I salari: obiettivo privilegiato dell’offensiva padronale

Continua imperterrito l’attacco al potere d’acquisto dei lavoratori

Diversamente da quel che riteneva Claudio Sabattini, già segretario della FIOM, secondo cui il sindacato non aveva più niente da scambiare col padronato nel senso che, secondo il suo disperante convincimento, allo stesso era stato concesso di tutto e di più, ebbene sembra proprio che il mondo del lavoro possa e debba essere sottoposto ad ulteriori strizzatine.

L’offensiva padronale alla quale tengono degnamente bordone i governi di qualsiasi colore si inserisce perfettamente in un processo di svalutazione della forza-lavoro e di attacco alle condizioni di lavoro e di vita portati dal capitale per cercare di parare i contraccolpi della crisi economica.

Dobbiamo partire da questo punto fermo se vogliamo tenere dritta la barra di una puntuale disamina delle attuali dinamiche contrattuali. Abbiamo avuto modo di affermare già a suo tempo come:

Fra le misure anticrisi, poste in essere dalla borghesia e rese possibili dalla sostanziale passività della classe operaia, c’è l’abbassamento del capitale variabile complessivo, costituito dal totale dei salari diretti e indiretti corrisposti alla classe operaia in cambio di una accresciuta produttività.

Ora, al di là delle spiritosaggini dell’attuale segretario della FIOM, Gianni Rinaldini, secondo cui, accordandosi sul nuovo contratto dei metalmeccanici, “è stato fermato l’assalto dei padroni”, resta ben evidente come si sia giunti ad una situazione tale per cui lo stesso termine “salario” evoca, in modo automatico, elevato “disagio sociale”. Si è pervenuti, ossia, ad un grado di criticità, posto in rilievo da più parti, che indica in maniera netta l’intensità dell’attacco padronale che, per di suo, è riflesso dell’attuale livello di crisi del sistema capitalistico nel suo insieme.

Viene portata avanti una sistematica opera di svalorizzazione del lavoro e di spostamento di risorse dal lavoro al profitto ed alla rendita. Se prendiamo come riferimento gli ultimi 25 anni vediamo come la quota di ricchezza attribuita ai redditi da lavoro sia diminuita di oltre 15 punti di PIL mentre la quota attribuita ai profitti è passata dal 2 al 16%; ed ancora: dopo gli accordi del 1992-93, coi quali venne abolita la scala mobile ed in virtù dei quali si sarebbero dovute liberare risorse per la creazione di nuova occupazione, circa il 3% del PIL ( in valore corrente 45 miliardi di euro) è stato trasferito dal monte-salari ai redditi da capitale. Nel suo libro “Vangelo della ricchezza” Carnegie Andrew, tra i più significativi rappresentanti dell’ american dream, ebbe a scrivere che la massima forbice salariale tollerabile è di 1 a 40. Nessuna paura: siamo già a 1 a 400. Ma tutto questo sembra ancora non bastare laddove l’obiettivo principale resta il contratto nazionale e la sua progressiva marginalizzazione. Al suo posto, e lo dice con estrema chiarezza Roberto Santarelli della Federmeccanica, dovrebbero subentrare nuove regole ed una nuova disciplina in grado di tener conto della diversità, della segmentazione del mondo produttivo.

Si potrebbe arrivare, non tanto per assurdo, ad una giungla contrattuale in cui vigono regole differenti da capannone a capannone. L’obiettivo è palese: individualizzare il rapporto di lavoro, precarizzare sempre più e scaricare sui lavoratori i rischi d’impresa. Privilegiare dunque la contrattazione di secondo livello dalla quale, è bene dirlo, resta oggi escluso il 70% dei lavoratori e tramite questa legare i salari alla produttività finendo con l’incentivare, attraverso la detassazione, la parte variabile e quindi aleatoria del salario.

Se si tien conto della struttura produttiva italiana in cui 6,7 milioni di lavoratori, che rappresentano il 40% degli occupati, operano in aziende con meno di 2,7 dipendenti e dove il 54% dei lavoratori è occupato in aziende con meno di 15 dipendenti, quindi non tutelati né dall’art.18 né dallo Statuto dei lavoratori, il quadro che vien fuori è preoccupante.

Per cui risultano del tutto fuori contesto le affermazioni di Rinaldini alla luce, soprattutto, dello scambio tra salario e produttività. Come altro definire la concessione di due giornate di straordinari?

In che modo interpretare l’aumento della durata del periodo di prova, il calo delle retribuzioni per i nuovi assunti o il ripristino della terza categoria? Un capitolo a parte meriterebbe la detassazione degli aumenti strappati negli stessi contratti di secondo livello e la legge che rende più convenienti gli straordinari.

Non dissimile è la situazione che riguarda i ferrovieri per i quali è prevista l’assimilazione al contratto degli autoferrotranvieri.

Tradotto, sta a significare

orari settimanali anche di 48 ore, turni “a nastro” fino a 12 ore, riposi ridotti, pausa e orario spezzato.

F.Piccioni - Manifesto 26.01.08

In altri termini un allineamento al ribasso con notevole peggioramento delle condizioni di lavoro per i ferrovieri mentre non migliorerebbero quelle degli autoferrotranvieri.

È bene rilevare, per di più, come queste dinamiche non possono non riguardare il capitalismo, da un lato, e la classe lavoratrice, dall’altro, a livello internazionale in quanto le contraddizioni tra capitale e lavoro si ripropongono, pari pari, dovunque e, se solo ci atteniamo alla situazione della vicina Francia, vediamo come il lavoro, anche là estremamente malleabile, è stato adattato ai bisogni variabili delle imprese in termini di flessibilità e precarietà e si arriva a richiedere un alleggerimento dei carichi fiscali per “le imprese che porteranno a termine i negoziati salariali”.

Su chi vadano a gravare questi alleggerimenti non ci vuole molto a capirlo così come risulta estremamente chiaro che, si tratti di riduzioni del carico fiscale sul lavoro dipendente o di rinnovi dei contratti di categoria, la copertura di tali oneri, sempre per le compatibilità/ limiti sopra esposti, è destinata a tradursi in ulteriori tagli alla spesa sociale.

Il che, tradotto in termini ancora più semplici, sta a significare riduzione dell’offerta pubblica di beni e servizi, ulteriori tagli alla spesa sociale, ulteriore diminuzione del salario reale.

gg

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.