Con la borghesia, senza se e senza ma - A proposito della resistenza irachena

Dagli anarchici agli stalinisti, passando per tutte le organizzazioni di matrice trotzkista a quelle genericamente antimperialiste che non hanno un preciso retroterra teorico, l'appoggio incondizionato alla resistenza irachena sembra un fatto scontato. I gruppi e i movimenti che si collocano alla sinistra del sempre più "pacifista e non-violento" PRC di Bertinotti, non ci pensano su due volte a dire: "viva la resistenza irachena".

Ognuno, poi, dà a questa affermazione un valore più o meno differente. Secondo alcuni, infatti, bisogna appoggiare qualunque azione contro gli occupanti senza badare alla direzione politica, i bersagli scelti, e così via. l'importante è colpire l'invasore. Secondo altri, invece, è legittimo e necessario rivendicare autonomia di giudizio sui gruppi egemoni della resistenza irachena (nazionalisti e fondamentalisti) e auspicare un'altra direzione politica della lotta anticoloniale.

Lasciamo qui da parte chi appoggia senza postille la resistenza irachena, e prendiamo invece in considerazione chi non vuole rinunciare ad una "visione strategica", e vede quindi nel fronte nazionale anticoloniale soltanto una prima tappa nel cammino per la liberazione del popolo iracheno. Chi insomma avanza la logica delle priorità: prima cacciamo lo straniero tutti insieme, borghesi e diseredati uniti nella lotta, e poi ricominciamo la lotta di classe contro i nazionalisti, la pretaglia islamica, gli sceicchi petrolieri, le gerarchie feudali dei clan, e così via.

Ora, ammettiamo per un attimo che sia davvero possibile la vittoria della cosiddetta resistenza irachena contro l'occupazione americana, senza l'intervento di un'altra coalizione che faccia subentrare il proprio potere a quello statunitense, e quindi che vi sia la ricostituzione di un regime gestito dalle componenti maggioritarie e dominanti della resistenza stessa: fondamentalisti, nazionalisti, capi tribali e minoranze staliniste a cui, orfane dell'URSS, non è rimasto che il mito borghese della patria. A quel punto, secondo i fautori della visione strategica, la componente classista della resistenza potrebbe finalmente sganciarsi dal fronte nazionale e cominciare a coltivare una politica autonoma e a combattere quelli che il giorno prima erano i propri alleati nella lotta contro l'invasore.

Fantapolitica. La realtà, per chi conosce la dinamica essenziale della lotta di classe, non ha niente a che vedere con questa visione evoluzionista del conflitto sociale. Una volta che la classe dominante irachena avesse completamente ristabilito il proprio controllo sulla nazione, che motivo avrebbe per non schiacciare quelle minoranze anticapitaliste, che fino al giorno prima erano state così disponibili ad affiancare senza riservenla direzione borghese della resistenza? Non sarà invece che proprio quando la classe dominante è indebolita e frammentata che i proletari, se organizzati autonomamente su un terreno di classe contro la violenza dell'occupante e contro tutte le fazioni della borghesia autoctona, possono iniziare a fare qualche passo avanti sulla via - internazionale e internazionalista - della propria liberazione sociale?

Morgeto

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.