Tribolazioni europee - Ancora in fasce, la borghesia europea stenta a farsi valere

Lo scontro fra Consiglio Europeo dei ministri finanziari e Commissione Europea, secondo molti, ha messo a rischio sia il futuro dell'Unione Europea sia la tenuta dell'Euro. In realtà, l'Euro ha tenuto benissimo, anzi nel momento in cui scriviamo ha superato da due giorni la soglia del 1,2 nei confronti del dollaro stabilendo un nuovo massimo (1,2085 dollari per 1 euro) mostrando chiaramente che gli investitori si sono ben poco impressionati dalla vicenda. Il futuro dell'Unione Europea, invece non si è per nulla chiarito.

È evidente che in sede di Ecofin (il Consiglio dei ministri finanziari, nell'occasione presieduto dall'italiano Frattini) sulla decisione se applicare o meno le sanzioni previste e suggerite dalla Commissione a Francia e Germania ha giocato il peso indubbio dei due giganti d'Europa. Hanno sfondato il tetto del 3% del deficit di bilancio sul PIL, ma sono anche i paesi che più "tirano" in Europa e ai quali è di fatto affidata la ripresa della produzione europea dalla fase di stagnazione attuale. In fondo i governi d'Europa, per quanto mugugnino, hanno aderito all'impostazione fondamentalmente keynesiana della autodifesa di Francia e Germania: agire sulla sola riduzione del deficit significa tagliare le spese (la riduzione degli interessi sul debito pubblico, che anche in quei paesi hanno un peso rilevante sul bilancio, non è in discussione e nessuno l'ha neppure ventilata). Ma tagliare le spese sul fronte dei servizi e dei contributi diretti alle imprese significa deprimere la domanda interna e gli investimenti. Lasciateci ancora finanziare la ripresa, hanno detto in sostanza.

Certamente quella decisione si scontra direttamente con le regole che la UE si era data a Maastricht, alla fondazione, e che, anzi, proprio Francia e Germania avevano più sostenuto: quando si sfonda il tetto del 3% sul PIL, richiamo a "rientrare"; il secondo anno ammonimento formale e il terzo anno sanzioni.

Hanno dunque le loro ragioni quanti sostengono che la decisione di Ecofin ha sancito il diritto del più forte, ma non si può scordare che il diritto del più forte è uno dei principi reggitori del modo di produzione capitalista e delle sue politiche. E in fondo, ad onta di disagi e proteste, a decidere di salvare Germania e Francia è stata una maggioranza di ministri d'Europa.

Ma è proprio qui che si è aperto il contenzioso politicamente più rilevante: decisioni all'unanimità o a maggioranza e quale maggioranza. La questione rappresenta l'ultimo e più massiccio scoglio da superare per approvare la nuova costituzione europea - che quando questa Bc sarà stampata avrà forse, ma solo forse, visto la luce. La vicenda di Ecofin avvelena la discussione che vede scatenarsi gli uni contro gli altri gli interessi nazionali e non certo trionfare la "idea forte" d'Europa.

Oltretutto alla discussione partecipano anche gli altri 10 paesi che entreranno presto nell'UE.

C'è chi vede un futuro di Stato europeo e chi vede una Europa degli Stati, chi vede la necessità di istituzioni forti, economiche politiche e militari, e chi punta invece su una federazione lasca da cui trarre il massimo con il minimo impegno delle rispettive economie. È su queste idee di fondo che si articolano poi i temi specifici della contesa: sistema di attribuzione della forza di voto dei diversi paesi, rapporti fra Commissione e Consiglio d'Europa ecc. Ma tenendo presente le questioni di fondo è facile constatare che alle istituzioni europee forti puntano quei paesi (Francia e Germania in testa) a più elevata accumulazione del capitale - leggi più forti. Sono i paesi che hanno anche la borghesia più avanzata, più immediatamente inserita nei meccanismi della internazionalizzazione del capitale, della concentrazione internazionale, in sostanza una borghesia a forte componente europea.

L'idea contemporanea d'Europa non ha nulla a che fare - è bene chiarirlo perché è uno dei concetti più misconosciuti e mistificati - con i "tentativi di Carlo Magno, o degli Asburgo d'Austria e di Spagna, o di Napoleone" - come pretende E. Scalfari. Vedi "L'Europa senz'anima che piace a Tremonti", su La Repubblica del 30 novembre.

L'Europa si è data, unica e prima nella storia, una moneta unica, che compete con successo sui mercati internazionali, prima ancora dello Stato perché in Europa si muove oggi una borghesia propriamente europea, che non c'era né ai tempi di Napoleone né - tantomeno - di Carlo Magno.

È una borghesia appena nata, ancora debole che, se è riuscita a creare l'Euro, non ha ancora influenza sui ceti politici e governanti dei diversi paesi che sia sufficiente a ispirarne le politiche, cosicché questi stessi ceti politici e governi pur sensibili alla "necessità d'Europa" - anche perché da essa traggono vantaggi non indifferenti - subiscono le spinte ancora prevalenti della borghesia nazionale. Del resto questa è ben identificabile e riconoscibile mentre la borghesia europea alla quale ci riferiamo neppur lo è. Chi è europeo? Certamente i grandi banchieri, ma fra gli altri grandi il confine è incerto e ballerino. Medi e piccoli imprenditori sono invece corpo e sangue di quella borghesia nazionale che più fa gravare i propri egoismi sulle dinamiche d'Europa.

E vallo a spiegare al capitalistuccio del NordEst che la presenza americana in Iraq ha un segno prevalentemente antieuropeo! È assolutamente vero ma il piccolo industriale del Nord Est - che è più facile a imbufalirsi perché i vincoli europei gli impongono standard di sicurezza di cui farebbe a meno - non ci arriva.

Ecco, queste sono le difficoltà del capitalismo europeo, e sono evidentemente tali da non poter essere superate presto e facilmente.

Al di là di come finirà, la riunione del 12 dicembre dei capi di stato sulla Costituzione Europea la marcia è ancora lunga.

Non si tratta per il capitalismo europeo di trovare astrattamente un'anima per non essere squassato dagli interessi nazionali contrapposti, si tratta invece di essere rappresentato da una frazione più o meno forte della borghesia.

La tendenza a emergere di questa borghesia europea che reclamerà il suo stato iniziò l'indomani della seconda guerra mondiale, alimentata, paradossalmente ma non tanto, dal piano Marshall americano per la ricostruzione d'Europa.

Non è detto che essa farà a tempo ad affermarsi al di sopra delle altre fazioni della borghesia in Europa, prima che gli Usa la sconfiggano, anche militarmente. Intanto sono impegnati a minarle il terreno sotto i piedi puntando proprio su quegli stati oscillanti, come l'Italia, o a più debole accumulazione del capitale e con borghesie decisamente più arretrate.

Alle forze politiche del proletariato compete di osservare i fenomeni per individuare possibili risvolti sulla propria attività; non di tifare né di auspicare.

m. jr

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.