Ferocia poliziesca e ingenuità movimentiste - Note sulla manifestazione di Napoli contro il Global Forum

Di seguito pubblichiamo il volantino distribuito a Napoli

Sarebbe sbagliato definire le cosiddette forze dell'ordine "teppisti in divisa", oppure "bestie rabbiose", perché certa violenza cieca e brutale, e al contempo organizzata e sistematica, non appartiene né ai teppisti, né agli animali, ma è tipica proprio degli apparati repressivi dello stato borghese. Sarebbe anche sbagliato chiamarli "fascisti", perché, al di là delle foto di Mussolini che molti di loro conservano negli armadietti, e al di là dei "Boia chi molla" urlati nelle cariche, non è un regime militare che si serve di questi folli picchiatori, ma una repubblica democratica occidentale. Come fanno tutte le altre, d'altronde.

Veniamo ai fatti. Sabato 17 marzo si è svolta a Napoli la manifestazione nazionale contro il terzo Global Forum sull'"e-government", cioè sulle nuove tecnologie utilizzabili per governare. Il corteo era composto da circa venticinquemila persone, e gli spezzoni erano tanti: c'erano i disoccupati, gli immigrati, i Lavoratori Socialmente Utili, le RdB, i Cobas, Rifondazione, gli anarchici, l'area composita - e disomogenea - dell'Autonomia di classe, e molti studenti medi. I nostri compagni, giunti a Napoli anche da altre città, oltre a vendere numerose copie di Battaglia, hanno distribuito tutti i tremila volantini che erano stati stampati per l'occasione.

L'analisi espressa nel testo è quella che purtroppo le varie anime del movimento di Seattle non hanno ancora mai fatto, e cioè che, contro la globalizzazione capitalistica di cui anche questo forum era sponsor, si può combattere veramente solo riconoscendo nella lotta del proletariato contro la borghesia il terreno dello scontro, e avendo come prospettiva non un capitalismo controllato e dal volto umano - che è un controsenso - ma il comunismo.

Per tornare alla manifestazione, il corteo è arrivato dopo qualche momento di tensione e qualche piccola carica di contenimento, in piazza del Municipio, sotto il Maschio Angioino. E lì doveva fermarsi, perché - secondo gli accordi presi fra organizzatori e questura - solo una delegazione sarebbe stata ricevuta in piazza Plebiscito, dove si teneva il forum. Quando però un gruppo di manifestanti ha provato a forzare un blocco della polizia, è iniziata la mattanza. Dopo aver sparato diversi lacrimogeni ad altezza d'uomo, celerini, carabinieri e guardia di finanza in tenuta antisommossa hanno caricato la piazza da ogni lato, chiudendo qualsiasi via di fuga. Ragazze e ragazzi di quindici anni con le mani alzate, sono stati pestati a sangue, trascinati, buttati per terra e presi a calci in faccia. Alcuni manifestanti che chiedevano di poter uscire dalla piazza con le mani in alto, sono stati fatti inginocchiare con le mani dietro alla nuca, e poi manganellati selvaggiamente. Altri sono stati schiacciati contro una ringhiera che, cedendo, li avrebbe fatti precipitare per sette/otto metri nel fossato di fronte al Maschio Angioino. Non guardavano in faccia nessuno, massacravano di botte chiunque capitasse sotto mano: passanti, fotografi, giornalisti... anche due della Digos. Poi, i caroselli dei cellulari e una furibonda caccia all'uomo nei vicoli della città, fin sotto la casa dei manifestanti. Centinaia di teste sfasciate, settanta denunciati (ma il numero salirà) e due arresti.

Ora, l'ordine borghese ha così mostrato una volta di più - forse in modo particolarmente eclatante - il suo vero volto, cioè quello della violenza brutale e sistematica. Ma i compagni questo volto dovrebbero conoscerlo bene, quindi non avrebbero dovuto cadere nell'ingenuità politica di offrire un alibi ai poliziotti, attaccando un loro squadrone, sapendo che c'erano altri seimila mazzieri in divisa pronti a scattare e che il corteo era nella stragrande maggioranza inerme - mancando anche un'ombra di servizio d'ordine - e intrappolato senza scampo in piazza del Municipio. Quei compagni, probabilmente, si erano preparati per questo scontro, ma il corteo no. Per questo, la rabbia - espressa per altro in forma confusa - contro una società sempre più disumana, il coraggio dimostrato negli scontri non bastano, anzi, rischiano fortemente di essere controproducenti sia per quanto riguarda l'incolumità di chi, senza casco e bastone, si ritrova alla mercé dei pic-chiatori di stato, sia, in primo luogo, per quanto concerne la crescita politica dei manifestanti. Ma, come dicevamo, è proprio la mancanza di prospettive autenticamente anticapitaliste che trascina e irrigidisce tante giovani energie potenzialmente rivoluzionarie in una sterile prova di forza con gli apparati repressivi dello stato: non è per caso che molti di quei ragazzi, quando andavi per dargli un volantino, ti guardavano come se tu fossi solo un parolaio e loro i veri rivoluzionari perché unici "lottatori". Invece, è proprio dell'appropriazione del programma autenticamente comunista che i soggetti più sensibili in senso classista del "popolo di Seattle" hanno bisogno, e del partito che ne è portatore.

gs