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Home ›Riesplode l’emergenza rifiuti in Campania
L’ennesima tappa di un disastro annunciato del capitalismo
Si esce dalle luci urbane di Pianura e comincia la lunga strada verso la discarica. Via della Montagna Spaccata. La nuova montagna che la strada attraversa è fatta di tonnellate di rifiuti, che si alzano in altezza e penetrano in profondità il suolo. Chiusa “per sempre” nel 1996 questa discarica ritorna al centro della politica dei rifiuti campana all’apice di uno scempio capitalistico di lunga data (cfr. La crisi dei rifiuti in Campania, BC 6/2007). Apice almeno per ora. La discarica di Pianura, proprietà di una società colpita da interdittiva antimafia, è da 42 anni il simbolo cancerogeno dell’intreccio tra borghesia, clan e politica.
Non è l’unica discarica che riapre: l’11 gennaio la presidenza del Consiglio decreta l’impiego di polizia, carabinieri, guardia di finanza ed esercito per “l’approntamento e la protezione dei cantieri e dei siti, nonché per la raccolta e il trasporto dei rifiuti”, così da realizzare il proprio piano col manganello in mano piegando con la forza le costanti mobilitazioni della popolazione locale. Allo stato la situazione che si prospetta è di tre discariche da riaprire, tre siti di stoccaggio, due vasche per il pergolato e sei invasi per il deposito dell’immondizia. Il tutto grazie a quest’ennesima crisi che ha riaperto una partita “pericolosamente” sospesa.
Per essere sicuri di raggiungere l’obiettivo sono stati attribuiti pieni poteri al nuovo commissario De Gennaro, già a capo del macello di Genova. Mettere in atto questo piano significa calpestare persino i parametri ambientali stabiliti dalla legge borghese, tanto che il secondo articolo del decreto firmato da Prodi getta la maschera e candidamente ordina che tutto venga eseguito anche
in deroga a specifiche disposizioni in materia ambientale, paesaggistico-territoriale, di pianificazione del territorio e della difesa del suolo, nonché igienico-sanitaria.
Naturalmente sempre in nome dell’emergenza straordinaria. È addirittura Pansa, il prefetto di Napoli, che spiega il ripresentarsi della crisi in forma apicale per l’opera di tutti coloro che hanno imparato a trasformare i liquami in oro. Questi alchimisti così potenti sono tutte quelle componenti della borghesia che preservando l’impianto sistemico della gestione dei rifiuti in Campania si arricchiscono coi profitti del mercato più redditizio nel panorama nazionale dello smaltimento. L’operare dei molteplici interessi in campo converge verso il sistema dell’incenerimento dei rifiuti combinato alle discariche. Il disegno che dal ’94 condanna la Campania a una crisi permanente, ostacolato dalle proteste della popolazione e dai guai giudiziari di politici, imprenditori e tecnici, ora può ripartire e trovare incondizionato sostegno politico.
E mentre a far clamore sono in queste settimane soprattutto le discariche e le comunità che le rifiutano, giochi altrettanto consistenti si riaprono proprio attorno agli inceneritori. Ora se ne prevedono tre, quello di Acerra (in costruzione dal 1999), quello già previsto a S. Maria La Fossa e un ultimo a Salerno. Il 31 gennaio è nuovamente andata deserta la gara di appalto per Acerra, giustificando il progetto di estendere ai termodistruttori campani le laute sovvenzioni previste dalla delibera CIP6 per le fonti di energia “assimilabili alle energie alternative”. Vecchi rinunciatari si sono già riaffacciati. È probabile che l’affare si chiuda con la francese Veolia, multinazionale dell’acqua privatizzata che da poco si è fusa con la Suez, costituendo un gigante finanziario da 100 miliardi di dollari. Come scrivevamo a giugno la messa in opera di questo sistema non risolverebbe la situazione e porterebbe a nuove discariche.
È poi di questi giorni la notizia della composizione fuori norma delle ecoballe che dovrebbero essere incenerite: tra i 6 e i 10 milioni di tonnellate di rifiuti imballati che contengono sostanze tossiche. Il loro incenerimento si tradurrebbe in un disastro ambientale di proporzioni inaudite. E mentre Bassolino, Cesare Romiti e altri 26 tra padroni, politici e tecnici vengono rinviati a giudizio per questo motivo, governo e commissariato proseguono “in deroga alle disposizioni ambientali” e forti di tutti i corpi armati dello Stato verso questo disastro annunciato. Intanto Livia Turco, il ministro della Salute, il 2 febbraio ha “tranquillizzato” la popolazione negando ogni nesso tra malattie e rifiuti a marcire in strada... A tutto questo si aggiunge ora la procura di Benevento a indagare tra gli altri l’ex commissario Catenacci per i crimini di “disastro ambientale, inquinamento atmosferico e del suolo, sversamento reiterato di rifiuti pericolosi” nella discarica di Montesarchio: una delle tre che De Gennaro ha eletto a discariche della “risoluzione della crisi”. Allo stato delle cose non è credibile alcuna soluzione che non sia giusto un tentativo a sei zeri di muoversi nel disastro.
In Campania si manifesta d’altronde, seppur in forma critica, ciò che vale dappertutto: un sistema orientato al profitto non si fa scrupolo della vita umana, e anzi la contraddice manifestamente. I fumi nei cieli della Manchester dell’Ottocento sbiadiscono di fronte ai veleni che il capitalismo produce bulimicamente oggi con la sua montagna di merci. Salvaguardare la vita umana e l’ambiente ha un significato concreto solo nell’anticapitalismo, perché è nel capitalismo la ragione obiettiva della devastazione senza precedenti che stiamo vivendo: per questo è solo all’interno di una strategia unitaria, nel collegamento con le lotte dei lavoratori, che le mobilitazioni campane contro le discariche potranno trovare forza e prospettiva.
mlBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #2
Febbraio 2008
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