La crisi globale impone una risposta moderna alle contraddizioni del capitalismo

Volantino per la manifestazione nazionale del sindacalismo di base - Roma, 2009-03-28

La vastità della crisi economica attuale non lascia nessuno spazio di agibilità per la proposta di una nuova politica di riforme volte a migliorare le condizioni del lavoro dipendente: cassaintegrazione, miseria, sfratti, disoccupazione, sono destinati ad aumentare.

Le idee di Obama negli USA, come la promozione di nuovi ammortizzatori sociali in Italia (p.es. il redditto sganciato dal lavoro), incarnano solo la necessità del potere borghese di impedire che le contraddizioni sociali esplodano. Si tratta infatti di politiche che lo stato può sostenere - in parte e per breve tempo - solamente aumentando il debito, ovvero ingigantendo gli effetti già devastanti della crisi.

Tanto è vero che, parallelamente, è in atto una vera e propria deriva autoritaria verso lo “stato forte”: aumento dei poteri dell'esecutivo, leggi anti-sciopero, via libera alla crescita delle forze neo-fasciste (i mazzieri in difesa della patria), controllo sociale capillare “giustificato” dall'uso mass-mediatico del cosiddetto problema della “sicurezza”. È questa l'altra faccia di un potere che, mentre cerca di limitare e soffocare preventivamente la conflittualità di classe, si dota di tutti gli strumenti necessari a reprimere le nuove ondate di rabbia proletaria, col terrore e la violenza.

In questo quadro le pratiche sindacali, neo-riformiste, democratiche, non hanno più nulla da offrire, ammesso e non concesso che tali pratiche negli ultimi decenni siano state - al di là della buona fede di molti militanti di base - una via percorribile per la difesa, seppur minimale, degli interessi proletari. Si tratta invece di rompere l'isolamento nel quale versano le singole vertenze, rompere la frammentazione, dare vita a lotte realmente autorganizzate, a scioperi senza preavviso né limiti di tempo, di spazio o di categoria. In ogni luogo di lavoro si deve lottare, e duramente, per difendere i propri interessi partendo dal presupposto reale che in ogni singola lotta gli interessi da difendere sono quelli comuni all'intero proletariato.

Oggi il capitale è altamente organizzato, ha dalla sua tutti gli strumenti, mentre la nostra classe, la classe degli sfruttati, la classe dei proletari, è artificialmente divisa, atomizzata tra mille sigle, forme contrattuali, condizioni, nazionalità e luoghi di lavoro differenti.

Ma ciò che più manca alla nostra classe, ciò che principalmente sancisce la posizione di inerzia e frantumazione nella quale rimane, è l'assenza di un autentico partito proletario, l'assenza di una organizzazione internazionalista e di classe capace di contribuire alla formazione del proletariato in classe, di indicare - in ogni battaglia - la necessità del superamento rivoluzionario della società borghese, della conquista esclusiva del potere politico da parte del proletariato come unica via praticabile per uscire dalla crisi e dal sistema economico-sociale che la genera.

Per questo è oggi più che mai necessario che nelle fabbriche, negli uffici, nei territori, nelle scuole, nelle università, nelle assemblee, per unificare la casse, per rompere l'isolamento, per dare vita a lotte vere, per iniziare ad invertire il corso della storia

la parola d'ordine sia: combattere il capitale!