Il BIPR compie 25 anni: bilancio e prospettive

Il Bipr compie 25 anni, un periodo abbastanza lungo per fare un primo bilancio politico e tentare di individuare quali sono stati i punti qualificanti e di forza ma soprattutto i limiti di questa esperienza. Non è nostra intenzione fare delle celebrazioni per aver raggiunto il quarto di secolo, ma da rivoluzionari è nostro dovere leggere ed interpretare la realtà, sempre più complessa, che ci pone davanti il capitale e cercare nello stesso tempo di rappresentare un unto di riferimento politico per la sempre più astonata classe lavoratrice internazionale. Un'avanguardia rivoluzionaria che non rivisita criticamente la propria esperienza non può essere definita tale ed è destinata ad essere travolta dalle dinamiche contraddittorie del capitalismo. Sono passati 25 anni ma per i cam­biamenti registrati nel contesto imperialistico internazionale, nella composizione del proleta­riato mondiale e nelle sparute avanguardie rivoluzionarie che componevano il cosiddetto cam­po politico proletario, sembra sia trascorso più di un secolo. Oggi il Bipr opera in un contesto completamente diverso rispetto a quello in cui è nato, ed è per questo che reputiamo fondamen­tale fare un'attenta valutazione della nostra espe­rienza nel tentativo di dare nuovo slancio all'at­tività del Bureau Internazionale.

Il Bureau Internazionale è nato nel lontano 1983 grazie alla comune iniziativa del Partito Comu­nista Internazionalista (PCInt - Battaglia Comuni­sta) e della Communist Workers Organisation (CWO). L'idea di dar vita ad un'organizzazio­ne internazionale non è stata un fulmine a ciel sereno ma è maturata in seguito alle Conferenze Internazionali convocate dal Partito Comunista Internazionalista nella seconda metà degli anni Settanta. La discussione fatta nel corso delle prime tre conferenze internazionali se da un lato ha permesso una completa chiarificazione politica tra le due organizzazioni che avrebbero poi dato vita al Bipr, dall'altro ha evidenziato una netta divergenza metodologica, di analisi e prospettive con agli altri gruppi partecipanti all'iniziativa internazionale. La tendenza verso un agire politico comune tra le due organizzazioni, il Partito Comunista Internazionalista e la Communist Workers Organisation, si era già evidenziata chiaramente in occasione della con­vocazione della terza ed ultima conferenza in­ternazionale, quando erano stati fissati i sette punti discriminanti per poter partecipare alla stessa conferenza. Punti qualificanti che anda­vano dall'accettazione della rivoluzione d'otto­bre come rivoluzione proletaria, al rigetto di qualunque linea politica che soggioghi il prole­tariato alla borghesia nazionale fino all'accet­tazione del principio secondo cui le riunioni internazionali dovevano rappresentare un mo­mento importante nel lavoro di discussione fra i diversi gruppi rivoluzionari finalizzato all'obiet­tivo di contribuire al processo formativo de futuro partito internazionale del proletariato. Ciò fu confermato dalla Quarta Conferenza Internazionale, a cui parteciparono il PClnt, la CWO e gli Studenti Sostenitori dell'Unità dei Militanti Comunisti. Mentre i primi dichiaravano falsamente di sostenere i punti discriminanti stabiliti dalle prime tre conferenze, la discussione si sviluppò nel consolidamento della conver­genza metodologica tra CWO e PClnt nel tenta­tivo di sbrogliare le contraddizioni del SSUMC. Questo tentativo non riuscì, e il gruppo proseguì nell'adesione al tentativo, alla fine abortito, di fondare un Partito Comunista d'Iran basato su un bizzarro tipo di stalinismo umanizzato. Mentre in seguito all'ultima iniziativa internazionale, il PClnt e la CWO maturarono l'idea che l'espe­rienza delle conferenze doveva considerarsi chiusa e che era ormai giunto il momento di fare un salto di qualità nell'ambito della discussione politica tra rivoluzioni. Tale salto di qualità è stato rappresentato dalla nascita del Bipr. Se do un lato le conferenze internazionali hanno avuto il merito di rompere l'assordante isolamento in cui erano relegati i diversi gruppi politici che si richiamavano al marxismo rivoluzionario e all'antistalinismo, dall'altro hanno messo in ri­lievo profondissime differenze tra gli altri grup­pi partecipanti e il PClnt e la CWO, in maniera particolare la CCI.

