Cassa integrazione, licenziamenti, supersfruttamento: la solita "cura" alla crisi Fiat

Uno nuova ondata di cassa integrazione si abbatte sui lavoratori FIAT: se i padroni italiani e americani litigano per la spartizione del bottino aziendale, sono invece perfettamente d'accordo su chi dovrà fare i sacrifici per "salvare dalla crisi la più grande industria italiana".

In realtà, la difficile situazione in cui è impantanata da anni la multinazionale torinese è dovuta alla durissima concorrenza internazionale tra colossi automobilistici, generata, a sua volta, dalla più generale crisi del capitalismo a livello mondiale. L'Opel a la Volkswagen si trovano, infatti, più o meno nelle stesse condizioni, a riprova che la sorte di noi lavoratori non dipende dalla competenza capitalistica di questo o quel manager, ma dalle necessità di un capitalismo in grande difficoltà, che, come al solito, scarica i costi della sua crisi sulla classe operaia.

Esternalizzazioni, terziarizzazione, precarietà, aumento insostenibile dei carichi e dei ritmi di lavoro, cassa integrazione e licenziamenti: sono la solita amarissima medicina che il padronato fa ingoiare ai lavoratori per tentare di rianimare un sistema profondamente malato. Mai come in questi momenti risulta evidente la totale contrapposizione tra gli interessi dei lavoratori e quelli dei padroni. Mai come in questi momenti emerge la funzione di "pompiere sociale" del sindacato. I presunti difensori degli operai, cioè i sindacati, si mettono a disposizione del padronato per aiutarlo a superare le difficoltà aziendali: avanzano proposte e suggerimenti (vogliono insegnare ai padroni a fare meglio il mestiere di... padrone) che inevitabilmente e immancabilmente comportano sacrifici e divisioni per e tra gli operai.

Non è certo così che si difendono gli interessi degli operai e degli impiegati. Per farlo realmente bisogna in primo luogo rifiutare l'organizzazione capitalistica del lavoro, che significa sempre e comunque sfruttamento della forza-lavoro e sottomissione totale ai bisogni dei padroni. Da questo consegue la denuncia e il rifiuto di ogni forma di concertazione/collaborazione con il padronato e con le istituzioni che governano la società - stato, regioni, comuni - alle quali si chiedono irrealistici piani di intervento per rilanciare l'economia capitalistica, che sarebbero comunque pagati dalle tasche proletarie: dagli sgravi fiscali, agli incentivi statali fino alla nazionalizzazione più o meno mascherata.

Ma le istituzioni non sono al di sopra delle parti! Il loro compito esclusivo è quello di amministrare la società borghese, cioè di tutelare gli interessi borghesi: del padronato, in primo luogo, e, a scalare, di tutte le altre frange della borghesia. Dopo, molto dopo che sono stati soddisfatti quegli interessi, e solo se c'è rimasto qualcosa, viene data qualche briciola ai lavoratori. Insomma, le istituzioni (cioè i partiti che ne occupano le poltrone) sono lì per spolpare la classe operaia, con le buone o con le cattive, a seconda dei casi.

Il sindacato ha ampiamente dimostrato - anche nella sua veste apparentemente più radicale, quale è quella indossata oggi dalla FIOM - che non sa, né soprattutto vuole mettersi sulla strada della reale difesa operaia: gli accordi bidone, il compromesso al ribasso, la mortificazione degli entusiasmi e della volontà di lotta operaie, le tacite intese con la direzione e i capi squadra sulla cassa integrazione per sbattere fuori per primi gli operai più "rompicoglioni" (cioè quelli sempre pronti a scioperare, a lottare, anche spontaneamente, come alla TNT) sono la sua pratica abituale.

E se, come è avvenuto a Melfi, la determinazione allo scontro col padronato è particolarmente forte, si impegna un po' di più, ma solo per circoscrivere il possibile estendersi del focolaio della lotta di classe dentro i limiti estremi delle compatibilità capitalistiche.

Non c'è nessuno che possa veramente difenderci se non noi stessi! Per noi lavoratori - dentro e fuori la FIAT - l'unica alternativa è quella dell'autorganizzazione vera della lotta, dal basso, oltre e, se necessario, contro ogni logica sindacale, nell'unità con le altre categorie di lavoratori, "fissi" o precari. Solamente le assemblee operaie possono decidere perché, come e quando scioperare. Solo una lotta fondata su questi presupposti è in grado di spezzare le leggi e gli accordi dei nemici di classe e porci concretamente sul terreno della difesa dei nostri interessi generali e immediati.

Per la rottura della pace sociale, cioè della falsa armonia di interessi tra lavoratori e padroni di ogni dimensione! Per l'unione di tutti i lavoratori! Per l'autorganizzazione dei lavoratori, dai luoghi di lavoro al territorio! Per la prospettiva anticapitalista del comunismo internazionale! Per il partito rivoluzionario!

Partito Comunista Internazionalista - Battaglia Comunista