tale elevata qualificazione - la specie umana - risolverebbe il problema, attuale e centrale in tante masturbazioni intellettualistiche, di come formalizzare una organizzazione di rappresentanza politica della classe...

"Identità tattico-strategica e centralizzazione democratica": questi erano e sono gli attributi indispensabili di una struttura partitica di lotta, nella quale i contenuti politici e le forme organizzative si modellano in funzione del perseguimento del fine rivoluzionario, rappresentandone le premesse indispensabili. È operativamente impossibile pensare a un partito, il quale dovrebbe calarsi nella conflittualità delle contrapposizioni di classe facendo da punto di riferimento politico e da espressione degli interessi storici della classe che rappresenta, se tale partito si dimostrasse imbrigliato da un monolitismo ideologico solo apparente e non verificabile. Avremmo cioè un dogmatismo fine a se stesso, che renderebbe il partito incapace di perseguire concretamente una prassi di intervento, tanto tempestiva quanto unitaria ed efficace. E a ciò non si perviene senza un lavoro collettivo di messa a punto della tattica; di verifica delle esperienze e del lavoro politico svolto, sulla base delle prospettive strategiche da rispettare. Soltanto allora il maggior monolitismo teorico e programmatico raggiunto, diviene condizione per la massima centralizzazione in sede esecutiva.

Esattamente il contrario di quanto si ricavava dalle "originali considerazioni" elaborate dal pensiero bordighista negli anni 1951-52; ai tempi, cioè, del "jateve a cucca", quando, poichè i principi erano quelli già letti nel 1921 e prima, e i fatti successivi si dovevano leggere allo stesso modo, non rimaneva altro da fare che la conferma delle passate posizioni e linee tattiche. Di conseguenza, chi meglio di Bordiga poteva vietare a tutti (meno che all'anonimo se stesso) "ogni elaborazione di testi, di indirizzi e anche di studi interpretativi del procedere storico che ci circonda"? (Dal "documento base dell'invarianza", ovvero la nuova Piattaforma del 1951 presentata da Bordiga in aperta contraddizione con tutti i documenti di fondazione - piattaforme comprese - del Partito Comunista Internazionalista nel 1944-45).