A quel punto continuare ad organizzare confe­renze internazionali, almeno nella forma presa dalle prime quattro, non avrebbe agevolato la chiarificazione politica, ma avrebbe perpetua­to una sterile quanto accademica discussione tra organizzazioni politicamente molto distanti.

Il Bipr nasce con l'obiettivo dichiarato di voler rappresentare, nel contesto internazionale, un punto di riferimento politico con il quale con­frontarsi nella prospettiva della costruzione dei futuro partito internazionale del proletariato. Per capire anche le aspettative che hanno ani­mato i primi anni di vita del Bipr è importante, seppur in maniera molto sintetica, ricordare il contesto internazionale in cui si è costituito il Bureau Internazionale. All'inizio degli anni ot­tanta era ancora in piedi il quadro imperialistico determinatosi con la fine della seconda guerra mondiale, con due poli imperialistici contrap­posti guidati da un lato dagli Stati Uniti e dall'al­tro dall'Unione Sovietica. La crisi economica che aveva investito l'intero sistema capitalistico, ini­ziata nei primi anni settanta e resasi evidente con la rottura dei trattati di Bretton Woods da parte dell'amministrazione statunitense, è stato affrontata dalla borghesia con una pesante ristrutturazione dell'apparato industriale. In tutti i maggiori paesi a capitalismo avanzato, settori importanti della classe operaia sono stati espulsi dal ciclo produttivo andando ad ingrossare le file di disoccupati. Se da un lato la borghesia, per affrontare la crisi determinata dalla caduta del saggio medio di profitto e recuperare alcuni margini di competitività, ha ristrutturato l'appa­rato produttivo, in Inghilterra e immediatamente dopo negli Stati Uniti s'avvia una nuova fase in cui assumono un ruolo centrale le attività finan­ziarie. Si crea una pesante crepa nel sistema dei cambi fissi, si liberalizzano i movimenti di capi­tali su scala internazionale e grazie al ruolo svolto dal dollaro nel contesto mondiale, gli Stati Uniti giocano un ruolo fondamentale e centrale nei circuiti monetari e finanziari. Da primo paese creditore al mondo, gli Stati Uniti nel volgere di pochi anni si trasformano nel paese più indebitato della storia. Tale processo è stato reso possibile grazie alla funzione svolta del dollaro ed ha permesso agli Stati Uniti di godere della rendita finanziaria necessaria per com­pensare i bassi saggi di profitto nelle attività produttive.

Nonostante il pesante attacco alle condizioni di vita e di lavoro della classe proletaria su scala internazionale gli episodi di lotta che la classe è stata in grado di esprimere sono stati veramente pochi. Lo sciopero dei minatori inglesi nella prima metà degli anni ottanta, gli scioperi in Polonia, la lotta dei portuali in Spagna, sono tra i più significativi episodi in cui la classe lavora­trice su scala internazionale è riuscita ad espri­mere la propria opposizione agli attacchi sfer­rati dal capitale durante gli anni ottanta. Tali episodi, seppur significativi ed importanti, sono rimasti purtroppo isolati nel loro contesto nazio­nale se non addirittura aziendale. E non poteva essere altrimenti vista l'assoluta mancanza di un chiaro punto di riferimento politico rivoluziona­rio operante nella classe.

In questo quadro di sostanziale passività nono­stante i pesanti attacchi subiti dal proletariato, il Bipr nei primi anni della sua esperienza ha visto confermate le sue analisi sulla crisi economica ed un consolidamento della seppur minuscola struttura organizzativa. Si sono ulteriormente rafforzati i rapporti tra le due organizzazioni fondatrici ma nello stesso tempo i numerosi contatti avuti con altri gruppi politici durante gli anni ottanta e i primi anni novanta non si sono tradotti in una accettazione condivisa della piattaforma politica del Bipr e quindi in una loro adesione.

Fin dalla sua fondazione le due organizzazioni che hanno costituito il Bipr hanno chiarito che questi non aveva la pretesa di rappresentare il partito internazionale dei lavoratori, ma che non si trattava nemmeno di un circolo di discus­sione puramente accademico. Da questo ne discende che l'attività del Bipr, in piena coeren­za con la propria piattaforma politica e nel rispetto dei suoi obiettivi strategici, è stata sem­pre finalizzata a favorire la discussione tra i diversi gruppi su scala internazionale indirizza­ta alla ricostruzione fattiva del partito rivoluzio­nario. Tutta l'attività del Bipr, pur non avendo la pretesa di rappresentare il partito né il nucleo originario del futuro partito, è stata indirizzata verso il confronto teorico e politico con gli altri gruppi. In quest'attività rientrano anche l'orga­nizzazione di una conferenza internazionale a Vienna (con gruppi provenienti da Austria, Ger­mania e Messico), corrispondenza internazio­nale in varie lingue, incontri e discussioni con elementi che ci hanno contattato e la pubblica­zione di una propria rivista in lingua inglese "Internationalist Communist", purtroppo sospe­sa negli ultimi due anni a causa di difficoltà economiche e non solo, sono stati per molti anni il nostro lavoro quotidiano.

