Sciopero generale - Così i sindacati addomesticano la rabbia dei lavoratori

È stata alta la partecipazione allo sciopero generale del 24 ottobre contro la riforma pensionistica del governo. Nonostante i lavoratori si mobilitino per difendersi, gli attacchi arrivano a ripetizione e sempre più violenti da tutte le parti, dai tagli della finanziaria all'insicurezza del posto di lavoro al carovita, ecc. Appare evidente che le risposte date al continuo deteriorarsi della situazione sono insufficienti, vi è una sorta di rassegnazione a subire gli eventi senza avere la convinzione e l'energia per invertirne la direzione.

Mentre l'attenzione era naturalmente rivolta alla controriforma previdenziale, lo stesso giorno entravano in vigore le nuove norme sul mercato del lavoro, cioè la legge Biagi a cura del ministro del Lavoro Maroni. La riforma ha il pregio, per la borghesia, di allargare a dismisura la flessibilità e quindi la precarietà, tanto che la Confindustria ha entusiasticamente affermato che ora l'Italia ha il mercato del lavoro più flessibile d'Europa.

Questo triste primato non fa altro che confermare una prassi in voga da lungo tempo, ogni successiva riforma non fa altro che tartassare con maggiore intensità di quella precedente il mondo del lavoro, indipendentemente se al governo in quel momento c'è la destra o la sinistra. Mentre ai padroni si concedono una infinità di agevolazioni, per i proletari è un continuo stillicidio del salario e dei servizi. Più sono forti le stangate e più si strilla che esse sono attuate per il bene di tutti, anzi le stratificazioni sociali maggiormente disagiate dovrebbero comprenderne i benefici.

Quando un qualsiasi governo deve prendere decisioni particolarmente pesanti contro i proletari a sostegno del capitale, le acque si agitano quasi automaticamente su due piani diversi e contrapposti. Il primo riguarda le forze politiche parlamentari, dove la logica di potere determina una conflittualità volta esclusivamente a fini elettoralistici, quindi maggioranza e opposizione, con i relativi riferimenti sindacali, polemizzano anche ferocemente nella prospettiva di rimescolare le carte a proprio vantaggio. I partiti borghesi, di destra e di sinistra senza eccezioni, non possono fare altrimenti che farsi concorrenza nell'occupare il maggior numero di poltrone, pena la loro stessa sopravvivenza o quantomeno la conservazione delle posizioni acquisite. Questa buffonata è chiamata dialettica della politica all'interno del più ampio scenario della competizione democratica. In realtà è solamente un gioco delle parti che sancisce la dittatura borghese e la salvaguardia del modo di produzione capitalista.

Il secondo piano, cosa che a noi interessa infinitamente di più, riguarda i lavoratori, i disoccupati o i semi occupati, in sostanza il proletariato in generale nei suoi diversi segmenti e gli strati sociali a esso assimilabili. Qui a contenere e imbavagliare le eventuali lotte spontanee dei lavoratori ci pensa in primo luogo il sindacato. L'esempio che stiamo esaminando è indicativo. La riforma previdenziale ha momentaneamente riunito Cgil, Cisl e Uil, sulla base non tanto della critica di merito ai contenuti della manovra governativa, visto che anch'essi riconoscono la necessità di rimettere mano alla materia, quanto di non essere stati coinvolti direttamente nella trattativa. Costretti, poverini, a indire lo sciopero generale, lo hanno fatto loro malgrado cercando di creare il minor danno possibile, stabilendolo un mese prima e per sole quattro ore. Il giorno successivo lo sciopero, dopo aver lasciato sfogare i manifestanti con la solita passeggiata innocua e ancora di più con insignificanti parole d'ordine, tra mille distinguo e ammiccamenti all'esecutivo, ecco riemergere le prime divergenze tra le confederazioni sull'atteggiamento da tenere per il futuro. L'interesse unitario è quello di non essere tagliati fuori dalla contrattazione per mantenere il loro ruolo di potere, ma allo stesso tempo i contrasti rispecchiano le contese ai vari livelli tra le forze borghesi.

La Cgil collocata nettamente con l'opposizione e per l'influenza che tradizionalmente esercita all'interno delle fabbriche, appare come la più decisa e intransigente nel respingere i disegni governativi. Ma è tutto fumo e niente arrosto, visto che anche loro insieme agli altri sindacati hanno fatto passare la famigerata riforma Dini, sempre sulle pensioni, e spalancato le porte alla precarizzazione del rapporto di lavoro, insieme a tanti altri provvedimenti contro il mondo del lavoro che l'attuale governo di centro destra sta a sua volta proseguendo.

La mancanza di autonomia, di una prospettiva diversa che vada oltre l'orizzonte capitalistico, fa sì che sulla testa del proletariato si perpetuino i soliti sporchi giochi, da qui la sensazione, come dicevamo all'inizio, che le mobilitazioni non fermeranno i disegni del capitale soprattutto se non si cambierà rotta; se la rabbia e l'indignazione dei lavoratori non saprà divincolarsi dalla stretta ingannatrice dei sindacati e di tutti coloro che sono parte integrante del sistema vigente. In una parola, se il proletariato non saprà riappropriarsi di una aspettativa e di una visione comunista della società, per una ripresa delle lotte contro il capitalismo e i suoi difensori.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.