Un contributo alla piattaforma

Con le seguenti note intendiamo precisare i punti di dissenso dalla “piattaforma” di cui diamo volta a volta riferimenti. Va da sé che i restanti punti della piattaforma ci trova di massima consenzienti. Pensiamo che così sono messi a fuoco i motivi più gravi del dissenso che ha appesantito la vita del nostro partito, e sul quale il partito stesso dovrà pronunciarsi al prossimo congresso.

I. Dottrina

1. Base teorica: il materialismo storico marxista.

L'accettazione del materialismo storico non significa, né deve significare, accettazione formale d'un corpo di dottrine sul quale è sempre aperto e vivo il problema della sua interpretazione. Sarebbe chiudere gli occhi alla realtà e riserbare sorprese maggiori al nostro movimento di avanguardia se non tenessimo conto del fatto che tra noi c'è chi non accetta la dialettica marxista come completa visione del mondo e della vita; chi l'accetta idealisticamente; chi deterministicamente, in modo cioè «esteriore» in quanto si rifà allo scientismo meccanicistico; chi infine la sente e la traduce storicisticamente, mettendo l'accento più nello «storico» che nel «materialismo».

“La nostro dottrina, diceva Engels, non è un dogma, ma una guida per l'azione. Questa classica formula sottolinea con forza e concisione meravigliose quell'aspetto del marxismo che ad ogni istante viene perso di vista. E perdendolo di vista, noi facciamo del marxismo una cosa unilaterale, deforme e morta, lo svuotiamo della sua essenza, scalziamo le sue basi teoriche fondamentali: la dialettica, la dottrina dell'evoluzione storica multiforme e piena di contraddizioni; indeboliamo i suoi legami con i precisi compiti pratici dell'epoca, che possono cambiare ad ogni nuova svolta della storia.” (Lenin)

3. La dittatura proletaria è esercitata dal partito.

Affermazione teoricamente e politicamente giusta e, ad onta della recente terribile esperienza russa, sempre valida alla condizione però che il partito e i suoi organi direttivi che di fatto esercitano la dittatura, operino come una parte della classe, all'unisono con gli interessi le lotte e gli obiettivi storici di tutto il proletariato e fino alla scomparsa delle classi e dello Stato. Storicamente la dittatura è del proletariato e non del partito nel senso che è il proletariato, in quanto classe al potere, che convoglia e accentra nel «suo» partito e vi cristallizza motivi, forze e volontà di cui la dittatura proletaria si sostanzia. Fuori di questi termini si ha lo stalinismo, cioè la dittatura dello Stato (stato = partito) che ha soppiantato il proletariato e rigettato all'oppressione il giorno in cui è riuscito a far girare all'inverso la ruota della rivoluzione.

II. Compito generale del partito di classe

2. Necessità dialettica di lottare per la vittoria delle rivoluzioni borghesi sul regime feudale per favorire l'avvento della produzione capitalista.

Ma lotta significa partecipazione attiva del partito rivoluzionario come ideologia e apporto organizzativo e politico al molo borghese che sta operando anche oggi la sua penetrazione nelle zone ad economia arretrata, strappa cioè queste ultime zone extra-capitalistiche per inserirle nel proprio processo di produzione.

Non si tratta perciò di lottare perché il capitalismo accresca e dilati la sua «rapacità» e la sua naturale spinta all'espansionismo nei confronti delle zone arretrate; su questo indirizzo il capitalismo non fa che obbedire alla logica della sua struttura, alla dinamica delle sue contraddizioni interne, alla spinta dei suoi interessi, e lo dimostra chiaramente il fatto che per questa sua azione le zone extra capitalistiche sono non solo assai ridotte di numero, ma incapaci di costituire oggi una riserva sufficiente e sicura come mercati di consumo.

Non si tratta perciò di lottare per la vittoria delle rivoluzioni borghesi sul regime feudale, che porrebbe il partito proletario sullo stesso terreno d'azione del capitalismo; ma una più esatta valutazione del problema pone l'azione del proletariato sul piano dell'urto di classe, il solo che serva a pungolare il capitalismo a risolvere con i “suoi” mezzi i problemi della “sua” conservazione.

Le zone extra-capitalistiche sono presenti, ad esempio, tanto nel panorama economico italiano come in quello russo. Qui il capitalismo è dominante e storicamente esprime la sua classe dirigente anche se controlla una parte e non la maggiore dell'economia.

Qui l'attacco frontale al capitalismo significa nel contempo attacco ai residui dell'antico regime entrambi solidali contro il proletariato e risolve indirettamente, sul piano dello sviluppo graduale, il problema della riduzione del settore extra-capitalistico in favore del capitalismo.

9. Lotta per debellare le controrivoluzioni e spingere l'economia russa oltre il feudalismo e il capitalismo, condizionata alla mobilitazione della classe operaia mondiale e dei popoli coloniali contro l'imperialismo bianco e le signorie asiatiche.

