Viva la lotta “selvaggia” dei lavoratori Alitalia!!

Vogliamo solo il miglior capitale umano al minor prezzo possibile.

Così Sabelli, il manager CAI, ha sinteticamente ma chiaramente espresso il punto di vista aziendale alla folta delegazione sindacale nei giorni scorsi.

I padroni hanno l’unico pregio di parlare poco ma chiaro; i cosiddetti rappresentanti dei lavoratori invece si baloccano in interminabili discussioni su piani aziendali, esuberi, scorpori, good e bad company, quote di interinali, part-time facendo così perdere di vista alla massa dei lavoratori il nocciolo del problema.

Che nello specifico sarebbe la perdita del posto di lavoro (magari dilazionata nel tempo come lo è una cassa-integrazione in tempi come questi) per circa la metà dei lavoratori interessati, cioè 12 mila sui 24 mila (incluse le aziende satelliti tipo AirOne).

Quindi i lavoratori decidono di scendere in campo in prima persona e convocano in 3-400 un’assemblea da cui esce un Comitato di lotta e sciopero che promuove il blocco di queste ultime ore, nonostante la ridicola precettazione - visto che i lavoratori si attengono scrupolosamente alla normativa, il che fa rallentare tutte le operazioni - anche coi picchettaggi (forma tipica di lotta del movimento operaio, sebbene quasi dimenticata).

E, ovviamente, contro di loro si scatena l’odio e la rabbia dell’avversario di classe; il ministro dei Trasporti Matteoli sfodera la camicia nera mai abbandonata nonostante il conflitto d’interessi in famiglia (il figlio è pilota...), il ministro dell’Interno Maroni promette sanzioni penali, quello al Welfare Sacconi ne approfitta per riproporre la necessità di un’ulteriore stretta sul diritto di sciopero, con Treu - senatore del Pd, vicepresidente della commissione lavoro di Palazzo Madama e già ministro del Lavoro - che si allinea sicuro ed entusiasta. Altrettanto ovviamente si allineano giornali e tv in una campagna di disinformazione degna del Ventennio fascista presentando i lavoratori in lotta come dei privilegiati (e perché no, magari anche fannulloni) mai contenti di ciò che hanno ottenuto.

Anche il sindacato di base - qui nelle forme del SdL - sconfessa i lavoratori autorganizzati nel loro comitato di lotta: “mossa sbagliata ed intempestiva. Serve l’unità di tutti i lavoratori” dice il suo leader che prima della rottura delle trattative aveva proposto l’impiego del part-time al posto della cassa-integrazione nella logica sindacale e riformista del “meglio lavorare (e guadagnare ...) meno tutti che non avere espulsioni di forza lavoro”. Proposta, va da sé, bocciata dalla controparte per le ovvie ragioni di bilancio (la cassa-integrazione è a carico dello stato! anche se, a dire il vero, sarebbe in fin dei conti pagata dai lavoratori stessi tramite l'INPS). Ma non solo per questo: piegare oggi i lavoratori Alitalia sarà un’arma di ricatto in più domani contro gli insegnati, i ferrovieri, i metalmeccanici ecc; una loro resistenza, al contrario, sarebbe un precedente pericolosissimo per il padronato, che si appresta a stravolgere, in peggio, il sistema della contrattazione.

Dunque, quando i sindacalisti parlano di unità dei lavoratori, la intendono non nelle lotte e nella mobilitazione, bensì nella cornice della compatibilità capitalistica madre di delusione e rassegnazione nonché base ideale su cui far approvare qualsiasi accordo che si possa sempre presentare come “meglio di...”, secondo il noto e triviale modo di porre la questione: “è meglio farsi tagliare un braccio, una gamba...od altro?”.

Sulla strada dei lavoratori in lotta, c’è anche il feticcio maledetto della democrazia: dai sindacalisti al governo all’uomo della strada sapientemente istupidito dai media, tutti a blaterare che “un pugno di lavoratori - i famosi 300 dell’Assemblea, forse anche meno e neppure tutti d’accordo sullo sciopero ad oltranza pare - senza nessun riconoscimento giuridica non possono ricattare la controparte, i cittadini, i colleghi, il Paese ecc.”.

Scemenze!! Il cda di una qualsiasi azienda - se non un singolo padrone - può decidere di delocalizzare e licenziare centinaia o migliaia di persone, una banca può stringere la corda del credito al collo dei lavoratori indebitati...un ministro può tagliare decine di migliaia di insegnanti ecc. E la legge glielo permette, di fatto e di diritto. Gli unici che non possono difendersi efficacemente sono i lavoratori in lotta, quelli che non vogliono piegare la testa e a cui si mostra con sempre maggiore evidenze come essa Legge, personificata nello Stato, sia un ostacolo e non una risorsa. I camionisti hanno bloccato per

giorni il paese, i farmacisti hanno fatto le serrate, i taxisti hanno bloccato Roma, gli allevatori hanno scaricato merda di vacca sulle forze dell'ordine... e tutto sommato queste mobilitazioni della piccola borghesia, estremamente selvagge e senza preavvisi, sono state ritenute legittime, ora che invece è il proletario a muoversi scavalcando i suoi, borghesi, rappresentanti, tutta la stampa, sindacalisti, politicanti ne deprecano il comportamento.

Noi internazionalisti salutiamo con calore questa genuina affermazione di rabbia ed istinto di classe indipendentemente dagli esiti che avrà (nonostante i soliti riformisti di tutti i generi, dai fascisti ai...trotzkisti ferrandiani, auspichino e parlino di nazionalizzazioni sul modello bancario. .); è l’ulteriore conferma che l’autorganizzazione delle lotte è una strada obbligata per tutti i lavoratori che non vogliano soccombere senza lottare ed allo stesso tempo è la conferma della profondità della crisi capitalistica e dei suoi riflessi nell’attacco alla forza lavoro. Conferma altresì che in assenza del partito di classe, cioè di un’organizzazione saldamente ancorata sul terreno del più coerente anticapitalismo per la costruzione di una nuova economia non più basata sul profitto, ma sui bisogni della collettività, anche questa coraggiosissima lotta è destinata a rimanere prigioniera dei fantasmi del riformismo, delle sue illusioni e delle sue sterili sconfitte.