Lotta alla FIAT di Pomigliano - Ancora cariche contro gli operai

Testimonianza diretta - 16 aprile 2008

Ore 15, appuntamento sotto la unione degli industriali per l’incontro tra rappresentanze sindacali ed azienda per decidere il futuro dei 316 esternalizzati. La posizione dei lavoratori è univoca: i 316 devono rimanere a lavorare a Pomigliano. Rispetto all’incontro di oggi chiedono che possano salire, come ascoltatori, due o tre lavoratori demandati dall’assemblea.

La cosa sembra possibile.

Verso le 15.30 salgono le delegazioni. Quella degli operai non è stata accettata. Si cerca di fare un po’ di pressione ma non c’è nulla da fare. Il padronato FIAT non accetta di trattare con delegazioni che non siano quelle scelte da lui, ovvero quelle dei sindacati, nemmeno i sindacati di base sono accettati.

L’incontro si prolunga per più di tre ore. Ai molti operai assembrati sotto non è dato di salire, né di avere notizie. Con il passare del tempo si profila con sempre maggiore forza la paura che sopra stiano firmando l’accordo, con il trasferimento dei 316. Ci sono ancora alcune divisioni tra gli operai tra chi vuole bloccare la strada in segno di protesta e chi vuole attendere. Le divisioni, però, si ricompongono presto.

Dopo due ore i lavoratori iniziano a fare pressione. I 20 celerini schierati a difesa della “Unione industriali” imbracciano caschi e scudi. I lavoratori iniziano a denunciare le loro condizioni al megafono ed intonano cori, iniziano a giungere voci che il tavolo sia arrivato a rottura. Pare che la delegazione presto scenderà.

All’improvviso, senza nessun motivo apparente, arriva una nuova camionetta dalla quale scendono altri 20 celerini in tenuta anti-sommossa. Si schierano in modo da chiudere la piazza. La situazione inizia a farsi tesa, i lavoratori, con interventi, denunciano come questo sia il vero volto della democrazia.

Finalmente scende la delegazione, viste le premesse, nessuno si aspetta nulla di buono, alcuni sindacalisti iniziano a spiegare che sono arrivati alla rottura, che l’azienda non ne vuole sapere di trattare, che la situazione è difficile, che l’indomani valuteranno il da farsi.

Gli operai ricordano loro come il giorno prima avessero garantito, che se l’accordo fosse andato male, avrebbero rimesso i blocchi. Il sindacalista prende tempo.

Ad un certo punto un operaio richiama l’attenzione degli altri. Dall’altra parte della piazza ha bloccato il segretario sindacale che si stava eclissando alla chetichella. Subito l’assemblea si sposta intorno a questo, volano spintoni.

Il sindacalista spiega che il tavolo è stato rotto e che solo venerdì avrebbero sottoposto alle assemblee dei lavoratori di Pomigliano delle possibili iniziative. La rabbia è tanta, gli operai non ne vogliono sapere, vogliono sciopero subito. Alcuni uomini della Digos riescono a portarlo via. Un operaio continua a seguirlo. Altri intervengono per bloccare questo operaio, anche perché la celere si è schierata. Riescono a bloccarlo e ad allontanarlo dal sindacalista.

La celere carica lo stesso. L’operaio rimane travolto dalla carica, è svenuto in terra e non si muove, viene chiamata l’ambulanza che arriva dopo più di mezz’ora, durante la quale l’operaio continua a rimanere svenuto, nel frattempo un’altra carica disperde quelli che ancora stavano sul posto: lavoratori, alcuni studenti, inermi ed a volto scoperto, con donne e bambini.

L’operaio viene caricato sull’ambulanza, svenuto. Riporterà tre traumi cranici ed i poliziotti cercheranno, senza riuscirci, di arrestarlo in ospedale.

Gli operai si danno appuntamento davanti al cancello 2 della fabbrica.

In una piccola assemblea tenuta lì, si decide di andare a sensibilizzare gli operai che entrano ed escono alle 22. Si racconta loro l’accaduto e si rilancia una nuova assemblea, prima dell’orario di entrata uscita delle 14.

Domani, quindi, assemblea alle 13 per decidere come rilanciare la mobilitazione, coinvolgendo gli operai dell’interno che, nel frattempo, vedono addensarsi nubi sempre più fosche sul loro avvenire.