Nè con Saddam, nè con Bush, nè con l'Europa

Durante l'attacco all'Iraq

Solo l'ipocrita propaganda borghese, dei politici e dei media, poteva sostenere che le ragioni della guerra all'Iraq fossero gli armamenti in possesso a Saddam o la natura dittatoriale e sanguinaria dello stesso. In realtà la borghesia americana vuole assicurarsi anche il controllo del petrolio dell'Iraq, che ha i giacimenti più ricchi al mondo, dopo quelli dell'Arabia Saudita, perché quella è la condizione per continuare a godere di un'enorme rendita finanziaria tipicamente parassitaria. Il nemico vero degli Usa non è il povero Iraq con il suo dittatore, non peggiore di quelli ancora protetti dagli Usa; il vero nemico è l'Euro, che sta pericolosamente insidiando l'egemonia assoluta del dollaro.

La borghesia europea, riunita attorno all'Euro, non si è ancora costituita come sezione politicamente e militarmente unitaria, e fatica a riconoscere l'interesse comune; di qui le divisioni in campo europeo, fra chi si schiera con l'alleato "atlantico" sulla base delle antiche alleanze anti-sovietiche - perché finanziariamente legato ai destini dell'accoppiata petrolio/dollaro - e chi, invece, immediatamente interessato alle vicende dell'Euro e dell'Europa, si oppone attivamente ai disegni anti-europei degli Usa.

Resta il fatto che - ancora una volta, come sempre - una guerra si determina sulla base dello scontro di interessi imperialistici. Non importa che in questa fase, nello scontro finanziario, commerciale, economico fra le due sponde dell'Atlantico rimanga schiacciato, formalmente, un dittatorello tanto locale quanto sanguinario come Saddam, ma in realtà l'intero popolo di un paese della periferia capitalista. E resta il fatto che quando la crisi dell'economia capitalista morde e spinge le potenze al confronto, le istituzioni internazionali ufficialmente destinate alla preservazione della pace (ONU), vanno a catafascio, lasciando sconsolati e delusi quanti confidavano in esse per "risolvere le controversie".

Le frazioni della borghesia si stanno schierando o iniziano a schierarsi sulla base dei loro interessi o di quelli che credono siano i loro interessi e - come sempre - si apprestano a trascinare il proletariato su quel terreno. Lo fanno agitando parole d'ordine e concetti ideologici falsi. Per esempio, da buona parte delle "sinistre" parlamentari e delle loro articolazioni movimentiste (larghi settori del movimento no-global) ci si riferisce a un'Europa dei diritti umani e dei valori sociali, contrapposta all'individualismo esasperato americano. Così si cerca di far dimenticare che quella Europa è la stessa che - a proposito di "valori sociali" - ha tagliato e insistentemente chiede nuovi tagli alle pensioni (le "pretese" riforme della previdenza); è la stessa che ha già licenziato milioni di lavoratori ed ora preme per ridurre ancor più la forza-lavoro ad una merce del tipo "usa e getta", con la progressiva e devastante precarizzazione. Così il pericolo maggiore che si profila per il proletariato è l'insorgenza di un nuovo nazionalismo, europeo, capace solo di trascinare i lavoratori all'accettazione dello scontro bellico, oggi in preparazione, fra i grandi del capitalismo mondiale. È quasi scontato che molte componenti dell'attuale movimento pacifista si sposteranno sul terreno del nazionalismo europeo in Europa, americano negli Usa, eccetera.

Ma non è affatto scontato che su quel terreno si ritrovi la classe operaia. I simbolici scioperi di poche ore dichiarati dai sindacati confederali (che non hanno mai proclamato lo sciopero generale annunciato...) non erano certo sufficienti a fermare la guerra; né le parole d'ordine degli scioperi (compresi, naturalmente, quelli dei sindacati "di base") hanno indicato la direzione giusta per ostacolare concretamente questo conflitto e quelli che verranno: occorreva e occorre andare oltre, rilanciando la parola d'ordine di guerra alla guerra. Tuttavia, gli scioperi di queste settimane hanno dimostrato una generosa disponibilità alla lotta dei lavoratori; anche per questo devono e possono essere la premessa di altre*, inequivocabilmente antiriformista e antistalinista, nei luoghi di lavoro e sul territorio.* iniziative dei lavoratori stessi contro le guerre della borghesia, dirette e indirette.

Il Bureau Internazionale Per il Partito Rivoluzionario