Un nuovo 1929?

Magari... Sono ben più vaste le dimensioni di questa crisi - Il buco dei subprime s’allarga e fa sempre più paura

Esclusi Bush, qualche altro uomo politico e i professori di economia della Bocconi e della Harvard University, ormai non c’è analista o istituzione economica che non paventi, come conseguenza della crisi dei mutui subprime, lo spettro di un nuovo 1929. D’altra parte, il buco che si è prodotto nei bilanci delle più importanti banche statunitensi, cinesi e di alcune banche europee, soprattutto tedesche e francesi, è di dimensioni tali che soltanto un cieco potrebbe non vederlo e non temere che possa ripercuotersi sul sistema economico e finanziario internazionale.

Perfino il Consiglio direttivo della Bce, finora fra i più accaniti sostenitori della necessità di rialzare i tassi di interesse europei, ha dovuto prenderne atto e, seppure giustificando la decisione con “la limitata gamma dei dati macroeconomici -- come ha dichiarato il presidente Trichet -- giunti da inizio settembre...” che avrebbe reso “...necessario essere molto cauti sull’impatto potenziale derivante dai mercati finanziari sull’economia reale”, ha rinviato l’annunciato rialzo a un prossimo e non precisato futuro.

Non si è trattato, dunque, come si era paventato agli inizi, di una crisi passeggera che avrebbe sì avuto ripercussioni sull’economia reale, ma di poco conto.

Ora, è evidente che la crisi dei subprime è stata solo la punta dell’iceberg di una più profonda crisi strutturale i cui sviluppi stanno rendendo possibili scenari perfino più drammatici della grande crisi del 1929.

Infatti, esistono fra quella e questa dei nostri giorni alcune importanti differenze per cui la possibilità che in un arco di tempo non molto lungo possa delinearsi uno scenario ancora più drammatico è molto probabile.

Si tratta di differenze dovute a svariati ragioni fra le quali la più importante è sicuramente il più elevato grado di concentrazione e centralizzazione dei capitali che ha consentito di imprimere al processo di sviluppo della crisi attuale un percorso e quindi una durata impensabili nel 1929.

Allora, per esempio, la crescita dei mercati finanziari, della speculazione a essa connessa e il loro drammatico crollo furono quasi simultanei con l’esplodere della crisi economica sottostante determinata, come peraltro quella odierna, dalla caduta del saggio medio del profitto.

Secondo molti economisti e storici dell’economia politica, se all’epoca le Banche centrali degli Stati Uniti e della Gran Bretagna avessero potuto, come hanno fatto oggi la Bce e la Fed, immettere liquidità nel sistema e ribassare i tassi di interesse, anziché stringere i cordoni della borsa, di certo la crisi non sarebbe stata superata in modo indolore, ma la si sarebbe potuta pilotare nel tempo attenuandone le sue conseguenze.

La crisi dei subprime costituisce, invece, il punto di approdo della crisi del terzo ciclo di accumulazione capitalistica che dura ormai da più di trent’anni e che ha trovato nella produzione di capitale fittizio, come appunto quella dei mutui subprime, il sistema più efficace per diluirne i costi nello spazio e nel tempo e anche il sistema migliore per espanderla su scala davvero planetaria, cosicché oggi non c’è angolo del pianeta che non rischi di rimanerne travolto mentre nel 1929 la crisi interessò sostanzialmente gli Usa, l’Europa industrializzata e il Giappone anche se poi la guerra che ne derivò assunse dimensioni mondiali.

La cosiddetta globalizzazione, che avrebbe dovuto trasformare il mondo in una fabbrica di ricchezza, di pace e di democrazia in realtà ha solo dilatato la crisi nello spazio senza che a ciò corrispondesse un’altrettanto cospicua crescita dell’economia mondiale.

Negli ultimi trenta anni, infatti:

In ogni decennio dal 1970 in poi il saggio di crescita dell’economia mondiale e soprattutto dei paesi sviluppati è risultato inferiore al precedente. Ciò vale anche per il quinquennio 2000/2005.

J. Halevi - La crisi? Affari fatti coi debiti - Il Manifesto del 22/09/07

L’orgia dei profitti consumata dalle grandi concentrazioni economiche e finanziarie transnazionali e comunque da settori sempre più ristretti della borghesia internazionale, che è stata presentata dagli economisti borghesi come il segno di una rinnovata vitalità del sistema capitalistico, in realtà è stata il frutto quasi esclusivo di un gigantesco processo di appropriazione parassitaria di plusvalore.

La crescita senza precedenti della sfera finaziaria a fronte di una sostanziale stasi della crescita economia dimostra che la gran parte della massa dei capitali accumulati negli ultimi trent’anni è espressione solo della trasformazione di una ipotetica produzione futura di merci in profitti attuali ovvero di profitti realizzati accumulando debiti a carico del proletariato mondiale e che non potranno mai essere onorarti.

Gia oggi infatti lo sfruttamento della maggior parte del proletariato mondiale è ai limiti delle possibilità umane:

I dati dicono -- ci informa L. Gallino in un’intervista rilascia a il Manifesto del 3 ottobre u.s. -- [che] il 55% dell’esportazione cinese è dovuta a fabbriche americane e europee che producono là per esportare qua.
Un miliardo e mezzo di lavoratori, che hanno salari inferiori fino a venti volte i nostri. Lavorano oltre 60 ore a settimana, senza diritto alcuno e senza sindacati...

Ora, se nonostante ciò e gli incredibili incrementi della produttività del lavoro registrati negli ultimi trenta anni, il sistema non è stato in grado di tirarsi fuori dalle sabbie mobili della crisi, è del tutto evidente che anche ipotizzando il livellamento di tutti i salari su quelli cinesi, una crisi generalizzata e di proporzioni mai prima d’ora registrate appare, dunque, allo stato delle cose, tutt’altro che improbabile.

E poi se anche gli operai americani ed europei diventassero cinesi chi le comprerebbe le bambole della Mattel fabbricate in Cina? Sarà un caso, intanto negli Usa molti analisti danno per scontata nella prossima primavera l’invasione dell’Iran.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.