Sullo sciopero delle scuola del 30 maggio

Tra politicantismo e corporativismo i Cobas della scuola soffocano e disperdono la rabbia dei lavoratori

Com'era ampiamente prevedibile, lo sciopero della scuola indetto da Cobas, Gilda e compagnia cantante, è stato un fiasco: i comunicati ufficiali dei promotori parlano di un'adesione del 25-30%, ma solo nelle principali città (e altrove?) e le immagini della televisione (scontando pure la sua solita deformazione dei fatti) mostravano sparuti drappelli di manifestanti sotto il ministero. Insomma, la "grande giornata" del 17 febbraio, che vide il personale scolastico scendere in piazza numeroso, non si è ripetuta; e i Cobas, secondo la loro natura di sindacatino burocratico, velleitario e sbruffone, hanno fatto tutto quanto era in loro potere per disperdere il sussulto di rabbia che aveva scosso il mondo della scuola all'inizio di quest'anno. Contravvenendo alle più elementari regole non solo dell'agire politico, ma anche del buon senso (battere il ferro fin che è caldo), invece di insistere con la mobilitazione, hanno fatto passare ben tre mesi prima di proclamare - rispettando naturalmente le normative antisciopero! - un'altra agitazione. Ma, da veri politicanti incuranti del ridicolo, l'hanno poi rinviata di due settimane, adducendo scuse che hanno dell'incredibile, se non conoscessimo l'animus profondamente opportunista del ceto politico dei Cobas: sebbene essi stessi riconoscano che l'erede di Berlinguer è della stessa pasta del suo predecessore, hanno voluto fare, come dire, gli "sportivi", per "consentire al nuovo ministro di dare segnali di inversione di tendenza". Detto, fatto. De Mauro ha immediatamente accontentato i Cobas, annunciando che l'art. 29 del contratto (la causa scatenante la protesta dei lavoratori della scuola) che prevede i sei milioni (lordi) per un 20% di insegnanti, non solo non si tocca, ma, messo da parte il concorsaccio, addirittura propone che questi soldi siano assegnati ai sedicenti "meritevoli" direttamente dalle scuole ossia dai presidi. In pratica, oltre a ribadire la piena validità di tutto l'impianto contrattuale, il ministro spinge per accelerare l'aziendalizzazione della scuola, cominciando concretamente a far agire i presidi da manager, in tal modo peggiorando (se è mai possibile) i criteri di selezione dei "seimilionisti": dal concorso (per quanto truccato, grottesco e abbietto) alla discrezionalità dei presidi. Bel trionfo, la rimozione di Berlinguer vantata dai Cobas! Essi, invece, da bravi riformisti, non sanno e non vogliono capire che le trasformazioni in atto della scuola sono parte della più ampia strategia del capitale, volta a comprimere verso il basso le condizioni di vita del mondo del lavoro salariato/dipendente, al fine di estorcergli sempre più ricchezza per risollevare declinanti saggi del profitto e alimentare il parassitismo finanziario. Solo chi crede che "negli ultimi anni sono stati cancellati centocinquantamila posti di lavoro, più di quattromila scuole (nonché gli scatti di anzianità) e [...] migliaia di miliardi risparmiate" (Bernocchi, il Manifesto, 11-5-'00) solo perché si sono succeduti governi neoliberisti ossia per ragioni politiche e non perché questa è l'esigenza del capitalismo oggi, può anche tranquillamente illudersi (se è in buona fede...) e illudere che basti una svolta sul terreno della politica istituzionale per cambiare rotta. "Il denaro c'è', dicono i Cobas, e sarebbe quello risparmiato con quei pesantissimi tagli, per cui... sia restituito al personale della scuola! Già; ma se i governi hanno tagliato posti, salari e stipendi proprio per risparmiare, perché adesso dovrebbero restituire ciò che ci hanno legalmente rapinato? Perché i sindacatini sedicenti di base si decidono, dopo molte tentennamenti, a proclamare uno sciopero ogni tre o quattro mesi, quando la rabbia della categoria è già ampiamente rientrata nei soliti binari della rassegnazione e della passività? Oppure perché i suddetti antagonisti da opera buffa vanno in pellegrinaggio dai partiti dell'opposizione con la speranza, forse, di mercanteggiare un po' di voti in cambio di eventuali carriere? D'altronde, la capacità di rivoltare la verità come una frittata - dote primaria del politicantume borghese - Bernocchi, il portavoce dei Cobas, l'ha già ampiamente dimostrata e anche questa volta non si è smentito, se ha avuto il coraggio di commentare il rifiuto dei partiti di governo a incontrare gli scioperanti dicendo che "Questo dimostra che temono il confronto con un movimento di opposizione che sta crescendo" (il Manifesto, 31-5-'00). Strano modo di crescere se, prendendo per buoni i dati Cobas, il 17 febbraio avrebbe scioperato l'80% (?!) della categoria e l'11 maggio le percentuali di cui sopra. In realtà questo è altro è un'ennesima dimostrazione dell'approdo definitivo dei Cobas sulle sponde del politicantismo e del corporativismo più bieco, di cui i volantini firmati in comune con la Gilda sono solo la conclusione formale. Tutte quante le rivendicazioni dei Cobas hanno un carattere nettamente corporativo, lontane anni luce dalla più timida caratterizzazione classista. Si comincia con la richiesta di uno stipendio europeo per gli insegnanti, invece di rivendicare un aumento per tutti i salariati in un momento di ripresa dell'inflazione e di inasprimento dello sfruttamento (di cui è prova anche la crescita degli infortuni sul lavoro), vedendo caso mai nell'aumento dei carichi di lavoro anche del personale scolastico e nella riduzione dell'utilizzo dei precari con l'organico funzionale solo un momento di quella strategia del capitale di cui parlavamo.

