I 6 giorni di Pomigliano - Cronache

Cronaca di domenica 13 aprile 2008

Giovedì 10 aprile. Alle 21.00 la Fiat di Pomigliano è presidiata con picchetti operai ai 5 cancelli. L'ingresso è impossibile per tutti, persone e camion. Ad organizzare la lotta, che prende le mosse da uno sciopero proclamato dallo Slai Cobas venerdì 4 aprile contro l'esternalizzazione di 316 operai, è un comitato operaio che nasce tra lunedì 7 e mercoledì 9 aprile.

Quest'esternalizzazione ha origine nella ristrutturazione degli impianti che Marchionne avvia a gennaio grazie a sostanziosi finanziamenti europei. Gli operai in questi mesi frequentano un corso di formazione sul WCM (World class manifacturing) per l'adeguamento agli standard dell'”alta qualità”, essenzialmente centrati sulla sicurezza e la disciplina in fabbrica. Al termine del corso però 316 operai non tornano a lavorare: segnalati dall'azienda questi lavoratori ogni mattina vengono caricati su un autobus che da Pomigliano li porta al Centro Direzionale di Napoli per frequentare un altro corso, sul WCL (World Class Logistics). I 316 sono per lo più RCL (“Ridotta Capacità Lavorativa”) ma sono numerosi anche i lavoratori più attivi sul piano politico e sindacale. Il Piano è di esternalizzare i 316 su un polo logistico in costruzione a Nola. Per gli operai diventa progressivamente sempre più chiaro che il corso di formazione è solo l'anticamera del licenziamento.

I sindacati avviano scioperi e agitazioni, ma frammentano le lotte agendo ognuno per sé e non puntano in nessun modo all'unità dei lavoratori. Dopo le cariche della polizia allo sciopero di venerdì 4 tra l lavoratori inizia a maturare la necessità di reagire in prima persona. Lunedì i 316 durante il corso-parcheggio iniziano a mettere su un comitato operaio indipendente dalle sigle sindacali. Il comitato indice un'assemblea e decide il blocco totale della fabbrica. Anche altri lavoratori si uniscono ai 316. Vengono così picchettati i cancelli della fabbrica e bloccano il trasporto delle merci e i crumiri che tentano in tutti i modi di violare il picchetto. Venerdì è fissato un incontro tra sindacati e dirigenti aziendali, ma questi ultimi non si presentano insistendo sull'attuazione unilaterale del piano della FIAT.

L'assemblea di sabato 12 ribadisce la linea di lotta, ma si decide di limitare il blocco ai 3 varchi merci, lasciando passare i lavoratori che intendono entrare in fabbrica.

Lo scopo è lasciare gli stabilimenti privi dei materiali da lavorare, costringendo l'azienda a mettere in libertà i lavoratori. Pomigliano serve Cassino, Melfi, Mirafiori e produce i pezzi della nuova vettura FIAT. Si può bloccare la produzione in tutta Italia e mettere la FIAT alle strette.

All'assemblea di sabato, poco partecipata, si avvia da parte sindacale una strategia chiaramente orientata alla disgregazione delle lotte.

La FIOM insiste sull'esibizione delle bandiere sindacali al presidio che i lavoratori organizzano davanti al cancello 2, spinge per il rientro dei 316 al corso agitando lo spettro dei soldi che si stanno perdendo e non perde occasione di ripetere che una lotta ad oltranza è insostenibile e che il livello di demoralizzazione è già troppo alto. Si propone inoltre all'assemblea di approvare lo scioglimento del presidio fino al lunedì, proclamando intanto per il giovedì seguente un'assemblea retribuita con gli altri operai.

L'UGL si esprime per proseguire la lotta, come lo Slai Cobas che però insiste che lo si faccia sotto le bandiere sindacali e propone che ogni singola sigla si dedichi al picchettaggio di uno dei 5 varchi della fabbrica. Per lo Slai Cobas dovranno essere i sindacalisti e i delegati a fare il blocco delle merci, mentre i 316 potranno tornare al loro posto.

Le RDB si uniscono al coro che vuole la gestione dei picchetti da parte esclusiva dei sindacati e dei delegati,

e si dichiarano a favore dell'alzabandiera sindacale al presidio.

