A loro il petrolio agli iracheni la... Democrazia

L'iraq dopo il trenta giugno secondo B (ush) & B (lair)

La proposta di passare dall'attuale governo provvisorio iracheno a quello autonomo in funzione delle libere elezioni da tenersi entro il gennaio del 2005 è stata formulata in cinque punti dall'amministrazione americana con il solito sostegno dell'alleato inglese. Nel merito si chiede una nuova risoluzione Onu che certifichi il passaggio e dichiari che il futuro governo avrà autonomia e sovranità e che le componenti politiche e confessionali saranno equilibrate in modo da garantire stabilità e democrazia per tutto il popolo iracheno.

Che si tratti di una farsa è palese sino all'evidenza. L'imperialismo americano dopo l'occupazione dell'Iraq si è trovato in estrema difficoltà militare, politica ed economica. La vera guerra si è prodotta proprio dopo il 1° maggio, data entro la quale l'amministrazione Bush pensava di aver chiuso militarmente il conto con il regime di Saddam. Quasi tutte le componenti politiche e religiose interne hanno preso le distanze dal governo provvisorio e spezzoni della borghesia hanno organizzato una vera e propria guerra di resistenza che non ha consentito alla truppe di occupazione di amministrare al meglio la composita realtà sociale, di usufruire degli introiti petroliferi e ha inflitto loro complessivamente un migliaio di morti che iniziano a pesare sull'opinione pubblica americana. Le quotazioni dell'amministrazione Bush sono verticalmente in calo sia per le menzogne raccontate a giustificazione dell'attacco militare, sia per la barbara questione delle torture. Le spese militari aumentano in termini esponenziali senza che nessuno degli obiettivi prefissati sia stato raggiunto. La richiesta americana di coinvolgere l'Onu ha in questi motivi la sua ragion d'essere. Innanzitutto perché ridurrebbe le spese militari e la presenza dei suoi effettivi, poi perché riceverebbe una sorta di imprimatur a restare per tutto il tempo necessario, ed infine perché qualsiasi siano i tempi di realizzazione del passaggio delle consegne al nuovo governo e qualunque sia la sua composizione, i suoi destini sarebbero segnati da un inevitabile allineamento politico imposto dalla presenza militare americana che lo renderebbero dipendente in tutto e per tutto.

L'imperialismo americano ha una lunga esperienza in queste manovre. Con la frode o con la forza, quando è stato necessario, ha inventato governi di tutti i tipi, dittatoriali o democratici, semplicemente conservatori o reazionari a seconda della bisogna. Nel '53 in Iran, dopo la salita al potere di Mossadeq, che ebbe il torto di nazionalizzare i pozzi petroliferi, la Cia organizzò il ritono al potere dello Shà con l'immancabile bagno di sangue che ne seguì. Nel '55 ha favorito l'ascesa al potere nel Vietnam del sud di Ngo Din Diem presentandolo come democratico e progressista al confronto del vecchio imperatore Bao Dai. Nei fatti il presidente del sud si rivelò un feroce dittatore che eliminò a decine di migliaia i suoi oppositori politici comunisti e non. Nel '73 in Cile le intelligence americane organizzarono il colpo di stato di Pinochet contro il presidente eletto Allende che aveva nazionalizzato le miniere di rame e la rete telefonica nelle cui gestioni c'era la consistente presenza di capitale americano. Nell'83 a Grenada il comportamento fu lo stesso, il governo in carica non dava più le garanzie che Washington pretendeva, da lì l'invasione militare sino ad arrivare all'Afganistan del collaborazionista Kharzaj. In questo caso il governo provvisorio avrebbe dovuto democraticamente garantire gli interessi americani che consistevano nel fare dell'Afganistan il territorio di passaggio di un oleodotto cha dal Kazakistan avrebbe dovuto portare il petrolio sino alle sponde dell'oceano indiano nel Pakistan meridionale. Il futuro governo iracheno, con la presenza dell'Onu o senza, con l'appoggio o l'opposizione dei maggiori paesi europei non potrà sottrarsi a questa logica. La dimostrazione sta nel fatto che il nuovo presidente, Allawi, che dovrà condurre politicamente il futuro governo, è stato in passato un informatore della Cia e tra quegli oppositori che ritenevano, negli anni ottanta, che gli Usa dovessero organizzare un golpe militare in Iraq per liquidare il regime di Saddam. Il lavoro politico per il30 giugno, come si vede, è già cominciato. Per l'imperialismo americano è in gioco la più importante area di approvvigionamento petrolifero del Medio oriente dopo che l'alleato saudita si è rivelato meno affidabile del previsto e in ragione della progressiva dipendenza energetica dell'economia americana dal petrolio estero. Anche la supremazia del dollaro e la rendita petrolifera parassitaria continuerebbero così a riproporsi e a convogliare verso l'esausta economia americana consistenti flussi di capitale finanziario. Non ultimo, l'egemonia finanziaria e politica americana nei confronti dell'Europa, della Russia e della Cina continuerebbe a rafforzarsi consentendo agli Usa di sopravvivere alle proprie contraddizioni che ne fanno un colosso d'argilla, indebitato sino al collo, sempre meno competitivo sul piano dell'economia reale, e che soltanto l'uso della forza consente di continuare a rimanere ai vertici del capitalismo internazionale.

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Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.