La storia di un lungo sodalizio/2 - Saddam: il compagno di merenda di ieri; l'irriducibile nemico di oggi

Tutti questi aiuti, giova rimarcarlo, consentono agli americani di poter condurre la guerra contro l'Iran per interposta persona: la carne da macello, lavoratori e diseredati in genere, la forniscono gli iracheni limitandosi, essi, a fornire la tecnologia bellica, lautamente pagata s'intende. Altri paesi "democratici", occorre precisarlo, partecipano alla mattanza ed ai profitti considerevoli che ne discendono: la Francia assicura anch'essa tecnologia militare d'avanguardia mentre la Germania si limita a fornire prodotti chimici che consentiranno la produzione di gas nervino che verrà impiegato la prima volta nel 1983 contro le ondate umane iraniane.La signora Tatcher, per non essere da meno, oltre ad armamentario bellico d'ogni genere, coi soldi dei contribuenti britannici finanzia la costruzione del famigerato stabilimento Falluja 2,

specializzato anch'esso nella produzione di gas nervino e di sostanze tossiche. In tale contesto viene anche a interagire un dato che può sembrare paradossale (ma lo è poi tanto?): gli USA, infatti, tramite Israele, provvedono a rifornire di armi anche l'Iran in quanto nei loro intenti nessuno dei due contendenti deve prevalere sull'altro, pena la fine subitanea del conflitto con tutti i benefici che esso comporta. È una doppiezza che vede gli americani da un lato fornire all'Iraq quanto serve a far funzionare i missili balistici e, si dice, l'arma nucleare e dall'altro provvedere di armamentario bellico anche il detestato Iran seppure sotto copertura israeliana, cosa che darà poi luogo allo scandalo dell'Irangate. Tra alterne fasi e senza un vincitore, come era negli auspici di Washington, la guerra termina nel 1988 e Saddam ritiene che, in virtù dei servigi rei alla causa comune, il debito contratto verso i paesi occidentali e taluni paesi arabi gli verrà condonato. È un debito mostruoso: 70 miliardi di dollari dovuti ai paesi occidentali più altri 35 a paesi arabi vicini. Tuttavia, nonostante questa situazione debitoria allarmante, gli USA intensificano i rapporti commerciali con l'Iraq dal quale importano petrolio e alcune compagnie petrolifere statunitensi acquistano il 25% della produzione irachena. Il disegno è molto chiaro: attraverso l'indebitamento possono tenere in pugno il regime di Bagdhad e tutto procede su questa falsariga fintantoché i servizi segreti americani che avevano per lungo tempo chiuso gli occhi sul riarmo iracheno improvvisamente si svegliano e denunciano al Congresso la crescita di potenza dell'Iraq che, dall'oggi al domani, passa dallo status di partner privilegiato a quello di minaccia di prima grandezza e Saddam è visto come il peggiore dittatore della terra.

L'Iraq dopo la guerra con l'Iran è sull'orlo della bancarotta finanziaria, pressato com'è dai debiti contratti, e il vicino Kuwait è un piatto troppo appetitoso tanto più che è ritenuto più proficuo sviare le tensioni sociali interne verso un minuscolo paese che (sarà una coincidenza?) trova l'ardire di aumentare, in ambito OPEC, del 20% la propria quota di produzione petrolifera provocando conseguentemente una caduta dei prezzi che costa all'Iraq una perdita netta di oltre il 33% dei propri ricavi. Bagdhad prepara quindi l'invasione del Kuwait per evitare la bancarotta finanziaria e la messa sotto tutela da parte dei paesi creditori. Una domanda viene ancora fatta a proposito del consenso dato o meno a Saddam dagli USA. Da un punto di vista formale tale consenso non c'è stato tuttavia l'ambasciatrice americana a Bagdhad April Glaspie, nel ribadire che la controversia Iraq-Kuwait era un problema da regolare in ambito arabo assicurava, attraverso opportuni canali, che gli USA, in ogni caso, non avrebbero reagito. I fatti sono andati in tutt'altra direzione ed è stata approntata una coalizione bellica mai vista contro l'Iraq. Fatte le debite proporzioni è come sparare con un cannone contro una mosca fastidiosa. La guerra viene combattuta, dura poco e si conclude con la sconfitta dell'Iraq ed il ritiro dal Kuwait. Avessero gli americani voluto veramente liberarsi di Saddam quale occasione più propizia di questa, tanto più che una parte assai consistente dell'esercito iracheno si era sollevata contro il dittatore e quattordici delle diciotto province irachene erano in mano ai rivoltosi. Ma, fatto alquanto strano, gli americani confiscano le armi agli insorti e, secondo quanto affermato dal principe saudita Turki bin Faysal, sempre gli americani non volevano la caduta di Saddam. Perché? Non esistono fonti ufficiali in grado di dare una risposta a tale domanda. Si può tuttavia ragionevolmente presumere, soprattutto alla luce degli accadimenti successivi, che, restando Saddam al potere, gli USA si preservano il diritto di giustificare comunque il mantenimento delle sanzioni, molto funzionali ai giochi connessi alle quotazioni del petrolio, nonché quello di poter intervenire, militarmente e in via risolutiva, una seconda volta nell'area tanto più che, nel frattempo, gli americani hanno provveduto a dislocare un contingente di 500.000 militari in Arabia saudita. Ufficialmente gli USA si sono attenuti alle risoluzioni dell'ONU che sanciscono unicamente la liberazione del Kuwait e non anche la prosecuzione bellica su suolo iracheno.Quali effetti ha avuto, comunque, questa guerra?Ha dato innanzitutto agli USA la possibilità di insediarsi stabilmente nell'area e poi di rilanciare la vendita di armi americane a tutti gli stati arabi e alla Turchia come non si era mai visto prima. Ma ha consentito soprattutto, seppure per via indiretta attraverso il meccanismo delle sanzioni, di poter controllare il petrolio iracheno di cui, a detta delle società petrolifere americane, gli USA, per tutelare la rendita che ne deriva, non possono fare a meno. Il tratto esilarante di tutta questa tragica vicenda è che, a dispetto dei clamori di una nuova guerra pressoché annunciata, all'Iraq venga data la possibilità di esportare petrolio di contrabbando e che la quota più consistente di tale attività pseudo clandestina vada a finire negli Stati uniti.

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Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.