Le stesse critiche (o piagnistei) verso il nuovo ministro per non aver ricevuto i Cobas, ai quali preferirebbe i sindacatini confederali e lo Snals, è condotta con l'ottica di chi si vuole sostituire a quest'ultimi, come rappresentanti della categoria, per gestire la concertazione sulla/e riforma/e della scuola. Ovviamente, poi, non c'è accenno al alcuno invito alla categoria affinché lotti a fianco degli altri lavoratori e degli studenti proletari contro l'attacco al salario diretto e indiretto e all'occupazione, ma solo l'intenzione di gestire (cosa peraltro illusoria, come si è visto) questo sciopero e l'altrettanto farsesco blocco degli scrutini - tra l'altro, certe scuole li faranno prima della data prefissata per il blocco - in funzione di un rafforzamento contrattualistico ovvero del ruolo do cogestori riguardo le scelte di aumento, aggiornamento, riforma dei cicli. Per non parlare della questione dei diritti sindacali. Invece di denunciare globalmente le nuove norme antisciopero, invitando i lavoratori a veri scioperi autogestiti e irrispettosi di tali norme (per es., autoconvocazione diretta delle assemblee, oltre e contro ogni regolamentazione) viene proposto come centrale l'obiettivo di eleggere subito le RSU, sempre nella speranza di avere un ruolo maggiore nella contrattazione decentrata su organici, gestione di fondi, formazioni di classi, democrazia nelle scuole ecc.

Insomma, nessuno impedisce ai Cobas di completare la loro trasformazione da ex movimento a sindacatino corporativo (poiché questo è il loro scopo), ma noi ci facciamo un dovere di smascherare la loro velleità, espressa anche il primo maggio, di rappresentare un riferimento per la battaglia politica contro la mondializzazione del capitale e la controffensiva dei lavoratori all'attacco capitalistico.

In conclusione, mentre riaffermiamo e indichiamo anche per il settore scuola le nostre parole d'ordine classiste, individuiamo (da sempre) nei Cobas un avversario politico da battere, tanto più pericoloso in quanto questi sedicenti antagonisti lavorano per la divisione del fronte dei lavoratori e per la passivizzazione, attraverso una delega in bianco, di settori di massa che pur potrebbero, sulla base della loro esperienza, sviluppare una coscienza anticapitalistica. In breve, la ripresa della lotta di classe di parte proletaria dovrà passare sul "cadavere" del riformismo e del corporativismo.

LG

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.