Palestina: contro la guerra per l'internazionalismo proletario

La repressione dell'esercito israeliano contro i moti di protesta palestinesi ha ormai preso il volto della guerra.

La miccia che ha scatenato la protesta palestinese è stata la passeggiata di Sharon alla spianata delle moschee, ma questo poco importa. Quando una semplice apparizione di un politicante crea una simile reazione popolare significa che il terreno era già pronto, che l'esasperazione e la miseria di una popolazione erano sull'orlo di esplodere... ed è bastato poco, una scintilla per innescare una bomba!

Cosa significa che il terreno era già pronto? che il proletariato palestinese in particolare, e mediorientale in genere, vive una situazione estrema: miseria, disoccupazione, taglio di quel poco di stato sociale che era stato creato (come ovunque d'altra parte).

Ma ci sono delle novità rispetto alle precedenti aggressioni militari israeliane (continue da quando i coloni si sono insediati) cioè che nei moti di protesta sono coinvolti anche gli arabi israeliani e i proletari d'Israele. L'aggressione militare si colloca in un momento in cui gli scioperi (in particolare nel pubblico impiego) si fanno sentire anche in terra d'Israele.

È il proletariato israeliano e palestinese che vive condizioni sempre peggiori, e a questo si ribella.

Il problema è che i proletari faticano a trovare una loro propria e internazionalista identità di classe. Ora infatti è il popolo palestinese che si sta movendo: apparati militari, piccola borghesia, sette integraliste finanziate dai ricconi arabi, e il proletariato nel mucchio, senza riuscire ad elaborare un programma autonomo. Ecco il popolo che si stà movendo in Palestina, diretto dalla classe dirigente palestinese in una guerra di popolo contro popolo che nulla ha da offrire ai proletari di entrambi gli schieramenti se non ulteriori sofferenze.

La via per rispondere ai bombardamenti e alla guerra è una e unica: La ripresa della lotta di classe di parte proletaria. Non esistono popoli in guerra ma classi in lotta. E nello scontro tra borghesie rivali chi viene sacrificato è il proletariato. Un proletario palestinese ha gli stessi interessi da difendere di un proletario israeliano (il lavoro, il salario, condizioni di vita umane, il rovesciamento del capitalismo per garantire tutto questo) per questo la nostra solidarietà non è diretta al popolo palestinese ma ai proletari che in quei paesi soffrono brutali condizioni di miseria.

Il nostro auspicio è che l'insurrezione palestinese rifiuti la pericolosa ideologia araba-antiamericana e che, proprio dall'unione di istanze e di lotta con i proletari dei paesi confinanti arrivi a individuare nella borghesia araba, israeliana, europea o americana il proprio nemico. Nella solidarietà proletaria internazionale e nell'organizzazione autonoma del proletariato il solo e unico alleato possibile.

Proletari uniti fino alla rivoluzione!!

Non esistono popoli in guerra ma classi in lotta tra loro.

PCInt