Nonostante gli sforzi compiuti dai compagni - a tal proposito, come non ricordare l'immane la­voro internazionale svolto per moltissimi anni dal nostro indimenticato e indimenticabile Mauro - i risultati non sono stati esaltanti. Per tutta una fase storica non si sono registrate nuove adesioni alla nostra organizzazione. Solo a partire dalla seconda metà degli anni novanta abbiamo avuto l'ingresso nel Bipr di nuovi ele­menti, adesioni che sono avvenute quasi sempre sul piano strettamente individuale o di gruppi di modestissime dimensioni. In ogni caso sono segnali molto positivi che devono essere regi­strati e che ci devono spingere nella direzione di un continuo miglioramento nella nostra azione politica.

Ma non bastano neppure le poche adesioni in Francia, in Germania e nel nord America per farci tirare un bilancio positivo di questi primi 25 anni di vita del Bipr. Molte sono le difficoltà che ci troviamo di fronte e che negli ultimi anni, proprio in virtù dell'aggravarsi della crisi del capitale su scala internazionale, sono state rese ancor più evidenti tanto che la nostra azione politica non corrisponde affatto alle attuali con­dizioni della lotta di classe.

Le difficoltà del Bipr di allargare la propria base possono essere spiegate con una serie di motivi. In primo luogo è necessario ancora una volta sottolineare la passività del proletariato mon­diale rispetto agli attacchi subiti dalla borghesia in questi ultimi decenni. Il devastante attacco sferrato dalla borghesia nei confronti della clas­se lavoratrice mondiale ha visto negli ultimissimi anni pochi episodi in cui la classe si è resa protagonista di lotte. La più importante è stata sicuramente quella che ha visto come protagoni­sta il proletariato argentino all'inizio del nuovo millennio.

Le sparute avanguardie rivoluzionarie, e tra queste anche il Bipr, pagano un prezzo altissimo in termini di incisività nella loro azione politica a causa dello strapotere totalizzante della bor­ghesia, una classe dominante che riesce a scari­care sui lavoratori i costi della propria crisi senza subire alcuna controffensiva proletaria. La sostanziale passività del proletariato accen­tua le difficoltà dei rivoluzionari di legarsi alla classe relegandoli in un angolo lontano senza capacità d'incidere nel permanente scontro di classe.

Un secondo motivo da non sottovalutare è l'im­patto che ha avuto il crollo dell'Unione Sovietica sui vari gruppi rivoluzionari su scala internazio­nale. In seguito al collasso della Russia e al crollo del socialismo reale anche alcuni gruppi della sinistra comunista sono rimasti sotto le macerie di tale crollo. Alcuni di essi, infatti avevano fatto dell'antistalinismo la loro ragion d'essere per cui con il crollo dell'Urss hanno perso la loro identità politica e la loro ragione d'essere. Ne ha ulteriormente risentito il cosiddetto campo politico proletario già in crisi a partire dalla fine degli '80 per la inadeguatezza teorico-politica di alcune sue formazioni. Infine l'aggravarsi della crisi economica ha posto le sparute avan­guardie rivoluzionarie di fronte a notevoli diffi­coltà teoriche nel comprendere le moderne con­traddittorie dinamiche del capitale. Molti gruppi nel tentativo di comprendere la crisi di ciclo che si è aperta negli anni settanta hanno riproposto gli schemi metodologici utilizzati per analizza­re la grande crisi del 1929, non cogliendo fino in fondo le differenze che ci sono tra essa e quella attuale. Quando i conti non tornano ini­ziano le difficoltà, ed è quello che è successo ad altri gruppi dell'ex campo politico proletario, che è nei fatti scomparso da un pezzo.

