Gli scioperi di maggio-giugno in Francia - I primi balbettii di una possibile ripresa della lotta di classe?

La Francia ha conosciuto, da un anno a questa parte, grandi manifestazioni all'insegna dell'Unità Nazionale: la grande messa democratica della primavera 2002 (elezione del presidente, vittoria di Chirac contro Le Pen), poi la mobilitazione dietro Chirac difensore della Pace, della Democrazia, del modo di vita europeo minacciato dall'imperialismo americano in Irak. In questo periodo, l'unanimità era di rigore, poche voci dissonanti criticavano la difesa del capitalismo nascosta dietro quella della democrazia, la difesa dell'imperialismo francese (o europeo) dietro gli attacchi agli USA. Ma le realtà economiche, le necessità interne della società capitalista francese non potevano essere mascherate più a lungo. Che lo si voglia o no, il proletariato e la borghesia esistono sempre e anche il loro inconciliabile antagonismo. È in questo quadro che il governo, alla riapertura delle scuole nel settembre 2002, ha cominciato a prendere delle misure di riduzione della spesa pubblica nel settore dell'Education National (la pubblica istruzione, n.d.r.). In Francia più di un milione di persone - docenti, ma anche insegnanti d'appoggio e di sostegno, personale amministrativo, psicologi scolastici, infermiere e medici, sorveglianti di collegi e licei - lavora per il ministero dell'Education National. Se la maggioranza ha una condizione di impiegato pubblico, numerose persone sono precarie, hanno un lavoro intermittente, sono assunte nel quadro delle misure prese dai precedenti governi per mascherare la disoccupazione, o studenti che si pagano gli studi facendo i sorveglianti. L'annuncio della soppressione di questi posti di lavoro ha scatenato un movimento di scioperi nelle scuole e nei collegi delle zone più sfavorite. Inoltre, il governo ha deciso il trasferimento della maggior parte del personale non insegnante alle regioni, il che è stato percepito come l'inizio dello smantellamento dell'EN, della privatizzazione, in ogni caso un aggravamento delle disparità tra i vari istituti. Mentre i sindacati chiamavano alle solite "giornate d'azione", certi istituti sono scesi in sciopero fin dal mese di marzo, in particolare nella periferia nord di Parigi e a Marsiglia. Questo movimento, molto isolato, si è sviluppato senza l'apporto delle direzioni sindacali. Da quel momento in poi, esse hanno organizzato le abituali giornate d'azione. Lo scopo era ed è quello di organizzare e intruppare i lavoratori dietro di sé per accaparrarsi una posizione di forza nei negoziati con lo stato. È divertente constatare che, in quel periodo, i giornalisti annunciavano, ad ogni giornata d'azione, che il movimento si sgonfia... e che di sgonfiamento in sgonfiamento si è arrivati a una paralisi quasi generale dell'EN! (per esempio, nella regione di Marsiglia si sono toccate punte del 90% di scioperanti).

Un attacco accelerava allora il movimento: l'annuncio del piano di riforma delle pensioni. Preparato già da molto tempo, dopo essere stato differito per non farlo cadere vicino alle campagne elettorali, è un attacco di grande ampiezza, che mira, in nome dell'equità, a degradare le pensioni del pubblico impiego come è stato per quelle dei lavoratori del settore privato nel 1993. Dunque, a partire da quel momento, tutti i lavoratori dello stato erano direttamente toccati. Fedeli alla loro strategia, le direzioni sindacali hanno chiamato a una giornata di sciopero e di manifestazioni della funzione pubblica il 13 maggio, in appoggio al negoziato che si apriva col governo. Come sempre, i sindacati devono provare al governo e ai padroni che essi rappresentano i lavoratori e che possono controllare la combattività operaia. Essi, per i lavoratori, devono poter ottenere qualcosa che possa essere spacciato come un avanzamento o, almeno, un contenimento dell'attacco subito In parecchie amministrazioni, il numero degli scioperanti ha raggiunto livelli storici, raramente visti dopo il 1968. Anche le manifestazioni sono state massicce e molto partecipate. Quella mobilitazione si è trovata di fronte la questione del proseguimento dello sciopero il giorno dopo. Mentre l'unica prospettiva che le confederazioni sindacali offrivano ai lavoratori era... una manifestazione nazionale domenica 25 maggio, i settori tradizionalmente più combattivi - per esempio, SNCF (ferrovieri, n.d.r.), trasporti parigini (RATP) - prorogavano lo sciopero il 14. Tuttavia, è in nome di una strategia di negoziazioni (il calendario dei negoziati si stendeva fino a giugno) e della specificità di questi lavoratori (che hanno un regime speciale di pensioni, non compreso nell'attuale riforma - sebbene questi lavoratori non si facciano nessuna illusione sull'avvenire del loro proprio sistema pensionistico) che le direzioni sindacali, e specialmente, la CGT hanno fatto riprendere il lavoro mettendo avanti la manifestazione del 25 maggio e soprattutto una nuova giornata di sciopero all'inizio di giugno.

