Solo la ripresa generale della lotta di classe può fermare l'offensiva del capitale

Pubblichiamo il testo del volantino distribuito in occasione dello sciopero generale dei 14 dicembre

È un attacco violentissimo, frontale, quello che i padroni e il governo Berlusconi stanno portando contro tutto il mondo del lavoro salariato/dipendente; è un'offensiva globale, diretta a completare il lavoro dei precedenti governi - di qualunque schieramento politico - che hanno in gran parte già demolito il cosiddetto stato sociale (cioè, il salario indiretto e differito) e spianato la strada alla precarietà senza freni, al sottosalario, all'aumento dell'orario e dei carichi di lavoro, allo strapotere padronale.

Dopo la flessibilità in entrata, il padronato, tramite il governo, vuole imporre ora la flessibilità in uscita, vale a dire la possibilità di licenziare come e quando gli pare, senza il pur debole ostacolo dell'articolo 18, e portare a compimento lo smantellamento del sistema pensionistico. Infine, per completare l'opera, il governo ha preparato una nuova legge sull'immigrazione che peggiora fortemente le già difficili condizioni di esistenza del proletariato immigrato. Ma più sfruttamento e oppressione per gli immigrati vogliono dire maggiore sfruttamento e maggiore oppressione per tutti i lavoratori.

Di fronte a un attacco di questa gravità la risposta di CGIL-CISL-UIL è, come sempre, diretta prima di tutto a imbrigliare e scoraggiare la disponibilità alla lotta dimostrata dai lavoratori, prima con lo sciopero dei metalmeccanici, poi con gli scioperi e le agitazioni di questi giorni. Ma poche ore di astensione dal lavoro, per di più spezzettate per settori e/o provincia, regione, ecc., non possono nemmeno lontanamente costituire una risposta adeguata all'offensiva borghese. Quest'ultima è figlia dell'aggravarsi della crisi mondiale del capitalismo, che non è di breve periodo, e che spinge la borghesia a ripercorrere le classiche vie di sempre per cercare di uscirne: l'intensificazione dello sfruttamento del proletariato mondiale e la guerra imperialista.

È infatti finita l'epoca delle concessioni parziali ottenibili con scioperi di settore, e le poche migliaia di lire in più richieste nelle piattaforme sindacali non bastano certo a recuperare quanto ci è stato preso da padroni e governi, in seguito agli accordi regolarmente firmati dai sindacati. Né tantomeno risultano realistiche rivendicazioni quali lo stipendio "europeo" per gli insegnanti o il salario minimo garantito ai disoccupati, portate avanti con le normali prassi sindacali concertative o "antagoniste", ma comunque condotte nel rigoroso rispetto della normativa anti-sciopero: nelle epoche di crisi i padroni e i governi indirizzano ogni intervento alla difesa accanita dei margini di profitto e delle manovre speculative, in primo luogo dei gruppi industriali e finanziari più potenti.

Così come, in quanto lavoratori, dobbiamo contrastare con determinazione l'attacco alle nostre condizioni di vita e di lavoro, allo stesso modo dobbiamo respingere questa guerra - che non è contro il terrorismo, ma per il controllo militare delle aree strategicamente importanti delle vie del petrolio - principalmente perché è l'inizio di una nuova fase di contesa imperialista e perché i nostri interessi immediati e storici sono totalmente opposti a quelli della borghesia. Infatti, col pretesto della guerra, gli scioperi e qualunque forma di opposizione sociale potrebbero essere considerati una forma di tradimento e perciò vietati o fortemente limitati; inoltre, la guerra è sempre pagati coi sacrifici dei lavoratori. Non è un caso che mentre si tagliano salari, pensioni, sanità, la prossima Finanziaria aumenti le spese militari e quelle a favore degli apparati repressivi dello stato. Per questo dobbiamo rifiutare ogni blocco contro il nemico di turno. E lo stesso va detto ai lavoratori di tutto il mondo.

Consideriamo perciò questi scioperi solo punto di partenza, nel quale, però, bisogna dare un segnale chiaro ai lavoratori di qualunque settore, privato e pubblico, siano o meno in agitazione: il segnale che occorre ricomporre tutte le lotte dei salariati su uguali parole d'ordine di difesa dagli attacchi del capitale e che lo sciopero generale contro l'intervento militare, contro la guerra e la pace sociale deve essere il primo, ma necessario passo di questo percorso.

Non rinchiudiamoci nelle lotte di settore, facciamo delle fabbriche, dei luoghi di lavoro, delle scuole, del territorio uno spazio di denuncia e di lotta contro lo sfruttamento e la guerra imperialista! Solo la lotta di classe unitaria dei lavoratori di ogni paese contro la propria borghesia può fermare la guerra, combattere lo sfruttamento e accelerare l'indispensabile processo di ricostruzione di un autentico Partito Comunista a scala internazionale, che abbia nell'antistalinismo e nel disfattismo rivoluzionario il perno della sua strategia di lotta contro la barbarie capitalista per una società a misura degli esseri umani!

Partito Comunista Internazionalista (Battaglia Comunista)

Gruppi di Lotta Proletaria