La scomparsa dalla scena politica dei soggetti che dovevano rappresentare i nostri interlocutori nella prospettiva ci crescita del Bipr ci impone di ripensare il nostro ruolo, che non può più essere quello ipotizzato al momento della fondazione nel lontano 1983. Compiti che si rendono sem­pre più gravosi e imprescindibile proprio per l'avanzare di una crisi economica che non ha uguali nella moderna storia del capitalismo.

Le prospettive

È ormai evidente che la crisi dei mutui immobi­liari è destinata a protrarsi nel tempo e a riper­cuotersi sull'intera economia mondiale. Recen­temente lo hanno riconosciuto anche la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale nonché i ministri finanziari del G7.

Supponendo perdite pari a circa mille miliardi di dollari, il Fmi ha previsto che la crisi si protrarrà per tutto il 2008 e la prima metà del 2009. La Bce, più ottimista, prevede invece che la crisi sarà superata già nell'ultimo trimestre di quest'anno.

In sostanza, tutti gli economisti e gli analisti borghesi, pur riconoscendone la gravità, riten­gono comunque che essa potrà essere superata con opportune manovre di politica monetaria e un suo eventuale ripetersi con l'introduzione di norme che limitino la produzione incontrollata del capitale fittizio. Per l'economia borghese, infatti, poiché, nell'attuale stadio dello sviluppo capitalistico la produzione di plusvalore ha luo­go nella fase di circolazione del capitale e non in quella della produzione delle merci, le crisi hanno tutte e sempre carattere sovrastrutturale per cui, anche quest'ultima, come quelle del 1987, del 1997 e del 2000 potrà essere facil­mente superata. Per il marxismo rivoluzionario occorre invece distinguere fra crisi congiunturali e crisi strutturali o di ciclo. Le prime, scaturendo dagli squilibri fisiologici fra comanda e offerta che periodicamente si determinano sui mercati, sono riassorbibili con il ripristino del punto di equilibrio fra domanda e offerta mediante op­portune politiche di sostegno dell'una o dell'al­tra; le seconde, essendo il frutto delle contraddi­zioni immanenti al processo di accumulazione del capitale, che ciclicamente determinano un'in­sufficiente produzione di plusvalore e un saggio decrescente del profitto, possono essere real­mente superate soltanto con l'avvio di un nuovo ciclo di accumulazione mediante la distruzione dei capitali in eccesso.

Così mentre per l'economia borghese la crescita abnorme della sfera finanziaria che si è verifica­ta a partire dalla seconda metà degli anni 1970 e i primi degli anni 1980 del secolo scorso, è stata la realizzazione dell'antico sogno di poter pro­durre ricchezza a partire dal nulla, dal punto di vista del marxismo rivoluzionario, si è trattato della risposta obbligata della borghesia, e in particolare di quella statunitense e della Gran Bretagna, alla crisi del terzo ciclo di accumula­zione del capitale iniziata nei primi anni 1970 del secolo scorso e determinata dalla caduta del saggio medio del profitto.

Con la liberalizzazione dei mercati finanziari e della produzione di capitale fittizio, infatti, è stato possibile drenare da ogni angolo della terra, verso le aree metropolitane, il plusvalore necessario per compensare la riduzione della sua produzione al loro interno.

Si è sviluppato così un gigantesco processo di appropriazione parassitaria di plusvalore in­centrato sul monopolio del dollaro e dei suoi derivati finanziari nel sistema dei pagamenti internazionali nonché sul più ferreo controllo del processo di formazione del prezzo del petrolio e di tutte le materie prime di importanza strategica.

Il fatto che nell'epoca dell'imperialismo il capi­tale finanziario abbia assunto il comando del processo di accumulazione del capitale fino al punto che sia divenuta possibile l'appropriazione di plusvalore mediante la produzione di capita­le fittizio e senza concorrere direttamente alla sua produzione, è sembrata la migliore confer­ma delle teorie monetariste secondo cui il vero motore della produzione della ricchezza è la produzione di denaro. Ma in realtà il sogno sarebbe rimasto tale senza le profonde modificazioni intervenute nel mercato e nella divisione internazionale del lavoro che la liberalizzazione della circolazione dei capitali e l'introduzione della microelettronica nei pro­cessi produttivi hanno reso possibili. Si è così potuto delocalizzare nelle aree della periferia, dove il costo del lavoro era molto basso, la quasi totalità della produzione delle merci ad alto contenuto di forza-lavoro. Nel contempo, l'ac­cresciuta concorrenza fra i lavoratori che ne è derivata e la presenza determinante del Sin­dacato, soprattutto nei paesi capitalisticamente più avanzati, hanno determinato l'accelerazio­ne e la generalizzazione della tendenza alla svalutazione della forza-lavoro e una caduta dei salari reali che ha dato respiro al processo di accumulazione capitalistica consentendogli la dilatazione della crisi nello spazio e nel tempo.