È quello il momento scelto dalla CFDT (seconda confederazione sindacale per numero di iscritti e di delegati, n.d.r.) per firmare un accordo, non ottenendo altro che miglioramenti insignificanti del testo iniziale.

In seguito a queste manovre, la mobilitazione ha preso un andamento molto contrastato secondo i settori e le località. I mesi di maggio e giugno sono stati ritmati dai "tempi forti", giornate di azione indette dalle confederazioni, durante le quali si svolgevano manifestazioni enormi. Tra quelle giornate, solo i lavoratori dei settori più combattivi restavano in sciopero. In quel periodo le direzioni sindacali sono dunque riuscite, nella grande maggioranza dei settori, a imporre il loro calendario di lotta, vale a dire un giorno alla settimana. Nel trasporto pubblico, da tutti, lavoratori e governo, considerato un settore chiave per la sua capacità di bloccaggio, le direzioni, il governo e parecchi sindacati hanno giocato sulle specificità per smobilitare i lavoratori. Bisognava disinnescare a qualsiasi costo un'eventuale generalizzazione all'inizio di giugno.

Sono effettivamente stati dei lavoratori relativamente spompati che hanno raggiunto i ferrovieri della SNCF e gli altri lavoratori dei trasporti, essi stessi divisi. E se in effetti quella giornata ha segnato un nuovo successo, il proseguimento del movimento è stato minoritario, la generalizzazione a tutto il pubblico impiego non c'è stata. Gli scioperanti, tuttavia, hanno tenuto più di una settimana, malgrado la demoralizzazione alimentata dalle direzioni sindacali e dai media (il movimento si sgonfia, è in affanno, è stata la parola d'ordine dei mezzi radiotelevisivi e non solo).

È dunque un movimento di grande ampiezza quello che si è svolto nei mesi di maggio e giugno. Anche se non si tratta che dei primi balbettii, si può considerarlo come una ripresa della lotta da parte dei lavoratori, almeno sul terreno della lotta economica. In modo chiaro, si trattava di difendere le proprie condizioni di lavoro, dei colleghi licenziati, la propria pensione futura. I lavoratori dell'EN, generalmente molto influenzati dall'ideologia della "Scuola della Repubblica" (l'equivalente, in Italia, della difesa della scuola pubblica, n.d.r.) hanno imparato che, Repubblica o no, era sulla loro pelle che lo stato voleva risparmiare. Quei lavoratori hanno sentito che il loro movimento, per essere forte, doveva estendersi, non solamente agli altri lavoratori dell'EN, ma anche al resto della funzione pubblica. E spesso, dei lavoratori di base, senza aspettare le consegne sindacali (che non sarebbero venute) sono andati a incontrare altri lavoratori. Un altro fenomeno nuovo è stata la messa in campo di Assemblee Generali Intercategoriali. Secondo gli ambiti, queste assemblee sono state sia un luogo di libera espressione operaia, sia, all'opposto, strettamente controllate dalle Confederazioni. Questo, perché il movimento non ha messo in discussione la logica sindacalista. La stragrande maggioranza dei partecipanti non ha compreso la tattica delle Confederazioni. Essi vedevano il sabotaggio della loro lotta, ma non capivano la ragione di questo sabotaggio. Un'altra debolezza è da ascrivere al fatto che i lavoratori non hanno saputo darsi un'organizzazione forte. Al di là delle Assemblee Generali, per sfuggire alla presa delle direzioni sindacali bisogna eleggere dei delegati per le assemblee di settore e di città che preparino le azioni da fare e generalizzino il movimento. Questa alternativa al potere delle Confederazioni non è stata posta.

Come accade in altri paesi europei e non solo europei, questo attacco contro i lavoratori non resterà isolato. Lo stato, sia per assicurare la posizione delle imprese nella concorrenza mondiale mediante la riduzione della pressione fiscale e il taglio degli oneri sociali a loro carico, sia per favorire lo sviluppo della previdenza privata a vantaggio del grande capitale finanziario, deve via via smantellare le prestazioni sociali, riflesso del periodo ascendente del secondo dopoguerra. Così il governo ha annunciato per l'autunno una riforma della Securité Sociale (altro pezzo del cosiddetto stato sociale, n.d.r.). Per proteggersi invoca la nozione di servizio pubblico e di servizio minimo: lo scopo è quello di rendere impossibili o inoffensivi gli scioperi. È tutto un arsenale di misure che i lavoratori dovranno combattere, forti dell'esperienza che hanno fatto la scorsa primavera.

dd - Marsiglia

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.