Per il COBAS CONFEDERAZIONE la lotta va continuata consapevoli dei costi e delle difficoltà; lancia la proposta di una campagna nazionale per creare una cassa di resistenza con la quale sostenere economicamente gli operai in sciopero, puntando sull'impegno di tutti i sindacati in tal senso. Il Cobas è esplicito contro la frequenza al corso da parte dei 316, per i quali propone uno sciopero immediato e ad oltranza. Vista la resistenza degli altri sindacati si è pronti a spaccare il comitato e ad indirlo unilateralmente. Allo stesso tempo si pronuncia per l'unità dell'assemblea operaia e per la gestione dei picchetti da parte dei lavoratori.

Cronaca di lunedì 14 aprile 2008

Lunedì riprende il blocco delle merci. Gli operai adesso entrano, l'obiettivo rimane arrivare a giovedì con l'azienda costretta a mettere in libertà i lavoratori. Più di trenta camion sono fermi davanti ai cancelli, formando una fila che blocca tutta la strada che porta agli stabilimenti. L'Assemblea di ieri (domenica, ndr.) è stata molto partecipata, e si sono organizzati i turni per picchettare continuativamente, giorno e notte.

La discussione nell'assemblea è dominata dai tentativi di frammentazione sindacale e dalle resistenze degli operai.

Viene stabilita un'assemblea ogni giorno, alle sette di sera.

Cronaca di martedì 15 aprile 2008

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I picchetti continuano, ma si avverte la stanchezza e il disorientamento. Si stenta a garantire i cambi pe rgli operai al presidio. I sindacati continuano ad opporsi allo sciopero e fomentano sempre più il ritorno dei 316 al corso WCL, sostenendo l'idea assurda di fare 8 ore di corso seguite da 8 ore di picchetto.

L'azienda intanto cerca di escogitare soluzioni alternative per scaricare le merci. Ieri (lunedì 13, ndr.) hanno provato a portare i camion in una fabbrica adiacente ma gli operai li hanno intercettati e bloccati. Contemporaneamente i dirigenti della Fiat fanno partire la domanda per l'articolo 700: cioè lo sgombero forzato degli operai per opera della polizia.

Il prefetto recepisce la richiesta ma i sindacati chiedono 48 ore per dare tempo alla trattativa in corso. Serpeggia tra i lavoratori in lotta il timore di essere in pochi.

15 aprile 2008: cariche della polizia - Una testimonianza diretta dai picchetti

Oggi è una giornata di svolta nella mobilitazione contro le 316 esternalizzazioni. Fin dalla mattina la situazione ai blocchi appare mutata rispetto ai giorni precedenti. Il blocco dei camion merci inizia a produrre i suoi effetti sull’azienda, la quale prende le contromisure.

All’una di notte arriva il via libera all’articolo 700 dalla prefettura. Le forze dell’ordine borghese hanno recepito la richiesta dell’azienda di sgomberare i blocchi. Lo sgombero può avvenire in qualsiasi momento, ora.

La Fiat ha bisogno di portare all’esterno i semilavorati necessari a servire le altre fabbriche: lo fa utilizzando 4 elicotteri che, dall’alba, portano fuori dallo stabilimento le merci. Segno che la fabbrica è stata colpita… ma anche che è pronta a reagire.

Alle 10 di mattina arrivano due camionette dei carabinieri, vedono il gran numero di operai presenti al picchetto al varco 1 e se ne vanno. All’ora di pranzo inizia una confusa e prolungata assemblea. Sono ormai comparse, da oggi, le bandiere sindacali, simbolo della divisione degli operai sotto diverse parrocchie (altro che unità!!).

È arrivata una proposta di tavolo di contrattazione tra l’azienda ed i sindacati. Tutti i sindacalisti vogliono accettare il tavolo e il vincolo che la dirigenza impone per sedersi a discutere: la smobilitazione dei picchetti. Il lavoro di sfiancamento e divisione degli operai portato avanti da tutti i sindacati dall’inizio della vertenza, inizia a fare il suo effetto. Molti operai sono confusi e disorientati. Smobilitare per approfittare di questo spiraglio o continuare ad oltranza, ma senza più le forze di prima?