Il nuovo attacco scatenato contro il mondo del lavoro

Dopo aver fatto il giro del mondo e avere alimentato una guerra senza fine, lasciando dietro di sé un mare di povertà e di distruzione immani, la crisi è ora tornata da dove era partita e questa volta a traballare è il sistema del credito della prima potenza mondiale e nientemeno che sua maestà il dollaro: il cuore pulsante di quel processo di produzione di capitale fittizio su cui si è retta l'economia mondiale negli ultimi trent'an­ni. Per questa ragione il rischio che crolli l'intero sistema bancario internazionale è elevatissimo visto anche il fallimento della politica monetaria fin qui perseguita dalla Federal Reserve e dalle principali banche centrali. Infatti, l'abbondante immissione di liquidità nei mercati - a conferma che il grande capitale finanziario incontra insormontabili difficoltà a realizzare il plusvalo­re necessario sufficiente a compensare la massa dei capitali investiti nella fase della produzione diretta delle merci- anziché favorire il rilancio della cosiddetta economia reale, ha dato il via a una nuova bolla speculativa.

Grazie a questa maggiore liquidità, sui mercati delle materie prime strategiche e delle derrate alimentari si è costituita una domanda fittizia che, aggiungendosi a quella reale, ha potenzia­to le spinte inflattive già in atto da qualche tempo. Per esempio, il petrolio, che alla fine del 2007 faceva registrare una quotazione media annua pari a 69,4 dollari al barile, nel momento in cui scriviamo, ne quota ben 120: in quattro mesi il suo prezzo è cresciuto di circa il 70 per cento e ciò nonostante sia diminuita la produzio­ne industriale e la domanda e l'offerta reali siano rimaste stabili. In realtà, per ogni barile di petrolio effettivamente prodotto e consumato se ne contano ben duecento comprati e venduti solo sulla carta che concorrono però alla formazione del prezzo del petrolio come se fossero barili veri determinandone il rialzo.

La stessa cosa sta accadendo sul mercato delle derrate alimentari. Una tonnellata di riso, che all'inizio del 2008 costava 365 dollari, oggi ne costa ben 760. Dallo scorso agosto a oggi, il prezzo del grano è cresciuto di oltre il 40 per cento e, secondo una previsione della Fao, nel 2008 le derrate alimentari costeranno media­mente il 50 per cento in più rispetto al 2007 e il doppio rispetto a cinque anni fa.

In termini di classe, stiamo cioè assistendo a un nuovo assalto al valore della forza-lavoro e alle condizioni di vita di miliardi di individui metten­done in forse la loro stessa esistenza fisica.

Le rivolte per il pane

Le recenti rivolte per il pane, che dall'Egitto si sono estese a tutti i più popolosi paesi del Nord Africa, fino a raggiungere, al di là dell'Oceano, Haiti e alcuni dei paesi più poveri dell'America Latina, segnalano però che le capacità di sopportazione del proletariato dei paesi periferici hanno raggiunto un limite difficilmente valicabile. E le cose non vanno meglio neppure per quello metropolitano. Negli Stati Uniti, sono ormai 28 milioni le persone che sopravvivono grazie al programma Food stamp che assegna un buono di 100 dollari al mese per l'acquisto di cibo a tutti coloro che non hanno i mezzi sufficienti per farlo. Sono 45 milioni gli homless negli Usa che vivono sotto la soglia della povertà. Nella sola Los Angeles, poi, sono ormai più di duecentomila coloro che non essendo riusciti a far fronte al pagamento della rata del mutuo contratto per acquistarla o per finanziare i consumi hanno perduto la casa e vivono in un'immensa tendo­poli alla periferia della città. In Europa, nono­stante il super euro, l'inflazione sta infliggendo un vero e proprio salasso a tutti coloro che vivono di salari, stipendi e pensioni e anche qui a subire i maggiori incrementi sono proprio i prezzi delle merci che soddisfano bisogni pri­mari.

Dal Bipr alla nuova Internazionale

Si tratta, per moltissimi aspetti, di un dato nuovo e di cui non possiamo non tener conto. Se confermato si aprirebbe, infatti, una prospettiva in cui la possibilità di saldare le istanze di lotta del proletariato dei paesi periferici con quelle del proletariato metropolitano troverebbero nella comune causa del loro disagio sociale una oggettiva e formidabile spinta affinché l'internazionalismo proletario, prima ancora che un'aspirazione ideale, possa diventare una prassi politica concreta.

