Contro la globalizzazione solo il proletariato può...

Terzo Global Forum

Il tema del terzo Global Forum, "l'e-government (il governo mediante l'elettronica) come strumento di democrazia e di sviluppo", tenuto a Napoli è la classica beffa che si aggiunge al danno già subito dai lavoratori di Napoli e del mondo intero.

Mediante la rivoluzione elettronica applicata all'industria si sono perse decine di milioni di posti di lavoro in area Ocse. Ora che quella rivoluzione viene applicata ai servizi si calcola che si perderanno in breve tempo cinque posti di lavoro su sei. E ora i rappresentanti di più di cento paesi nel mondo si riuniscono proprio a Napoli per studiare come meglio informatizzare anche la amministrazione governativa. E ciò sarebbe strumento di democrazia e di sviluppo! Democrazia e sviluppo?

Democrazia è la classica mutanda con cui destra e sinistra borghese coprono le vergogne del modo di produzione capitalista, e non interessa qui perderci inchiostro. Lo sviluppo, invece, è certo: dell'impresa capitalista e del suo comando sulla sua forza lavoro e sulla intera società.

Il Forum Globale di Napoli è un passo in più nel senso della internazionalizzazione delle forme più avanzate del dominio capitalistico borghese, che è già costata e ancor più costerà miseria e marginalizzazione crescenti delle masse proletarie e semiproletarie nel mondo.

Noi internazionalisti denunciamo questa verità, consapevoli che non sarà un altro modo di interpretare la famosa democrazia a mutarne il corso.

La verità è ancora che la borghesia studia e si organizza per vincere la sua crisi scaricandola sul proletariato e il proletariato ancora subisce gli attacchi senza quasi reagire, o reagendo comunque in modo assolutamente inadeguato rispetto alla portata degli attacchi.

La lotta di classe è a uno dei suoi apici, ma è la borghesia all'attacco. Se si vuol cominciare a rispondere non serve a nulla alternare un sindacalismo di basso profilo sedicente antagonista a manifestazioni "politiche" puramente simboliche, inseguendo le riunioni dei grandi del mondo, invece di lavorare alla crescita di un movimento anticapitalistico a partire dai contrasti sociali esistenti, nelle stesse situazioni dove si è presenti, rifiutando il dualismo dannoso e improduttivo dato da economicismo contrattualistico e politica spettacolo.

Occorre allora ripartire dalle questioni del lavoro e della sua mancanza, dalle lotte sui luoghi di produzione e attorno ad essi, per puntare alla riaggregazione dell'unica forza in grado quantomeno di porre ostacoli all'arroganza borghese: il proletariato.

In questo senso salutiamo i settecento operai coreani della Daewoo che si sono scontrati con la polizia per respingere i licenziamenti e i 250 operai in corteo interno alla Fiat, come le oggi ancora isolate punte di resistenza operaia, possibili avanguardie - purché si eviti la trappola di qualunque sindacalismo - di una ripresa che riporterà all'ordine del giorno le questioni centrali: per che cosa lavorare, per il profitto o per i bisogni umani?

Che società è quella dove il possibile risparmio di lavoro/fatica umana si traduce in povertà o miseria per un numero crescente di uomini, donne e bambini?

Perché lasciare gli indubbi vantaggi del progresso tecnologico alla classe che si serve di questo per il profitto, facendo così scempio dell'uomo e della natura?

Queste sono le domande che si deve tornare a porre con forza e che hanno una sola risposta: rivoluzione, comunismo.

N.B. Va da sé che comunismo è qualcosa di molto diverso dal regime esistente in Unione Sovietica fino all'89 e ancora vigente in Cina.

PCInt