In Polonia vincono i gemelli Kaczysnki - Smarrimento proletario e false promesse nelle elezioni polacche

Che la sinistra borghese sia il miglior apripista della destra più bieca, è una constatazione che trova conferma anche nelle ultime doppie votazioni polacche.

In ballo c’era l’elezione del nuovo parlamento e del presidente della repubblica, ma lo scontro elettorale si è svolto totalmente all’interno della destra. Da una parte, il raggruppamento "Piattaforma Civica", sostenitore delle privatizzazioni ad oltranza e della definitiva demolizione di quel che rimane dello "stato sociale", anche attraverso l’imposizione di un’unica imposta sui redditi pari al 15%: la cosiddetta Flat tax. Dall’altra, "Legge e Giustizia", il partito guidato dai gemelli Kaczysnski, ex operai di Solidarnosc, alla fine vincitori di tutte e due le tornate elettorali.

La loro vittoria è stata una mezza sorpresa, visto il vantaggio che i sondaggi attribuivano inizialmente all’avversario, e, soprattutto, costituisce un ulteriore elemento di incertezza nel già difficoltoso processo di integrazione politica europea. Infatti, l’Unione Europea appoggiava ufficiosamente Tusk, capo di Piattaforma Civica, ma ancora una volta, come nel caso del recente referendum francese, Bruxelles non ha fatto i conti con il sentimento di rancore profondo, se non di odio, verso chi agli occhi di milioni di proletari e piccolo borghesi è il principale responsabile della loro miseria: l’Europa, appunto.

È dal 1989, quando il falso "socialismo reale" lasciò il posto ad un regime borghese "classico", che gli strati sociali inferiori - operai e salariati, in primo luogo - sono stati aggrediti da politiche economiche che hanno sparso a piene mani povertà ed emargin-azione, con la scusa che i sacrifici erano necessari per "entrare in Europa". Oggi, in Polonia, la disoccupazione ufficiale è a livelli molto elevati, in media del 18%, ma con punte fino al 40%, e il 12% della popolazione vive sotto la soglia di sopravvivenza, ossia il quadruplo di dieci anni fa. Il tutto, naturalmente, accanto all’emergere di enormi ricchezze, ostentate sfacciatamente in mezzo a tanto degrado.

Cominciò il primo governo formato e sostenuto da Solidarnosc, ormai depurato da quelle correnti classiste che agli inizi, seppur in maniera contraddittoria, aveva, e l’opera di immiserimento è proseguita dall’altalenante avvicen-darsi di formazioni governative di destra, centro e sinistra. Quest’ultima, cinque anni fa, nonostante fosse in gran parte composta da elementi riciclati del vecchio regime stalinista, aveva raccolto il disgusto della popolazione per il governo precedente ed era stata portata trionfalmente al potere col 41% dei voti. Ma non era cambiato assolutamente nulla: stessa corruzione, stesse bastonate sulla testa del proletariato. Anzi, la sinistra, se mai, ha calcato la mano, inaugurando, nel 2003, una legge il cui nome è tutto un programma: "Prima di tutto, l’impresa". Per attrarre investimenti esteri e "rilanciare l’occupazione", sono state prese delle misure che rendono estremamente difficile esercitare il diritto di associazione, quindi, alla fin fine, di sciopero, anche nel settore privato (nel settore pubblico è praticamente impossibile scioperare, visto che tutto il comparto rientra in blocco nella categoria dei servizi essenziali), mentre le imprese possono legalmente aggirare i già deboli ostacoli allo strapotere padronale contenuti nei contratti nazionali, tra i quali, per esempio, la tutela contro il licenziamento selvaggio (il manifesto, 28-08-’05).

Di fronte a questa ennesima delusione, come ha reagito il proletariato? Al solito: in mancanza di un saldo punto di riferimento di classe, si è rifugiato nella passività o si è buttato nelle braccia dei primi agitatori demagoghi che furbescamente si sono fatti passare per i difensori della povera gente, cioè di quella parvenza di welfare residuo. Dunque, da una parte, l’astensionismo massiccio (dal 50 al 60%), ma un astensionismo sterile, perché senza prospettive rivoluzionarie, dall’altra il voto per i fratelli Kaczynski, puri "rappresentanti" di un proletariato (e di una piccola borghesia) impaurito, disorientato e, soprattutto, totalmente succubo dell’ideologia borghese. Le parole d’ordine? Legalità, pena di morte, difesa dei valori polacchi, cioè bigottismo, radicato specialmente nelle campagne - estremamente inquiete per la loro sorte dopo l’ingresso nell’UE - e alimentato da una Chiesa molto potente, che è scesa in campo massicciamente a favore del duo Kaczynski. In questa sozza mistura, non poteva certo mancare il nazionalismo, abituale stupefacente spacciato dalla borghesia per meglio dominare le coscienze delle classi sociali inferiori, e, contemporaneamente, strumento di ricatto nei confronti delle borghesie europee più forti. Il neopresidente, Lech Kaczynski, ha tirato fuori dal cilindro una serie di rivendicazioni nazionalistiche che, in altri tempi (?), sarebbero state considerate provocazioni da lavare col sangue. Ha ventilato la possibilità di chiedere alla Germania 45 miliardi di euro, come riparazioni per i danni della seconda guerra mondiale e vuole impedire che il nuovo gasdotto russo-tedesco passi per il Mar Baltico, pretendendo che attraversi la Polonia. Ciliegina sulla torta, vuole rinegoziare con gli USA le condizioni di permanenza del contingente polacco in Iraq, mettendone in forse il ritiro previsto per il 2006.

Ma dietro a tutto questo ringhiare nazionalistico, come si diceva, c’è una borghesia che molto probabilmente vuole contrattare al rialzo il prezzo della sua "obbligatoria" integrazione al progetto imperialistico europeo, concedendosi per questo ai corteggiamenti yankees quel tanto che serve per strappare quante più concessioni possibili dalle borghesie dell’Europa centro-occidentale. La polemica contro l’Europa - uno degli ingredienti della vittoria di Legge e Giustizia - è molto simile agli attacchi contro l’euro scatenati qui da noi dal centro-destra, cioè da un settore della borghesia cui le regole europee vanno troppo strette, perché la privano di certe scappatoie (per esempio, la svalutazione della moneta) con le quali poteva compensare la propria debolezza. Ma la Polonia, come l’Italia, ha troppi legami economici con l’Unione Europea - molti di più che con gli USA - perché la sua borghesia possa pensare di vivere in eterna rotta di collisione con Bruxelles, a meno di eventi sconvolgenti per ora non prevedibili. Alla fine, come da copione, la retorica sociale dei gemelli si mostrerà per quello che è: fumo negli occhi alla povera gente, e, forse con qualche esitazione in più, verrà applicata la politica economica dei precedenti governi e dei governi di tutta l’Unione; di diverso - ancora forse - ci sarà qualche oscurantista e bigotta legge contro i cosiddetti diritti civili. È l’incancrenirsi della crisi e le necessità dell’imperialismo europeo che impongono a scala continentale l’adegua-mento alle medesime politiche sociali, politiche enormemente facilitate dallo smarrimento del proletariato; ed è su questo smarrimento che costruiscono le proprie fortune elettorali i Kaczynski, i Berlusconi o i... Fassino.

cb

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.