Due considerazioni:

  1. Quasi tutti i 316 hanno già ricevuto la lettera che li invita a presentarsi il 5 maggio al polo logistico di Nola. Cosa bisogna andare a contrattare allora? I sindacalisti sostengono che avranno più forza se levano il picchetto da soli, ma è una bufala! Gli operai avranno più forza (e si daranno più coraggio) se andranno avanti, i picchetti si possono pure levare: ma deve essere la forza pubblica a farlo, non gli operai a calare le braghe preventivamente.
  2. Dall’inizio della vertenza il sindacato cerca di fiaccare gli animi ed indebolire la protesta. Tutti i sindacati (meno la confederazione Cobas, ma solo perché animata - in questa fabbrica - da operai sinceri e non da sindacalisti):
  • stanno invitando i 316 ad andare a lavorare indebolendo, di fatto i picchetti;
  • stanno cercando di fare passare ad ogni spiraglio la possibilità che i picchetti si tolgano, preferendo, loro, la vertenza legale - che non danneggia la produzione;
  • sono compatti nel sostenere che i picchetti vanno tolti per approfittare del tavolo concessogli, poi, magari, si rimetteranno una volta fallito il tavolo;
  • non stanno facendo niente dentro la fabbrica per costruire la solidarietà, è vero che all’interno prevale l’individualismo, ma non è una buona scusa per non fare nulla.

Alla fine della assemblea, condotta davanti alla Digos, decidono di togliere i picchetti quando arriverà il fax che convoca ufficialmente il tavolo. Ma l’ispettore dice che dobbiamo sgomberare.

Gli operai più combattivi si staccano e vanno a raggrupparsi al punto dove inizia il blocco dei camion. “Dai picchetti non ce ne andiamo”. Gli altri stanno ad un centinaio di metri a guardare. Arrivano 2 camionette della polizia e scendono 20 celerini in tenuta anti-sommossa. Gli operai si piazzano dietro una rete improvvisata a mo’ di barricata, alle spalle hanno le ruote incendiate. Il commissario intima più volte di andarcene. Il gruppo rimane compatto. Urla agli altri operai che, alla fine, proprio mentre parte la prima carica, finalmente si uniscono, anche i sindacalisti sono obbligati ad unirsi, anche se lo fanno in maniera molto defilata.

Subito un operaio rimane a terra dopo le manganellate. Siamo a mani nude, sostanzialmente disorganizzati, ma, ora, compatti. Applaudiamo le forze dell’ordine, indietreggiamo.

Arrivano i pompieri a spegnere il fuoco (delle ruote, i sindacalisti ormai non possono fare più di quello che già hanno fatto). Dopo una mezz’ora iniziano a venire i camion, cerchiamo di metterci davanti. La nostra intenzione è quella di indietreggiare fino ai cancelli della fabbrica, per poi sdraiarci in terra ed impedire il passaggio dei camion, con i nostri corpi. Parte la seconda serie di cariche, la cui furia ci fa presto desistere dal piano. Cercano di portare degli operai nelle auto. Alla fine riusciranno a fermarne uno. Altri tre feriti. Siamo costretti ad abbandonare il campo. I camion entrano, 40-50, fagocitati dal mega stabilimento. Il fax del tavolo non è ancora arrivato, fortuna che i celerini dovevano aspettarlo! Dopo un paio d’ore l’operaio fermato viene rilasciato.

Oggi si è persa una battaglia, ma numerosi sono gli insegnamenti che ne abbiamo tratto.

Domani appuntamento alle 15 sotto l’unione industriali.

Cronaca di mercoledì 16 aprile 2008: ancora cariche contro gli operai

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Ore 15.00, appuntamento sotto la unione degli industriali per l’incontro tra rappresentanze sindacali ed azienda per decidere il futuro dei 316 esternalizzati. La posizione dei lavoratori è univoca: i 316 devono rimanere a lavorare a Pomigliano. Rispetto all’incontro di oggi chiedono che possano salire, come ascoltatori, due o tre lavoratori demandati dall’assemblea.

La cosa sembra possibile.

Verso le 15.30 salgono le delegazioni. Quella degli operai non è stata accettata. Si cerca di fare un po’ di pressione ma non c’è nulla da fare. Il padronato FIAT non accetta di trattare con delegazioni che non siano quelle scelte da lui, ovvero quelle dei sindacati, nemmeno i sindacati di base sono accettati.

