La cisi dell'occupazione nel Valdarno pisano

La Cina è sempre più vicina

Il colosso delle due ruote Piaggio è stato per decenni uno dei cardini dell'industrializzazione di quella parte della valle dell' Arno che va da Pontedera (PI) a Livorno. I parametri produttivi ed occupazionali locali subiscono ormai da tempo i riflessi di una competizione globale, ossia estesa a tutto il pianeta.

Piaggio parla di delocalizzazioni nel sud-est asiatico e di nuovi partner industriali da cercarsi in quei paesi in cui sarebbe intenzionata a portare parte della lavorazione e molte ditte più o meno piccole già tremano e muovono i propri referenti istituzionali in loco ed a livello regionale.

C'è chi però non si limita alle parole.

La Mitsuba F. N. Europe, multinazionale giapponese che nel suo stabilimento di Mortellini tra Pisa e Livorno produce per Piaggio, Aprilia e Peugeot, ha posto i suoi 170 dipendenti davanti a questa scelta: o 80 messe in mobilità e la contemporanea abolizione del premio di produzione per chi resta, oppure il trasferimento dello stabilimento in Cina - prendere o lasciare!!

Inutile dire che, complice la Fiom, i lavoratori hanno preso (e perso). E sempre inutile è dire che quando, a metà degli anni '90, i giapponesi rilevarono la proprietà della vecchia Finsed ed ingrandirono la fabbrica, alte si levarono le grida di giubilo da più parti alla raggiunta stabilità produttiva con ovvio corollario circa posti di lavoro, mutui, pensioni e quant'altro. Come se nell'attuale fase di crisi del ciclo di accumulazione questi potessero essere traguardi raggiungibili in modo duraturo!

I lavoratori della Mitsuba non sono certo gente succube del "padrone", né tanto meno inesperti o nuovi alla più decisa contrapposizione; hanno difeso per anni le migliori condizioni di lavoro della loro officina, sempre solidali tra loro e pronti ad isolare la "spia" o la mano occulta del padrone e mai tentati di scaricare le tante pressioni e repressioni sulle centinaia di contratti a termine ed interinali che affollavano gli impianti durante i picchi produttivi - ma anzi determinati a condividere con questi ultimi i relativi "agi" goduti, consci di come fosse questo il modo migliore per mantenerli.

Hanno fatto però un grosso errore: si sono identificati con la Fiom e hanno pensato che la forza di cui erano capaci dipendesse dal di essa patronato e non dalla loro determinazione. Nel momento dello scontro decisivo la presunta arma migliore ha sparato a salve, la burocrazia sindacale ha lavorato per il nemico senza peraltro che molti di loro se ne siano accorti, ma anzi pronti a manifestare e sfilare per le vie cittadine ancora una volta.

Nessuno dei loro protettori gli ha detto che un "pezzo" prodotto in Italia costa all'azienda 21 euro contro i 9 in Cina; ed è per questo che, presto o tardi, e nonostante tutti i sacrifici che potranno sobbarcarsi, la ditta andrà in Cina od in Vietnam, come minaccia da anni.

A livello generale se ne può trarre questo insegnamento: una condotta "riformista", lottare per mantenere dignitose condizioni di lavoro e di vita nel contesto del capitalismo attuale in crisi, cioè di maturità imperialistica, non ha possibilità di riuscita duratura. Solo un impegno cosciente teso alla costruzione di un organismo politico dedito alla lotta di classe e divulgatore della necessità del superamento del capitalismo tra le masse lavoratrici può darci soluzioni nell'immediato ed in prospettiva.

gc

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.