Nell’italica repubblica... Il proletariato

L’ex presidente del Consiglio Berlusconi ci informa che chi non vota per lui, o comunque secondo le sue indicazioni, non è degno di essere italiano.

Ma chi sono gli italiani, esistono realmente? Da comunisti sappiamo che la società del capitale è divisa in due classi fondamentali: la borghesia, dominante e sfruttatrice, e il proletariato, ora come ora sottomesso materialmente e spiritualmente. È vero a New York e a Roma, a Pechino e a Baghdad.

L’Italia non è la patria che il destino o qualche divinità ha tenuto in serbo per un particolare popolo, è invece la costruzione politica e statuale di un gruppo di borghesi e nobili impegnati in attività capitalistiche, provenienti all’incirca da quelle che oggi sono la Liguria, la Lombardia, il Piemonte e la Toscana (e altre regioni del sud e del nord Italia). Borghesi sono gli ufficiali garibaldini Medici e Cosenz durante la spedizione dei Mille, borghese e nobile è quel Luciano Manara che crea un reparto di bersaglieri e lo guida alla difesa della repubblica romana nel 1849...

Usiamo spesso il termine “proletariato italiano”, in realtà commettiamo un’inesattezza. Oltre alle minoranze linguistiche tradizionali, dai sardi agli abitanti di lingua tedesca del Tirolo italiano, dai rom e dai sinti dei campi nomadi alla comunità ebraica, fino alle isole di lingua slava, ladina, greca ed albanese, la penisola è percorsa da milioni di persone nate fuori dai confini nazionali. Essi sono in grandissima parte di estrazione sociale proletaria.

Non è capziosità o amore per il cavillo parlare di “proletariato nella repubblica italiana”. I proletari non hanno patria. Non si identificano grazie a quei documenti che l’autorità del padrone costringe a tenere in tasca, ma si riconoscono tra loro - o così dovrebbero - per avere la coscienza di essere classe sottomessa e sfruttata.

I tentativi di dividerci su basi etniche, linguistiche o religiose, repertorio della tradizione padronale, non devono trovare disponibilità d’ascolto. A Sabaudia, nell’Agro Pontino, si sfonda una porta aperta. Su diciottomila abitanti ben duemila sono indiani di religione Sikh, che costituiscono l’80% della manodopera nel settore allevamento/agricoltura. I rapporti con gli italiani, ossia con quei proletari a cui è riconosciuta la “cittadinanza italiana”, sono ottimi.

È necessario che il partito rivoluzionario si radichi anche fra i proletari di nascita straniera. La Prima Internazionale si costituì con il contributo fondamentale delle comunità italiane, tedesche e polacche immigrate nel Regno Unito. Quei proletari, oltretutto, tornati nei paesi d’origine, esportarono mentalità e pratiche organizzative comuniste in mezzo mondo. Ancora: il primo nucleo rivoluzionario argentino fu costituito da un gruppo di rifugiati politici tedeschi in fuga dalle famose leggi anti-socialiste di Bismark, negli anni ’80 del diciannovesimo secolo.

Albanesi, rumeni, tunisini, marocchini e molti altri ancora vengono da paesi geograficamente vicini: divenuti comunisti nella nuova “patria”, diverrebbero poi messaggeri ideali di un partito internazionalista di nome e di fatto. Sospinti dai folli meccanismi dell’economia capitalistica, dai suoi miti frantumati e dalle sue insanabili contraddizioni, essi guarderanno anche verso di noi.

E noi espugneremo il nostro palazzo d’inverno, solo se avremo anche loro al nostro fianco.

gc

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.