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Home ›Da San Martino a San Precario
Meno di un secolo fa nel vercellese e nel novarese, in una delle zone più prospere delle campagne italiane, la Valle Padana, i lavoratori agricoli più fortunati erano i salariati fissi. La loro fortuna consisteva nel fatto che a differenza dei braccianti avevano un contratto annuale. I salariati fissi però, seppur assunti con una mansione precisa di fatto venivano adibiti a più attività. Per tale motivo erano definiti schiavandari o sudditi.
Veniamo così a esporre le clausole principali di quel contratto in vigore ancora nel 1919, prima delle lotte contadine del biennio rosso, e successivamente ripristinato dal fascismo.
Non si esclude che all’occorrenza il salariato possa essere adibito a qualsiasi lavoro del tenimento [... oltre a questo] il salariato è obbligato a rimpiazzare i suoi compagni ammalati oppure in licenza [... ed ancora] nei giorni festivi il salariato avrà l’obbligo di prestare la propria opera secondo quanto gli verrà ordinato dal conduttore.
Tutto ciò senza il riconoscimento di un compenso sia per il lavoro straordinario di rimpiazzo sia per l’essere adibito a qualsiasi lavoro.
Il conduttore userà amorevole assistenza verso il salariato e la sua famiglia, ed il salariato si obbliga per sé e per la sua famiglia ad essere fedele ed a lavorare con diligenza, interessamento ed assiduità.
L’amorevole assistenza sulla carta introduceva degli obblighi, dei comportamenti ben precisi quali la fedeltà, la diligenza e l’assiduità che riducevano il salariato e la sua famiglia a servi-sudditi.
Al salariato capo famiglia verranno concesse 3 giornate di licenza all’anno, escluse però le epoche di maggior lavoro, mentre ai salariati della famiglia la concessione è di 1 giorno all’anno.
Oltre l’esiguità delle giornate di vacanza e riposo si noti che queste giornate di licenza venivano benevolmente concesse, non erano un diritto. Poiché così tanto si doveva lavorare neppure ci si doveva ammalare:
se il salariato cade ammalato e vi rimane per oltre 12 giorni dovrà pagare le giornate perdute che variano di valore a seconda della stagione.
Insomma nei periodi di punta della stagione agraria, la semina e la raccolta, l’ammalarsi costava di più al salariato. Ma proseguiamo:
Il salariato potrà essere licenziato per qualsiasi rifiuto d’obbedienza.
Se si pensa al diritto dell’agrario di adibire il salariato ad ogni lavoro, all’obbligo della fedeltà e dell’assiduità, al lavoro festivo e straordinario, ecc., si comprende come il rifiuto all’obbedienza sia facilmente creabile. Si capisce anche il livello di rassegnazione e sottomissione che doveva pervadere il cervello del lavoratore agricolo per accettare tutto ciò.
In caso di licenziamento il salariato perderà, a titolo di penale convenzionale, quanto era ancora creditore per soldi non effettuatigli o per opere ancora a pagarsi.
Per tale motivo parte del compenso in denaro veniva pagato dall’agrario generalmente a fine contratto.
Era questo un altro modo per creare assiduità, diligenza ed obbedienza. Non era ancora tutto:
A titolo di ulteriore penale il salariato perderà il diritto all’uso dell’orto che deve lasciare come si trova,
così quanto coltivato a proprie spese a scopo di sostentamento, passava di diritto al padrone. Inoltre,
il conduttore può costringere il salariato a sgomberare immediatamente la casa con la facoltà agli agenti del conduttore di intervenire per lo sgombero.
Insomma l’agrario aveva proprie squadre di polizia che qualche anno dopo verranno utilizzate per ben altri sgomberi. Manca solo una nota di dolcezza finale; dopo che il salariato aveva superato tutte le difficoltà e portato a termine il suo anno di lavoro, era concordato che:
il terzo del salario stipulato verrà pagato al san Martino, sempre che il salariato abbia compiuto l’intero servizio in modo lodevole.
Ancora una volta era la discrezione dell’agrario a stabilire se era il caso di pagare un terzo del salario pattuito: valore che era stato ampiamente prodotto dal salariato. Come si è visto il contratto è la vera espressione dell’amorevole assistenza dell’agrario verso il salariato e la sua famiglia. E da questa ultima clausola veniamo al santo che insieme ad altri santi scandì la gioiosa vita all’aria aperta del lavoratore agricolo: san Martino. L’11 novembre, giorno in cui viene festeggiato quel santo, era anche il giorno della scadenza del contratto.
I salariati erano così costretti a mettersi alla ricerca di un nuovo padrone.
Senza voler paragonare quella condizione alle odierne, dobbiamo constatare che nuovi santi iniziano a popolare la società borghese e la vita dei lavoratori: quello che oggi riscuote maggior successo è san precario.
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #2
Febbraio 2008
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