Non è chiaro se questa lotta sia da considerare tra i compiti attuali del nostro partito. A scanso di equivoci diciamo subito che se tale è stato e doveva essere il compito de partito di classe fino al terzo congresso dell'Internazionale, nulla da obiettare; ma se questo fosse da ritenere valido anche oggi, ricordiamo che la Russia di Stalin è di fatto la Russia vittoriosa del secondo conflitto mondiale, e perciò stesso schierata sul fronte dell'odierno scontro imperialista per difendere i frutti di questa vittoria e possibilmente ampliarli e consolidarli attraverso la terza guerra mondiale, oggi allo stato di avanzata gestazione.

Non deve esservi dubbio sulla condotta attuale del nostro partito nei confronti dello stalinismo e della guerra.

Il richiamo ad una maggiore precisazione di fronte a problemi così gravi e attuali è tanto più necessaria ad un documento che presume di essere di piattaforma che va accettata in pieno o in pieno respinta al fine dell'appartenenza all'organizzazione, documento che ad arte sottace il ruolo dello stato russo di fronte all'imperialismo e alla guerra, come sottace i compiti del partito di fronte a questi stessi problemi. Tanto più grave appare questa non involontaria lacuna quando si considera che la coscienza del partito è stata profondamente turbata dalle enunciazioni della teoria del capitalismo numero uno e della definizione dello stato stalinista come stato animato da interessi e intendimenti pacifici in confronto alla bellicosa America.

IV. Azione del partito in Italia e in altri paesi al 1952

3. Oggi siamo nel pieno della depressione e non è ammissibile una ripresa rivoluzionaria se non in un corso di molti anni. La lunghezza del periodo è in rapporto alla gravità della ondata degenerativa, oltre che alla sempre maggiore concentrazione delle forze avverse capitalistiche.

Quel «non ammissibile» è in netto contrasto con la teoria di Lenin delle «svolte brusche» proprie della fase dell'imperialismo. Noi siamo con Lenin e lavoriamo perché il partito possa essere la forza direttiva d'ogni eventuale svolta.

«Svolte repentine, che modificano con una rapidità sorprendente e in modo eccezionalmente brusco la situazione, la situazione sociale e politica che determina in modo diretto ed immediato le condizioni dell'azione e, per conseguenza, i compiti di quest'azione. Non parlo naturalmente dei compiti generali ed essenziali che non cambiano con le svolte della storia se non si modificano i rapporti fondamentali tra le classi.» (Lenin)

La lunghezza del periodo di depressione non è soltanto in rapporto alla gravita dell'ondata degenerativa, ma piuttosto alla intensità dei contrasti interni del capitalismo e alla loro spinta verso la rottura che nessuna valutazione anche d'ordine scientifico può sottoporre ad analisi preventiva.

7. II partito vieta la libertà personale di elaborazione e di elucubrazione di pretesi nuovi schemi e spiegazioni del mondo sociale contemporaneo, vieta la libertà individuale di analisi di critica e di prospettiva anche per il più colto e preparato intellettualmente degli aderenti, e difende la salvezza di una teoria che non è effetto di cieca fede, ma è il contenuto della scienza di classe proletaria costruito con materiali di secoli, non dal pensiero di uomini ma dalla forza dei fatti materiali, riflessi nella coscienza storica di una classe rivoluzionaria e cristallizzati nel suo partito.

Strana pretesa quella di annullare con un tratto di penna il contributo alla elaborazione del marxismo critico che proviene dall'opera di studio e dalla milizia attiva di coloro che si considerano nella classe e alle sue esigenze, alle sue finalità e alla sua disciplina hanno legalo la loro capacità d'intendere le leggi che presiedono alla vita del capitalismo e traggono da esse i motivi e la conferma per la continuità della teoria rivoluzionaria. Ogni teorico del marxismo, degno di questo nome, non esprime una elaborazione a carattere personale, astratta dalla realtà di classe, che in questo caso opererebbe fuori della classe e cesserebbe d'essere per ciò stesso marxista, ma opera come elemento della classe, o meglio ne esprime, come singolo, il senso collettivo.

Diversamente non si capirebbe perché e per chi ha scritto e torna a scrivere l'estensore della piattaforma e di altre, non poche piattaforme passate, a meno che ognuno di noi non si ritenga deterministicamente come l'unico depositario della esatta interpretazione del marxismo. In tal caso anche questa dottrina diverrebbe uno dei tanti «tabù» che l'autentico marxismo ha insegnato a disprezzare.

8. Il partito, benché piccolo di effettivi, non cessa dal proselitismo di nuovi aderenti e dalla propaganda dei suoi principi in tutte le forme orali e scritte, anche se le riunioni sono di pochi partecipanti e la stampa di limitata diffusione, considerando questa nella fase odierna la principale attività.

L'affermazione che la stampa è la principale attività del Partito nella fase odierna, è da respingere perché porta a confondere uno degli strumenti della lotta con la lotta stessa. La politica del Partito è azione che va condotta nella classe e con la classe, che i rivoluzionari compiono nei limiti delle possibilità materiali anche «con la stampa», ma «non soltanto» con la stampa.

