Certezza del diritto e garantismo

Il confronto-contrasto fra mondo politico, governo e magistratura non è certamente un fatto manifestatosi solo nelle legislature capeggiate da Berlusconi e C. Da decenni, in forme più o meno clamorose, è diventato una costante della vita istituzionale italiana, nel quadro di una complessiva ridefinizione delle strutture di potere (economico e politico) in vari settori e al seguito delle contraddizioni interne al sistema.

Al centro del contendere vi è l’esigenza di una più diretta ingerenza del potere esecutivo su quello giudiziario (o viceversa, secondo i rispettivi punti di vista).

Andando oltre le impostazioni e le mascherature ideologiche che la classe dominante diffonde ovunque sul palcoscenico "democratico", la vera posta in gioco è quella di un’ufficiale liquidazione della magistratura contro le ipotesi di un suo possibile ruolo di gestione "politica" della legge e dei rapporti sociali in concorrenza e disturbo a questa o quella fazione borghese al potere.

Un ruolo attorno al quale non pochi “riformatori” della sinistra borghese hanno alimentato il miraggio di un “uso alternativo del diritto” (magari in direzione di una “società più giusta” da loro gestita nella illusione di "addomesticare" il capitalismo), basato su una “indipendenza della magistratura” e una moraleggiante distinzione fra giudici onesti e corrotti.

Oggi che i "riformatori" di destra hanno di nuovo rimpiazzato quelli di “sinistra” (miseramente falliti nello spazio di un mattino...) in un machiavellico gioco fra potenti, si ritorna alla caccia di presunte “toghe rosse” colpevoli di un attacco all’assetto democratico del Paese e, soprattutto, di persecuzioni giudiziarie nei confronti dell'attuale presidente del Consiglio e delle sue aziende di famiglia.

Fra i consueti compromessi clientelari si è nel frattempo ingigantito l’intreccio di interessi, con collusioni a sfondo “mafioso”, tra mondo politico (tramite i suoi apparati amministrativi e partitici) e ampi settori economici, non sempre "legali". Non passa settimana senza che qualche notizia filtri qua e là, a dimostrazione di quanto "sporche" siano rimaste le mani di "lor signori".

Un intreccio, dicevamo, inizialmente coperto dalle bandiere di una “questione morale” che la borghesia “onesta” innalzò, e sfruttò, in un conflitto fra le “bande Malavitose” del suo ceto politico. Si parlò addirittura di "sfascio istituzionale" e un padre D. Turoldo su Repubblica (13-5-1978) scriveva:

È come se fossimo davanti a un corpo in decomposizione: lo mangiano le formiche, i vermi, le mosce... Il corpo sociale si decompone e quegli insetti accorrono da ogni parte.

L'operazione “mani pulite” fu indubbiamente l’occasione per una resa dei conti tra opposte fazioni politiche, sfruttando l’umore popolare indignato per una evidente e dilagante corruzione.

Lo spettacolo è poi continuato, e continua, sempre dietro le bandiere della salvaguardia dell’ordine costituzionale, dello Stato di diritto, del garantismo, della centralità del Parlamento, eccetera.

Tutti uniti, comunque, nell’impegno - secondo i propri interessi di bottega - verso un illusorio quanto mistificante rinnovamento e risanamento di uno Stato e di un diritto che (oltre a riguardarci in termini soltanto oppressivi) mostrano non pochi segni premonitori di future e agoniche convulsioni.

Il nostro Marx non aveva dubbi:

La società non poggia sulla legge: questa è una fantasia da giuristi! È la legge che poggia necessariamente sulla società; è la legge che deve esprimere gli interessi e i bisogni collettivi, nascenti dal modo di produzione di volta in volta operante, contro l'arbitrio dei singolo.

Il quarantotto

Come marxisti, consapevoli del ruolo relativo dei fenomeni istituzionali rispetto ai meccanismi di sfruttamento di classe, e del tutto funzionali a questi, concludiamo osservando che:

  1. i principi di civiltà giuridica proclamati dallo Stato borghese (garantismo, certezza del diritto, ecc.) sono soltanto destinati ad operare a senso unico in una società fondata sullo sfruttamento di classe, approfondendo così la forbice tra uguaglianza proclamata e disuguaglianza di fatto;
  2. al di là dei principi con i quali ammanta la difesa del proprio status politico privilegiato, la magistratura è anch'essa un corpo politico, parte integrante dello Stato borghese e funzionale alla perpetuazione dei vigenti rapporti di classe.

Come ben dimostra - in tema di ordine pubblico, rapporti di lavoro, sciopero, eccetera - tutta la sua giurisprudenza, da quella "speciale" del precedente regime fascista a quella, in confezione liberaldemocratica (si fa per dire...) che oggi ci sovrasta. E se può anche a volte "disturbare" certi affari borghesi, sempre i suoi fini sono persecutori verso il proletariato.

In vena di citazioni, eccone una dall'Adelchi di Manzoni (!):

Una feroce forza il mondo possiede, e la chiama diritto.

dc

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.