La raccolta delle firme per il ripristino della scala mobile

Un altro imbroglio di... sinistra

In seguito alla recente affermazione nelle elezioni politiche della coalizione di centro-sinistra, capace di omogeneizzare sapientemente al suo interno anche le istanze più estremiste (!) dello schieramento sinistroide, si è fatta pressante l’esigenza del Radical-riformismo (correnti dissidenti interne a Rifondazione, sinistra CGIL, sindacati di base e frastagliato universo No global...) di rivendicare una propria identità, almeno parzialmente autonoma dalle dinamiche prettamente parlamentari. Nell’immediato periodo successivo alla liturgia elettorale, questa impellenza si è incarnata nel consueto velleitarismo populista, che, in seguito alle mirabolanti campagne per la “Tobin Tax” o per il “Reddito di cittadinanza”, questa volta assume le spoglie della “Campagna per una nuova Scala Mobile”.

I riferimenti teorici a supporto di quest’ultima trovata sono i consueti: gli attuali attacchi frontali alle condizioni di avoro e di vita dei proletari sarebbero da imputare alla recente “deriva neoliberista”della politica e a determinate scelte “sbagliate”, inopportune e non adeguate ad un vero rilancio dell’economia nazionale.

Per rilanciare l’economia italiana è necessario dunque prendere una direzione completamente diversa, perché sono le politiche liberiste che hanno reso precaria l’esistenza di milioni di persone [...] Per rimettere in piedi l’economia non serve dare più soldi alle imprese, ma ridistribuire il reddito per rimettere in moto i consumi.

Volantino della CUB

Ancora una volta, il ciarpame Socialdemocratico ci propina un’idealistica condanna morale del capitalismo, passando per la dissociazione tra modo di produzione e modo di distribuzione: la forma capitalistica è ritenuta intoccabile, in nome di un sano e responsabile realismo politico. Ciò contro cui si può lottare, ovviamente entro i paletti fissati dalle istituzioni alla base dell’ordine economico, è solo la distribuzione ineguale, eticamente ingiusta dei frutti di tale modo di produzione. Conseguentemente, la risposta allo sfruttamento capitalistico dovrebbe essere trovata nell’opportuna regolazione della distribuzione mediante la pianificazione e l’imposizione di leggi, l’assunzione di decisioni politiche e la più rigorosa conformità degli individui a precetti morali corretti e appropriati.

Nel quadro della campagna per il ripristino della Scala Mobile, questo impianto ideologico è esplicitato chiaramente: secondo i promotori, è stata la riforma del ’92 della struttura del salario e del modello contrattuale (l’Accordo Interconfederale tra Governo, Confindustria e Cgil, Cisl e Uil) ad impedire il miglioramento delle condizioni politiche e sociali dei lavoratori dipendenti. Il problema sarebbe quindi il “tradimento” perpetrato dai dirigenti sindacali che avrebbero abdicato al loro ruolo di difesa dei lavoratori. L’analisi, d’altronde, è perfettamente consequenziale all’ottica del sindacalismo di base, il cui obiettivo storico si riduce, lungi da ogni riferimento classista, ad una mera sostituzione della classe dirigente “inadeguata”. Tutto questo, nel quadro di una rivoltante nostalgia nazionalistica, che si riduce a mendicare il ritorno ad una maggiore presenza dello Stato nell’economia:

La RdB ritiene che l’inversione di tendenza debba avvenire attraverso [...] il ripristino di una politica economica ed industriale che riscopra il ruolo dell’intervento pubblico. È la scelta che in anni ormai lontani ha consentito all’Italia di svilupparsi e di diventare uno dei Paesi più ricchi del mondo.

Volantino della RdB

Nessun accenno, ci mancherebbe, alle dinamiche macro-economiche o all’andamento del ciclo di accumulazione del capitale che, nei momenti di espansione, può ovviamente permettersi di elargire qualche briciola alla controparte salariata, una sorta di investimento sul lungo periodo, che verrà ripagato con la sonante moneta della subordinazione ideologica. Infatti, se è vero che quanto più è rapido l’aumento del capitale, maggiori sono le possibilità di migliorare la situazione economica della classe operaia, è ugualmente vero che quanto più il salario è legato all’aumento del capitale, tanto più diretto è il rapporto di dipendenza del lavoro dal capitale stesso. Ad un miglioramento della situazione economica corrisponde un peggioramento della situazione sociale-politica:

Quanto più rapidamente la classe operaia accresce e ingrossa la forza che le è nemica, la ricchezza che le è estranea e la domina, tanto più favorevoli sono le condizioni in cui le è permesso di lavorare a un nuovo accrescimento della ricchezza borghese, a un aumento del potere del capitale, contenta di forgiare essa stessa le catene dorate con le quali la borghesia la trascina dietro di sé. (1)

Non ci stancheremo mai di sottolineare come la politica delle riforme sia il puntello essenziale della complementare strategia di repressione, insostenibile senza una solida ideologia che propagandi la perfettibilità democratica del capitalismo. Il socialismo non è un ideale di giustizia da calare nella società in virtù di uno sforzo volontaristico, ma è il possibile esito di un processo storico di cui occorre capire “scientificamente” le leggi. E l’opera certosina di mistificazione della realtà e separazione tra lotta politica e lotta economica costituisce per i più o meno consapevoli alfieri della Sinistra riformista una responsabilità storica di peso equivalente a quella delle loro controparti di Destra.

Ottobre

(1) F. Engels, “Introduzione a “Lavoro salariato e capitale” di K. Marx”, Roma, Edizioni Rinascita, 1949, pp. 53.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.