Si consolida l’asse strategico tra Mosca e Pechino

Il recente accordo tra Russia e Cina - Il gas al centro delle manovre imperialistiche

Tutta l’economia mondiale si fonda sul consumo crescente di energia e di conseguenza il petrolio è al centro dello scontro imperialistico; gli Usa sono in prima fila ad accaparrarselo con la forza delle armi come abbiamo tante volte detto a proposito dell’intervento militare nei Balcani, in Afghanistan e in Irak. Si tratta di una questione vitale per ogni economia avanzata dato che per ognuna di esse la dipendenza dal petrolio importato è quasi totale. L’avvicinarsi del cosiddetto “picco” della produzione mondiale, ovvero del momento in cui la metà delle risorse stimate mondiali saranno state già estratte, momento che farà trapassare l’economia dell’oro nero dal regime dell’abbondanza a quello della scarsità, produce una battaglia senza esclusione di colpi tra le potenze imperialistiche. In questo quadro, già di per sé di grave tensione, sta emergendo anche la questione del gas naturale, un’altra importante fonte energetica impiegata innanzi tutto per la produzione di elettricità. Intorno a questa preziosa materia prima già si stanno svolgendo le grandi manovre imperialistiche, sia per intensificarne lo sfruttamento, sia per averne il controllo e ogni paese, produttore o utilizzatore che sia, sta dedicando alla questione la massima cura. La scheda informativa riportata in questo stesso numero di Bc evidenzia a sufficienza quanta attenzione venga oggi dedicata al gas; sullo sfondo dei diversi accordi riportati, vi è sempre lo scontro, senza esclusioni di colpi, tra i diversi blocchi economici dello scacchiere internazionale dato che in gioco c’è addirittura la loro sopravvivenza energetica.

Vogliamo soffermarci sul recente accordo tra Russia e Cina. Il 22 marzo sui giornali è stata riportata la notizia dell’accordo tra i due rispettivi colossi nazionali dell’energia, Gazprom e Cnpc, per la costruzione di 2 gasdotti che collegheranno la Siberia e l’estremo oriente per il trasporto di 80 miliardi di metri cubi di gas all’anno; si tratta di una considerevole quantità, pari al consumo annuo italiano, che incide sui delicati equilibri internazionali riguardanti le forniture energetiche e, in particolare, sulla sicurezza energetica dell’Europa. L’accordo, che richiede un investimento di 10 miliardi di dollari, prevede che i gasdotti siano costruiti in 5 anni. Esso si aggiunge ai due precedenti che prevedono la costituzione di una joint venture finalizzata ad ulteriori importanti collaborazioni per la fornitura di petrolio alla Cina e il prolungamento verso quest’ultimo paese dell’oleodotto che ora va dalla Russia al Giappone. Come si vede si tratta di accordi strategici per l’approvvigionamento energetico della Cina e per la diversificazione dei mercati di sbocco del gas russo, mercati oggi sbilanciati verso l’Europa.

Al di là del contenuto economico degli accordi è importante sottolineare la valenza politica degli stessi. Da una parte la Russia cerca di sottrarsi all’asfissiante dipendenza dai mercati europei per la vendita di gas diversificando e intensificando le sue esportazioni ad oriente e ciò le consentirà di avere più forza nella definizione dei prezzi di vendita del gas all’Europa. Dall’altra, essa rinsalda e intensifica l’asse strategico con Pechino dopo che già nell’estate scorsa un altro importante passo è stato compiuto quando, per la prima volta dopo molti decenni, i due paesi hanno compiuto le prime manovre militari congiunte. Non si può non cogliere come un nuovo asse imperialistico antiamericano si stia delineando ad oriente con l’obiettivo, nel medio periodo, di ricacciare gli americani fuori dall’Asia e innanzi tutto dalle zone caucasiche (ricche di petrolio) e, nel lungo, di potersi presentare sullo scenario mondiale come polo in grado di contrapporsi da ogni punto di vista all’attuale strapotere a stelle e strisce. Non dimentichiamo che la Russia e la Cina insieme disporrebbero di un terribile arsenale nucleare, dell’esercito di gran lunga più numeroso del mondo, di un apparato militare convenzionale che in prospettiva potrebbe non essere da meno di quello americano e di due economie ricche di materie prime e di apparati industriali che in un futuro abbastanza prossimo potrebbero essere imponenti. Dunque una politica che ha come obiettivo strategico quello di mettere in discussione l’attuale assetto imperialistico dominato dagli Usa.

Ci sono altri due recenti significativi eventi che rinforzano la tesi di un grossa fluidità degli attuali equilibri internazionali. Sulla questione del nucleare iraniano, Russia e Cina hanno trovato una ulteriore unità di intenti quando si sono schierati con l’Iran per non perdere l’occasione di avere un prezioso alleato in un’area strategicamente importante e per contrastare le manovre americane che vedono come il fumo negli occhi la possibilità che nasca una nuova potenza nucleare nell’aera. Come non constatare che la tela dell’ampliamento delle alleanze antistatunuitensi in Asia viene pazientemente tessuta...

Inoltre, è del 5 aprile la notizia che il Giappone ha elaborato una proposta, che presto sarà presentata alla Cina e all’India, per la costituzione di un’area di libero scambio sullo stesso modello del mercato comune europeo e del Nafta nordamericano. Si tratterebbe di un’area costituita da 16 paesi con la metà della popolazione mondiale! La proposta coinvolgerebbe tutta l’Asia orientale: la Cina, la Corea del Sud, i 10 paesi dell’Asean (Associazione delle nazioni del Sud-est asiatico), l’India, l’Australia e la Nuova Zelanda e avrebbe come obiettivo finale, da realizzarsi entro il 2010, la creazione di una comunità economica dell’Asia orientale. L’idea sarà presto sottoposta al vaglio delle istituzioni giapponesi perché venga approvata in breve tempo e diventi un obiettivo della prossima politica estera del governo. Si tratta di una ipotesi la cui realizzazione non sarà certo semplice per i contrastanti interessi nell’area del Giappone e della Cina ma è molto significativo che se ne inizi a discutere. Per gli Stati Uniti si tratta di una pericolosa minaccia che rischia, in prospettiva, di destabilizzare e ridimensionare completamente la loro influenza in una vasta area economica ed è significativo che essa sia promossa proprio dal Giappone, il suo alleato più fidato dell’area dal secondo dopoguerra. Il che starebbe a significare per quest’ultimo paese l’avvio di una politica estera caratterizzata da una più marcata autonomia dagli Usa. Dunque lo scenario asiatico si colora di ulteriori importanti elementi di ridefinizione degli equilibri economici che, in prospettiva, potranno mutare anche quelli politici. Si tratta di fatti epocali che sarà necessario seguire con la massima attenzione perché gravidi di notevoli ripercussioni.

In questo quadro l’Europa, ora in difficoltà sulla strada della sua centralizzazione politica, non ha molto da scegliere se non vorrà rimanere stritolata da tale titanico scontro. Essa, per candidarsi a terzo grande polo imperialistico, dovrà assolutamente riprendere il cammino verso la sua unità politica nonostante la recente battuta d’arresto. Solo così potrà aspirare ad avere un ruolo autonomo nello scontro tra i fronti imperialistici che si vanno delineando a scala globale.

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Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.