Il lavoro interinale piace ai padroni... e molto!

L’introduzione del lavoro interinale in Italia porta la data del Luglio 1993. Questo maledetto accordo dà il via alla pratica della concertazione ed introduce per la prima volta il lavoro interinale che però non sarà sostanzialmente utilizzato dal padronato fino al 1997, anno in cui viene ufficialmente introdotto come forma contrattuale dal governo di centro-sinistra con l’appoggio di Rifondazione. Caratteristica del governo Italiano è di portare le riforme a “spizzichi e bocconi”.

Così un passetto alla volta, stando ben attenti a non urtare la pace sociale, ad aprile 1998 viene introdotta la quota dell’8% di lavoratori interinali possibili per azienda su base annua. Finora la retorica del governo è stata impostata sostenendo l’utilità del lavoro Interinale per i picchi produttivi, e le mansioni ad elevata professionalità. Mai questa forma contrattuale sarebbe stata estesa ai livelli contrattuali inferiori e a quei settori dove più è elevato lo sfruttamento (edilizia e agricoltura) e proprio a causa dei quali era stato abolito il caporalato (di fatto antenato dell’interinale) alla fine degli anni 1950.

Puntualmente nell’autunno 1999, fatta cartastraccia delle promesse dell’anno prima, un accordo concertato tra le parti estende la possibilità di assumere lavoratori interinali alle basse qualifiche nelle fabbriche, e lo introduce anche nell’... edilizia e agricoltura.

Nel 1999 sono stati siglati quasi 300.000 contratti interinali, per il 2000 si stima che aumenteranno a 500.000.

Fogli operai

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Esso concretizza la unitarietà e omogeneità politica delle avanguardie rivoluzionarie a scala internazionale e per questo si caratterizza come un passo avanti, seppur piccolo, nel processo di costituzione del partito internazionale al quale puntano i compagni che lo producono e diffondono.

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