La nuova ondata di crisi e il declino del dollaro a fronte del successo dell'euro e della probabile nascita di altre monete d'area non potranno altresì non approfondire i contrasti fra i diversi centri imperialistici che si contendono il dominio del mondo.

Le moderne tecnologie militari che rendono possibile una guerra più capillare, quasi casa per casa e con effetti talmente devastanti da poter in pochi giorni scaraventare interi paesi di qualche secolo indietro nella storia e il notevole gap militare tuttora esistente fra Gli Usa e gli altri centri imperialistici con essi in competizione, fanno supporre che difficilmente, almeno nel breve-medio periodo, assisteremo all'esplode­re di una nuova guerra mondiale classicamente intesa, ma piuttosto all'incancrenirsi della cosid­detta guerra imperialistica permanente, al suo trasformarsi in una sorta di moderna guerra dei Trent'anni a scala planetaria e fin nel cuore delle stesse metropoli capitalistiche. L'impianto ideo­logico per il nascondimento delle nature imperialistica della guerra anche quando si concretizza in azioni terroristiche o nella cosid­detta guerra asimmetrica e già operante: lo scontro fra civiltà con tutti i suoi corollari (demo­crazia contro il terrorismo, religione contro re­ligione ecc.) nonché il fallimento del socialismo quale prova storicamente confermata.

Poiché l'unica concreta opposizione possibile al dilagare della povertà generalizzata e alla guerra è il disfattismo rivoluzionario, nell'accezione più rigorosa e ampia della formula, risulta evidente la necessità di imprimere un'accelera­zione ai tempi del processo di ricostruzione del partito comunista internazionalista e internazio­nale. Ma ciò, come ci insegna il marxismo rivoluzionario e l'esperienza storica che l'ha confermato, non scaturirà per motu proprio dalla sola eventuale ripresa della lotta di classe e senza precisi atti di volontà realizzatrice da parte della avanguardie rivoluzionarie e dalle loro capacità di intervento.

La costituzione del Bipr, 25 anni orsono, è stata un'intuizione politica che ha consentito l'accu­mulo di un patrimonio di elaborazione teorica e di esperienza tale per cui esso può divenire oggi il punto di riferimento politico più impor­tante per il rilancio del processo di costruzione del Partito rivoluzionario del proletariato Mon­diale, ma perché possa assolvere al meglio la sua funzione è necessario che compia un deciso salto qualitativo e quantitativo.

Oggi, purtroppo, pur avendo le organizzazioni politiche che lo costituiscono un sufficiente grado di omogeneità politica, esso continua a operare sostanzialmente come un semplice strumento di coordinamento fra le organizzazioni che lo compongono e la sua operatività ne risulta perciò fortemente limitata.

La proposta dei compagni della Cwo di dar vita a una sorta di segretariato internazionale con compiti esecutivi e che pur essendo espressione dei diversi gruppi aderenti abbia una sua pre­cisa fisionomia e una sua autonoma capacità d'azione merita di essere studiata con la massi­ma attenzione per valutarne la sua fattibilità in un arco di tempo il più breve possibile.

Per dargli agilità e rapidità d'intervento dovreb­be essere costituito da un numero ridotto di compagni (non più di cinque) ciò specificatamente assegnati dai gruppi aderenti possibilmente dotato di fondi autonomi. Il suo compito fondamentale dovrà essere, oltre che la cura dei rapporti fra le organizzazioni aderen­ti, la ricerca di nuovi contatti sia con altre organizzazioni sia con singoli militanti nell'am­bito di un processo di vera e propria ricognizio­ne mirato ad accertare cosa, all'interno del devastato ex campo politico proletario e più in generale di tutta la sinistra comunista internazionalista, sia sopravvissuto al crollo dell'Urss. Si tratta, sulla base di un costante attività di contatti, di elaborazione teorica, non­ché di documenti, articoli e materiale di propa­ganda, di operare per il superamento dell'at­tuale isolamento evidenziando l'improrogabile necessità di avviare al più presto un ciclo di conferenze internazionali con all'odg l'esplicito obbiettivo della costituzione della nuova Interna­zionale senza la quale la folle corsa del capita­lismo verso la barbarie non potrà essere in alcun modo arrestata.

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Prometeo

Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.