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Ortega incontra Ahmadinejad, tra ideologia e prospettive imperialiste
Il presidente nicaraguense Daniel Ortega si è recentemente recato in Iran per un incontro diplomatico con il presidente della repubblica islamica più odiata dagli Stati Uniti: Mahmoud Ahmadinejad. Ortega, capo della rivoluzione sandinista del 1979 individuata da molti ambienti della sinistra come una rivoluzione socialista, ha affermato:
le nostre due rivoluzioni - sandinista e islamica - sono arrivate alla vittoria nel 1979. Si tratta di due rivoluzioni antimperialiste gemelle che avevano come obiettivo la giustizia, la libertà e il diritto alla sovranità.
I politicanti sono famosi (e pagati) per la loro capacità dialettica di affermare tutto ed il contrario di tutto costruendo enormi castelli di menzogne e falsità capaci di gettare fumo negli occhi del proletariato. Il loro fine però è il fine di sempre di ogni rappresentante dell’ordine sociale borghese: creare condizioni vantaggiose affinché la propria borghesia nazionale possa realizzare profitti superiori ed essere competitiva sui mercati internazionali. Copione rispettato al 100% anche in questa occasione!
Passo numero uno: costruire un sistema ideologico (ovvero fondamentalmente falso) di pensiero tale da legittimare il nuovo partner.
Ortega è stato accolto al suo arrivo da centinaia di giovani studenti islamici che agitavano cartelli recanti un fotomontaggio con il volto di Ortega accanto a quelli di Ahmadinejad, Fidel Castro e del presidente boliviano Evo Morales. Durante il suo discorso all’università la sala era circondata dai variopinti manifesti del leader di hezbollah Nasrallah, di Che Guevara, di Malcolm X e dell’ayatollah Khamenei. Il discorso si è concluso inneggiando alle rivoluzioni gemelle islamica e sandinista. In platea stavano seduti ad ascoltare soddisfatti centinaia di pasdaràn - i guardiani della rivoluzione islamica - una figura molto simile a quella delle nostre camice nere nel ventennio fascista.
Questi folcloristici accostamenti vogliono nascondere un dato della realtà: la rivoluzione Iraniana del 1979 ha rappresentato l’affermarsi di uno dei regimi più reazionari del pianeta riportando l’Iran indietro di secoli. Per prima cosa ha spezzato le reni al proprio proletariato punendo con sanguinaria violenza ogni tentativo di organizzazione, obbligando all’esilio, al carcere o alla morte decine di migliaia di militanti e di lavoratori coscienti. Il regime iraniano ha espresso una tale ferocia anticomunista ed antiproletaria che solamente la fantasia di un politicante borghese quale Ortega è, poteva lanciarsi nel tentativo di una sua improba riabilitazione. D’altra parte la strada era stata già tracciata dal militare Chàvez, altro leader che in nome di una presunta rivoluzione sta letteralmente affamando il suo popolo. Le frequentazioni del capo indiscusso della rivoluzione neobolivariana con integralisti fanatici e spietati (vedi la repressione dei movimenti dei lavoratori dei trasporti, della scuola etc.) del tipo di Ahmadinejad gettano ulteriori ombre inquietanti sulla prospettiva bolivariana. Tra i molti esempi possibili di questo “gemellaggio” citiamo il comizio di Hezbollah a Beirut l’estate scorsa, in occasione della “vittoria” nella guerra contro Israele, nel quale molti manifestanti portavano dei cartelli con il ritratto di Chávez e di Nasrallah.
Passo numero due: stringere relazioni commerciali vantaggiose per le borghesie di entrambi i paesi.
I due hanno enfatizzanto la necessità di mantenere lo spirito della rivoluzione (!!) e l’uso delle risorse naturali per la ricostruzione dei loro paesi. Unitamente hanno sottolineato che investimenti, approvvigionamento di energia ed elettricità, agricoltura, allevamento di bestiame, industria della pesca, costruzione di porti e centrali elettriche sono tra i campi principali della cooperazione nicaraguo-iraniana, in contrapposizione ai tentativi delle grandi potenze di sfruttare le altre nazioni. Insomma continua ad avanzare il progetto che vede il costituirsi di un fronte tra Iran islamico e Sudamerica neobolivariano (Venezuela, Nicaragua, Bolivia, Cuba) inaugurato dalla visita di Ahmadinejad in questi quattro paesi nel gennaio scorso, un fronte che aspira a contrapporsi allo strapotere USA ed alla loro volontà di controllare in prima persona il mercato del petrolio.
A proposito di mercato del petrolio, l’Iran dal 27 giugno ha deciso di razionare la benzina per limitarne l’utilizzo ed incentivare la mobilità pubblica, questo atto ha causato scontri in tutto il paese ma, ancora una volta, le compatibilità imposte del modo di produzione capitalistico devono essere rispettate. Vediamo come è possibile che il secondo produttore mondiale di petrolio sia stato costretto ad operare una tale, drastica, scelta.
I settanta milioni di iraniani consumano circa un litro di benzina al giorno a testa, la benzina iraniana è la più economica del mondo: 11 centesimi di dollaro al litro, le riserve petrolifere sono enormi ma il paese è carente dal punto di vista della raffinazione così è costretto ad importare il 40% del suo fabbisogno.
Un ministro per il petrolio ha infatti affermato al Los Angeles Times:
Se il governo non comincia a controllare il consumo di petrolio in Iran, e se non si aumenta la capacità produttiva, entro 10 anni non ci sarà più petrolio da esportare.
È proprio su questo fronte che gli USA (il cui esercito - tra l’altro - consuma 340.000 barili di petrolio al giorno, pari al consumo della Svizzera o della Svezia ed è ormai sull’orlo della paradossale condizione di dovere fare guerre anche solo per garantirsi il fabbisogno energetico) stanno sviluppando le proprie strategie di attacco all’Iran scoraggiando banche ed alleati a investire in raffinerie in loco o a esportare benzina .
Questo anche perché allo stato attuale gli statunitensi non sembrano in grado di sostenere lo sforzo bellico necessario per invadere anche l’Iran nell’ambito della guerra permanente per il controllo del mercato mondiale del petrolio.
È stato il Guardian, non noi, a titolare a giugno:
L’imminente picco (punto di massima estrazione) del petrolio è stata la causa della guerra in Iraq.
Tramite il razionamento della benzina, una voce unica con il Venezuela nell’OPEC, accordi come quelli già intercorsi con Chàvez ed ora con Ortega oltre che con i rapporti con la Cina e la Russia, l’Iran tenta di contrapporsi allo strapotere del Big Brother ma tutto all’interno di relazioni intercapitaliste.
In queste dinamiche di socialista e rivoluzionario non c’è proprio un bel nulla.
LVMBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #7
Luglio-agosto 2007
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