Riflessioni sul lavoro politico e organizzativo

Non abbiamo mai voluto interpretare il ruolo del “grillo parlante”, ma da sempre siamo impegnati nel fornire un reale contributo - non solo teorico ma anche pratico - a quel compito di costruzione dell’organizzazione politica, che costituisce per tutti noi un impegno prioritario ed irrinunciabile. Lo facciamo con franchezza e decisione, specie là dove altri “punti di vista” pretendono di assegnare la priorità al solo intervento politico a scapito del dibattito teorico-politico, verso il quale si mantiene un atteggiamento di insofferenza ritenendolo spesso soltanto una caduta nella soffocante atmosfera dei gruppi e delle sette. Un’atmosfera che qualcuno ci attribuisce e dalla quale molti invece rifuggono a parole per poi ricadervi nei comportamenti.

Siamo consapevoli che il panorama fornito dalla presenza di gruppi e gruppuscoli genericamente di “sinistra” sia piuttosto deprimente e, a scanso di equivoci, insistiamo sulla nostra netta demarcazione da comportamenti tanto movimentisti quanto settari o parrocchiali, nonché dalla pura esibizione di astrazioni accademiche attorno alla ricerca, in non pochi casi, di un presunto sesso degli angeli. Respingiamo - altrettanto chiaramente - quell’eclettismo a cui si va incontro con l’esibizione di uno smodato comportamento volontaristico, fermo restando che non è possibile lavorare politicamente nella classe senza aver risolto alcuni importanti problemi che la storia del movimento comunista in questi ultimi ottant’anni ha posto sul tappeto. Né se ne può rimandare continuamente la soluzione ad una futura e non meglio chiarita riflessione personale o collettiva. Nel frattempo, ciò che importerebbe sarebbe soltanto l’agitarsi politicamente puntando su contenuti ed obiettivi minimi e tanto altisonanti quanto superficiali. Col rischio di muoversi nella falsariga di quanti hanno da sempre infestato il movimento operaio con la pretesa che il movimento è tutto mentre il fine, la realizzazione della teoria rivoluzionaria, è niente.

Molto semplicistico diventa inoltre il richiamo all’antistalinismo come minimo comune denominatore per una raccolta di forze, magari con il richiamo a Trotsky, Bordiga e altri, tirando il carro ciascuno dalla propria parte. Lo stesso vale per un generico riferimento al marxismo facendo un fascio delle sue tante “interpretazioni”, magari rispolverando persino - con qualche correzione - quella stalinista e maoista. Così anche per le etichette di quell’internazionalismo e comunismo, di cui si conoscono almeno una decina di definizioni programmatiche caratterizzate da confuse e vaghe aspirazioni idealistiche.

Indubbiamente la realtà politica, economica e sociale, che siamo costretti ad affrontare e con la quale dobbiamo misurarci, esige da noi molto più di uno sforzo di volontà, anche se esso resta pur lodevole e importante. Il pragmatismo politico maschera una logica idealistica che pretende di superare - con l’agitazione per l’agitazione - ostacoli reali attraverso un’astratta tolleranza di “punti di vista” pluralistici. Rimanda quindi al dopo ciò che il partito rivoluzionario deve invece possedere prima, saldamente e rigorosamente per assolvere ai suoi compiti fondamentali, per influenzare la maturazione delle avanguardie e guidare la lotta del proletariato. Tanto più quando - in una fase storica che dura da oltre mezzo secolo - principi, metodo e programma sono stati prima contaminati e poi trasformati in ibride ideologie di stampo borghese o piccolo-borghese, diffuse a piene mani nelle file del proletariato.

I nostri sforzi di agitazione sarebbero in definitiva vani se non preceduti (o quanto meno svolti in contemporanea) dalla costruzione di un preciso punto di riferimento teorico e politico, che i rivoluzionari devono saper attivamente portare nella classe e non aspettarsi che esso venga fornito ed elaborato, sotto forma di una improvvisata “linea politica”, dal movimento spontaneo della classe. Oltretutto, proprio nella fase storica in cui il proletariato, si presenta quanto mai confuso e disorientato nella sua stessa identità. Per i marxisti, creare un polo di riferimento altro non significa che dare forma concreta al partito, l’organizzazione politica comunista delle avanguardie di classe sulla base di un programma chiaro e coerente, con compiti, ruoli e responsabilità ben definite.

Quei compagni che cercano un proprio orientamento politico devono “rimboccarsi le maniche” e affrontare oggi un lavoro non facile ma indispensabile: studiare, approfondire metodo, principi e posizioni per far proprio il programma del comunismo e propagandarlo nella classe. Non indossando la veste (che mai ci è appartenuta) di immalinconiti o impoltroniti accademici di una futura rivoluzione, ma di instancabili combattenti, nella classe e per la classe; presenti - ovunque possibile - in prima fila e mai in passiva e contemplativa attesa. Per i rivoluzionari, teoria e prassi sono indissolubilmente unite: nessuna delle due può fare a meno dell’altra.

cd

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.