Nassiriya - Le menzogne del mini imperialismo italiano

Il governo che porta il peso maggiore nella responsabilità delle morti dei soldati italiani in Iraq, ha coperto l'avvenimento con un velo di stucchevole ipocrisia inserendolo in un lugubre involucro di volgari menzogne. Si è immediatamente tentato di avvalorare la solita immagine d'italiani brava gente andati in Iraq per una missione di pace a guerra finita, sia per combattere il terrorismo sia per aiutare la popolazione a ricominciare una nuova e più democratica vita. Innanzi tutto la guerra non è finita ma continua nelle sole condizioni possibili dopo gli attacchi devastanti dell'aviazione americana, con azioni di guerriglia e attentati contro obiettivi militari e diplomatici dell'esercito d'occupazione e dei suoi alleati. Le componenti sciita e sunnita della società irachena, a volte da sole, a volte in collegamento militare, con l'aiuto di militanti islamici esterni ed interni, organizzano quotidianamente la resistenza alle truppe americane d'occupazione. È talmente evidente il motivo della presenza militare americana in Iraq, che la maggiore preoccupazione delle forze di resistenza, oltre a fiaccare il nemico, è quella di sottrargli l'oggetto primo del desiderio, ciò che ha fatto scatenare la guerra, il controllo del petrolio e delle sue linee di trasporto, organizzando attentati contro i pozzi petroliferi e le più importanti pipe lines che da Mosul e Kirkuk portano petrolio ed energia a Baghdad.

La presunta missione di pace è palesemente falsa. Il contingente italiano è in Iraq per espressa volontà del governo Usa cui il governo italiano non poteva opporre nessuna forma di rifiuto. Bush a corto di mezzi e di uomini, in procinto di sostituire una parte del suo contingente militare di 130 mila soldati con i riservisti, poco esperti, molto di meno costosi, e a corto di alleati a cui chiedere aiuto, si è rivolto al governo italiano, che in mancanza di credibilità in Europa, si è immediatamente appoggiato alla sponda americana, ma correndo tutti i rischi che una situazione di guerra comporta.

Il compito principale che il contingente italiano doveva svolgere sotto il controllo Usa era quello di addestrare la polizia del governo di transizione di Chalabi e del proconsole Paul Bremer per bonificare l'area delle maggiori città irachene dalla presenza di sacche di resistenza. Quella stessa polizia che il 1° ottobre, con l'aiuto dei militari americani, ha sparato su di una folla di manifestanti civili che chiedevano lavoro e il pagamento di stipendi da mesi non più erogati per arrivare almeno alla fine del mese e far sopravvivere le proprie famiglie. Il governo italiano può avere la memoria corta o aver completamente rimosso i motivi della presenza del suo contingente, ma la resistenza irachena no. L'attacco di Nassiriya non è avvenuto né per caso né per un tragico errore, né per opera di un cieco terrorismo che colpisce dove può; l'obiettivo era stato da tempo individuato e le stesse Intelligence sapevano che un attentato contro il loro contingente era nell'aria per i motivi che erano chiari a tutti, compresi i responsabili militari di Nassiriya e il governo italiani. Tutti gli attentati che si sono compiuti in Iraq, dopo la presunta chiusura della guerra, hanno avuto un obbiettivo preciso e ben individuato. L'attacco alla Sede dell'Onu è avvenuto dopo che l'Assemblea generale aveva votato la risoluzione 1511 con la quale gli Usa hanno ottenuto la copertura giuridica alla loro guerra preventiva di rapina. Gli attentati contro le ambasciate giordana, inglese e italiana hanno colpito tutti quei governi che direttamente o indirettamente hanno dato supporto alla presenza militare in Iraq.

Altro elemento che pesa sulla coscienza del governo italiano è quello relativo all'accettazione della falsa analisi che l'amministrazione Bush propone a piene mani nel tentativo di stornare l'opinione pubblica interna e quella internazionale sulle falsificazioni operate prima dello scoppio della guerra sulla presenza delle armi di distruzione di massa, sulla ipotesi che il governo di Baghdad fosse in grado di produrre in tempi brevi la bomba atomica, inventando di sana pianta una fornitura di uranio arricchito mai esistita. La falsa analisi è quella che in Iraq ogni episodio di resistenza contro la presenza dell'esercito americano sia da attribuire a forze terroristiche islamiche legate alle centrali del terrorismo internazionale, e quindi da reprimere con ogni mezzo: rastrellamenti, ritorsioni e torture. Dal vocabolario di Bush, adottato pedissequamente dal governo Berlusconi, le parole occupazione, resistenza nazionale e petrolio sono state definitivamente cancellate. Ciò nonostante emerge sino all'evidenza che le forze italiane sono presenti in Iraq per:

  1. dare sostegno all'esercito di occupazione americano su precisa richiesta del governo Bush;
  2. le forze italiane hanno un ruolo attivo a favore del governo transitorio di Chalabi e del proconsole americano Bremer con tutto ciò che comporta sul piano delle corresponsabilità;
  3. in via subordinata la presenza militare italiana serve da carta di credito presso il governo Usa per le attuali necessità di credibilità internazionale, pesantemente compromessa a livello europeo, e per entrature politiche future;
  4. è funzionale alla speranza che, a cose finite, ci sia un piccolo spazio per l'Italia nel business del petrolio e della ricostruzione economica iracheni in quanto fedele alleato del più potente imperialismo mondiale.

Per nascondere le vere ragioni della presenza del contingente militare italiano in Iraq, le trombe del governo hanno suonato la litania della missione di pace, hanno negato l'attuale stato di guerra, hanno vibrato all'unisono sul martirio dei militari italiani morti per portare la pace e la democrazia. La più volgare e meschina delle armi, l'ipocrisia, è stata usata per nascondere la verità, le responsabilità politiche e morali per la morte di un gruppo di giovani immolati sull'altare delle menzogne e dei piccoli interessi del mini imperialismo italiano.

fd

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.