11. Fermo nel convincimento che la fase di ripresa non potrà che coincidere col rifiorire di una associazionismo economico sindacale delle masse, il partito, mentre riconosce che può fare oggi solo in modo sporadico opera e lavoro sindacale, mai vi rinunzia, e dal momento che il concreto rapporto numerico tra i suoi membri, i simpatizzanti, e gli organizzati in un dato corpo sindacale risulti apprezzabile, e tale organismo sia tale da non avere esclusa l'ultima possibilità di attività autonoma classista, il partito esplicherà la penetrazione e tenterà la conquista della direzione di esso.

Sul problema sindacale conosciamo più versioni o tentativi di definizioni, a volte persino contraddittorie provenienti dalla stessa fonte. Noi ci limitiamo a prendere per buona quest'ultima e affermiamo che pure accettando di lavorare nei sindacati perché vi sono gli operai nella loro stragrande maggioranza e di occupare anche posti di responsabilità nelle Comm. Int. nei modi e con i temperamenti già resi noti, non cessiamo di considerare tali organismi come fortilizi caduti in mano all'avversario di classe che non possono essere riconquistati pacificamente e democraticamente dall'interno.

Gli attuali sindacati cadranno sotto i colpi dell'assalto rivoluzionario alla stregua di tutti gli organismi operanti nel dispositivo della controrivoluzione.

Intanto nessuno può predire se la ripresa, massiccia del moto operaio ci darà un nuovo sindacato veramente di classe, oppure altri organismi di massa già vagliati dalla passata esperienza della lotta operaia. Allo stato attuale i centri di attrazione e di raggruppamento dei simpatizzanti e senza partito, rimangono i nostri gruppi di fabbrica verso i quali dovrà andare la cura maggiore del Partito.

12. Fino a nuove situazioni nelle quali sarà dato stabilire anzitutto se il tipo di Stato capitalista avrà assunto palesemente la forma di dittatura che il marxismo gli ha scoperto dall'inizio, e soppressi gli istituti elettivi parlamentari, e dati gli attuali rapporti di forza, il partito si disinteressa delle elezioni democratiche di ogni genere e non esplica in tale campo la sua attività.

Non staremo a rilevare l'evidente tortuosità dell'argomento che mostra una non chiara coscienza del problema elezionistico e denota la preoccupazione, che non è la nostra preoccupazione, di evitare che comunque e in qualunque situazione il Partito partecipi alla lotta elettorale. A prendere sul serio questo strano e paradossale modo di porre il problema dell'astensionismo o del partecipazionismo, il Partito dovrebbe disinteressarsi delle elezioni democratiche solo perché democratiche, ma dovrebbe riesaminare la sua... partecipazione quando lo Stato capitalistico, esercitando la sua dittatura al 100%, avrà soppresso gli istituti elettivi parlamentari. La distinzione tra dittatura e dittatura, tra Mussolini e De Gasperi è davvero un cattivo espediente polemico per l'astensionismo aprioristico, categorico e assoluto.

Noi riprendiamo e riaffermiamo senza attenuazione alcuna la linea tradizionale della sinistra italiana che nel convegno di Imola (1920), nel congresso di Livorno (1921), nel congresso di Roma (1922) e nelle campagne elettorali del 1921 e 1924 ha costantemente respinto l'astensionismo di principio, accettato il metodo elezionista dichiarando di valutare volta a volta la sua partecipazione alle elezioni e vi ha partecipato di fatto senza che per questo sorgesse un fatto nuovo d'ordine pratico o d'ordine teorico da costringere il Partito a rivedere questo aspetto particolare e marginale del suo lavoro.

13. Convinto che le generazioni rivoluzionarie si succedono rapidamente e che il culto degli uomini è l'aspetto più pericoloso dell'opportunismo, dato che il passaggio dei capi anziani per logorio al nemico e alle tendenze conformiste è fatto naturale confermato dalle rare eccezioni, il partito dà la massima attenzione ai giovani e fa, per reclutarne e prepararne alla attività politica di domani, aliena al massimo da arrivismi e apologismi di persone, il maggiore degli sforzi.

Pensiamo che la selezione come la valorizzazione del materiale umano del Partito sfuggano ad ogni valutazione basata... sul certificato di nascita, suscettibile di interpretazioni che l'esperienza e la storia non hanno sempre confermato. Particolarmente significativa a questo proposito l'esperienza fatta dalla sinistra italiana che ha visto dispersi i suoi quadri direttivi nei modi e nelle forme che ognuno di noi non può, né deve dimenticare.

Nella milizia rivoluzionaria i doveri non hanno età e le selezioni si verificano al fuoco della lotta politica e non nel segreto delle conventicole; l'appello ai “giovani”, anche quando è giusto e necessario, non deve significare per i “vecchi” che essi sono dispensati dall'assumere tutte le responsabilità a fianco dei militanti nello stesso Partito.