L'Unione Europea si avvicina a Mosca

Passato quasi inosservato a causa dei tragici fatti di Mosca, si è concluso lo scorso 25 ottobre il vertice europeo di Bruxelles. Un vertice che alla vigilia dei lavori si preannunciava pieno d'insidie per i fragili equilibri politici ed economici che finora hanno regolato i rapporti tra i quindici paesi dell'Unione. Infatti, al primo punto dell'ordine del giorno dei lavori del Consiglio europeo c'era la spinosa questione dell'allargamento dell'Unione ad altri dieci paesi che da qualche tempo avevano avanzato la propria candidatura per entrare a far parte dell'Europa unita. Nei lavori preparatori della riunione del Consiglio europeo la tensione tra i diversi membri è stata altissima, tanto che erano in pochi a sperare in una conclusione positiva dell'incontro di Bruxelles così come poi si è verificato.

Per l'Europa dei quindici, dopo l'enorme successo della moneta unica, che colloca il vecchio continente come l'unico serio rivale da un punto di vista economico-finanziario degli Stati Uniti e del dollaro, l'ulteriore passo in avanti verso la completa integrazione non può prescindere dal comprendere nel progetto europeo quei paesi che fino a qualche anno fa gravitavano nell'orbita di Mosca. Il Consiglio dell'Unione europea ha deliberato che nella prossima riunione, che si terrà a Copenaghen i prossimi 12 e 13 dicembre, i dieci paesi candidati saranno ammessi nell'Unione a partire dal 2004. L'allargamento dell'Unione da quindici a venticinque membri prevede l'ingresso di Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia e Slovenia, mentre la Turchia, che da anni aspira ad entrare nell'Unione europea dovrà pazientare ancora qualche anno, visto che il suo ingresso è stato rinviato, salvo ulteriori scivolamenti, a non prima del 2007. Con l'allargamento dell'Unione a questi paesi si realizzerà un unico mercato comune con quasi 400 milioni di consumatori, di gran lunga maggiore di quello statunitense.

La risoluzione finale del Consiglio europeo è arrivata dopo due giorni di scontri tra i vari membri dell'Unione su come ripartire i maggiori costi derivanti dall'ingresso di questi nuovi membri. Le posizioni di partenza vedevano la Germania ferma nel non concedere un euro in più di quanto già versa nelle casse di Bruxelles, la Francia decisa a difendere a spada tratta i sussidi comunitari di cui gode la propria agricoltura e l'Inghilterra non disposta a mollare lo sconto del 75% sul contributo da versare che nel 1984 l'allora primo ministro Thatcher aveva ottenuto in cambio dell'adesione del suo paese nell'Unione.

Lo scoglio maggiore che si è dovuto superare e che vedeva i 15 paesi dell'Unione con posizioni originariamente molto distanti tra di loro, è stato quello relativo ai costi da affrontare per l'ammissione dei dieci paesi nell'Unione Europea. Secondo la risoluzione adottata nelle giornate del vertice di Bruxelles, l'Unione europea stanzierà a favore dei dieci nuovi membri nel triennio successivo al loro ingresso una cifra di 23 miliardi di euro. Potrebbe sembrare un finanziamento cospicuo, ma si tratta in realtà di una vera miseria visto che la sola Spagna in sei anni avrà un finanziamento degli stessi fondi di 43 miliardi euro e, come abbiamo detto prima, la Germania non è per nulla disposta ad aumentare l'ammontare dei suoi contributi. La crisi dell'economia tedesca, infatti, impone di concentrare tutte le risorse finanziarie nel processo di ristrutturazione dell'apparato produttivo evitando di concedere anche le briciole ai paesi dell'ex blocco sovietico. La vittoria politica della Germania è stata raggiunta anche grazie all'appoggio della Francia, la quale a sua volta ha ottenuto dalla Germania il sostegno affinché i contributi agricoli derivanti dalla PAC (politica assistenza agricola) non siano congelati prima del 2006. L'Unione europea ruota sempre di più intorno all'asse Berlino-Parigi; da un lato la Germania si è garantita che i costi non gravino sulla propria economia, dall'altro, la Francia ha ottenuto che la propria agricoltura sia ancora per qualche anno finanziata dall'Unione europea. In questo contesto di riequilibrio politico economico nell'ambito dell'Unione, l'Inghilterra ha ottenuto che lo sconto sui contributi di cui gode sia annullato solo a partire dal 2006.

Dal vertice è emerso che l'Unione s'allarga verso l'Europa dell'est senza che la borghesia sia disposta ad accollarsi importanti sacrifici economici. L'integrazione di questi dieci paesi avrà delle ripercussioni positive solo per quei paesi come la Germania, la Francia e l'Italia che strutturalmente possiedono un apparato produttivo orientato verso l'esportazione. I paesi che entreranno a far parte dell'Unione oltre a costituire nuovi mercati dove vendere merci, saranno utilizzati dalla borghesia dei paesi maggiormente industrializzati come serbatoi di manodopera specializzata e soprattutto a basso costo. Da un lato si avranno nuovi mercati dove vendere senza alcun vincolo di tipo doganale, dall'altro l'ingresso di paesi come la Polonia e la Repubblica Ceca rappresenteranno aree dove sarà estremamente facile attingere manodopera a bassissimo costo e nello stesso tempo specializzata, con la conseguenza di spingere ancor più in basso i salari del proletariato dei paesi più avanzati. I vantaggi economici per i paesi che entreranno a far parte dell'Unione saranno veramente pochi, anzi nel medio periodo, dovendo subire la concorrenza di imprese tecnologicamente all'avanguardia come quelle tedesche o francesi, saranno molte le aziende che saranno espulse dal mercato perché poco competitive.

Per l'Europa dei quindici l'allargamento verso la parte orientale del continente presenta dei risvolti politici importanti che si sommano a quelli economici esaminati sopra. Andare verso est significa per avvicinarsi sempre di più verso quella Russia che pur essendo una potenza in decadenza è pur sempre la seconda potenza militare del pianeta. E non solo militare, ma anche un paese dal sottosuolo ricchissimo che se inserito integralmente nei meccanismi dell'Unione potrebbe rappresentare il vero salto di qualità verso il decollo di un sempre più agguerrito imperialismo europeo.

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Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.