L’incontro si prolunga per più di tre ore. Ai molti operai assembrati sotto non è dato di salire, né di avere notizie. Con il passare del tempo si profila con sempre maggiore forza la paura che sopra stiano firmando l’accordo, con il trasferimento dei 316. Ci sono ancora alcune divisioni tra gli operai tra chi vuole bloccare la strada in segno di protesta e chi vuole attendere. Le divisioni, però, si ricompongono presto.

Dopo due ore i lavoratori iniziano a fare pressione. I 20 celerini schierati a difesa della “Unione industriali” imbracciano caschi e scudi. I lavoratori iniziano a denunciare le loro condizioni al megafono ed intonano cori, iniziano a giungere voci che il tavolo sia arrivato a rottura. Pare che la delegazione presto scenderà.

All’improvviso, senza nessun motivo apparente, arriva una nuova camionetta dalla quale scendono altri 20 celerini in tenuta anti-sommossa. Si schierano in modo da chiudere la piazza. La situazione inizia a farsi tesa, i lavoratori, con interventi, denunciano come questo sia il vero volto della democrazia.

Finalmente scende la delegazione, viste le premesse, nessuno si aspetta nulla di buono, alcuni sindacalisti iniziano a spiegare che sono arrivati alla rottura, che l’azienda non ne vuole sapere di trattare, che la situazione è difficile, che l’indomani valuteranno il da farsi.

Gli operai ricordano loro come il giorno prima avessero garantito, che se l’accordo fosse andato male, avrebbero rimesso i blocchi. Il sindacalista prende tempo.

Ad un certo punto un operaio richiama l’attenzione degli altri. Dall’altra parte della piazza ha bloccato il segretario sindacale che si stava eclissando alla chetichella. Subito l’assemblea si sposta intorno a questo, volano spintoni.

Il sindacalista spiega che il tavolo è stato rotto e che solo venerdì avrebbero sottoposto alle assemblee dei lavoratori di Pomigliano delle possibili iniziative. La rabbia è tanta, gli operai non ne vogliono sapere, vogliono sciopero subito. Alcuni uomini della Digos riescono a portarlo via. Un operaio continua a seguirlo.

Altri intervengono per bloccare questo operaio, anche perché la celere si è schierata. Riescono a bloccarlo e ad allontanarlo dal sindacalista.

La celere carica lo stesso. L’operaio rimane travolto dalla carica, è svenuto in terra e non si muove, viene chiamata l’ambulanza che arriva dopo più di mezz’ora, durante la quale l’operaio continua a rimanere svenuto, nel frattempo un’altra carica disperde quelli che ancora stavano sul posto: lavoratori, alcuni studenti, inermi ed a volto scoperto, con donne e bambini.

L’operaio viene caricato sull’ambulanza, svenuto. Riporterà tre traumi cranici ed i poliziotti cercheranno, senza riuscirci, di arrestarlo in ospedale.

Gli operai si danno appuntamento davanti al cancello 2 della fabbrica.

In una piccola assemblea tenuta lì, si decide di andare a sensibilizzare gli operai che entrano ed escono alle 22.

Si racconta loro l’accaduto e si rilancia una nuova assemblea, prima dell’orario di entrata uscita delle 14.

Domani, quindi, assemblea alle 13 per decidere come rilanciare la mobilitazione, coinvolgendo gli operai dell’interno che, nel frattempo, vedono addensarsi nubi sempre più fosche sul loro avvenire.

I sei giorni di Pomigliano

Luna Ribelle - Speciale Pomigliano - Cronache di un’ondata di lotta

Questo speciale vuole essere un contributo attivo alla lotta dei lavoratori di Pomigliano.

A questa breve introduzione ai fatti seguiranno le cronache di quelle giornate, scritte a caldo, in tempo reale.

Abbiamo ritenuto utile pubblicare, oltre ai nostri volantini, anche quelli che abbiamo ritenuto essere più significativi.

Il tutto si conclude con una riflessione su quanto accaduto che possa essere di stimolo ed incoraggiamento alle lotte future degli operai di Pomigliano e di tutto il proletariato.

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