Il vecchio della nuova economia

Più tecnologia, più conoscenze e informatica, più dinamismo e competitività: il risultato è meno lavoro e meno salari

Quando i capi dei Governi europei, i gestori ufficiali degli interessi capitalistici in fase di integrazione europea, prevedono una crescita del Pil del 3% per dieci anni, hanno le stesse probabilità di azzeccare il risultato che può avere chi punta 1.000 lire al superenalotto. Quanto all'ipotesi di 30 milioni di posti di lavoro entro il 2010 (i più prudenti, inglesi in testa, si fermano a 20 milioni), beh, lasciamo perdere...

Intanto, negli agitati sonni delle borghesie europee si trascina il problema di una pur necessaria omogeneizzazione dei comportamenti dei vari Stati in tema di legislazione del mercato del lavoro, imposizioni fiscali, rapporti sindacali, scuola e ristrutturazione finale di quel che resta del Welfare (pensioni, assistenza, sanità). Di sicuro si intensificheranno le stangate, e poiché imperialisticamente parlando le strade da percorrere sono obbligate, non si può affatto escludere una qualche ripresa della lotta da parte di un proletariato al centro di tutti gli attacchi.

Entrando nel merito della cosiddetta "progettualità" capitalistica, e mentre assistiamo all'ennesimo raschiamento di un barile sempre più vuoto, possiamo anticipare la nostra immediata risposta al martellante tam-tam dei mass media: signori, qua nessuno è fesso!

La diffusione delle nuove tecnologie informatiche e telematiche ha come scopo quello di velocizzare elettronicamente i flussi commerciali e finanziari, snellire la burocrazia amministrativa e la gestione dei pubblici servizi, compresi gli appalti comunitari on-line. Alla base di questi obiettivi stanno gli accessi a Internet, l'integrazione e "liberalizzazione" delle telecomunicazioni. Il tutto in funzione esclusivamente della economicità e della competitività nel settore dei servizi, il che significa - ormai lo sanno anche i neonati - perdite di lavoro e di salario, alla pari col settore industriale. Internet e carte di credito falceranno centinaia di migliaia di posti di lavoro, proprio in quel terziario che i borghesi illuminati indicavano fino a ieri come il settore in grado di assorbire milioni di disoccupati. Tant'è che l'imperativo che si accompagna alla affermazione della cosiddetta new economy è la massima flessibilità nell'assunzione e nel licenziamento della mano d'opera, mascherando queste richieste come necessarie per...creare nuovi posti di lavoro. Abbiamo già letto su Battaglia come queste arrampicate sui vetri nella sfera della circolazione delle merci non hanno nulla a che vedere con una sia pure remota possibilità di ridare "sviluppo" alla fondamentale e determinante sfera della produzione delle merci, dove realmente ha la sua origine tutto il valore e il plusvalore su cui si regge la borghese società. Una sfera, quella della produzione, che trascina senza sbocchi la sua cronica crisi del processo di accumulazione del capitale e del saggio del profitto. Crisi tamponabile, per il momento, con i quotidiani attacchi al salario cioè con la costante riduzione del capitale destinato al "reddito" dei proletari.

A questo punto, anche una parte degli "esperti" borghesi ammette fra i denti che da tutto questo dinamismo, da questa velocizzazione delle comunicazioni deriveranno "effetti negativi". In concreto: "misure impopolari", anzi, "penose", e tutti sappiamo bene per chi. Gira e rigira, l'obiettivo è sempre quello: abbattere tutte le "rigidità" che mercato del lavoro, previdenza e sanità non possono più sopportare. O meglio, che il capitalismo non può più concedere oggi e tantomeno domani.

dc

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.